L’olivello spinoso

Una pianta dai prodotti che stanno suscitando un rinnovato interesse, tra gastronomia e nutraceutica: scopriamone utilizzi e proprietà

L’olivello spinoso

La voglia attuale di rimedi fitoterapici per la cura di vari malesseri o per il semplice miglioramento del proprio stato di salute, nonché come metodo naturale di prevenire l’insorgenza di malattie, trova certamente la sua origine nel desiderio di sfuggire alle logiche commerciali delle industrie farmaceutiche, unita a quella di evitare l’intossicazione che ogni farmaco convenzionale determina inevitabilmente nel nostro organismo. In tempi attuali, spesso tutto ciò si traduce nella ricerca da parte dei consumatori di  alimenti nutraceutici, ovvero capaci di unire bontà a salubrità e proprietà curative o preventive. Di questa categoria fa certamente parte l’olivello spinoso, tornato alla ribalta grazie al suo elevatissimo contenuto di vitamina C, superiore non solo ai classici agrumi ma anche a tanti altri vegetali noti per tale vitamina. 

Questa caratteristica ha spinto un imprenditore svizzero ad avviare la coltivazione della pianta dell’olivello spinoso in Toscana, traendo dai frutti e da altre parti del vegetale prodotti che vanno letteralmente a ruba. Ma andiamo per ordine. L’olivello spinoso è stato apprezzato in Italia solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, al contrario dei Paesi del Nord Europa e asiatici dove la pianta ha sempre affiancato altri rimedi erboristici e di sintesi. Si tratta di una pianta rustica, spontanea, botanicamente denominata da Linneo Hippophaë rhamnoides (ricordo che in latino aë si legge ae e non “e” come sarebbe se la e di ae fosse libera da accenti, per cui si legge ippofae), della famiglia Eleagnacee, indicata volgarmente anche come Olivello spinoso, Vetrice marino o Gorra. 

Quello dell’olivello spinoso è un arbusto (pianta di modeste dimensioni, legnosa, ramificata fin dalla base, cespugliosa quando non supera il metro di altezza) diffuso in tutta l’Europa e nell’Asia occidentale (in particolare Cina e Mongolia), comune sulle rive sabbiose e ghiaiose dei fiumi, sulle spiagge marine, nelle steppe (formazione vegetale erbacea e cespugliosa, tipica delle zone aride e semiaride subtropicali, che prende vigore soltanto nella stagione delle piogge) e nei sedimenti glaciali o morene (miscuglio di pietre di varia origine e dimensioni rimasti su un sito dopo il ritiro di un ghiacciaio, che le ha frantumate nel tempo con il suo peso e con il succedersi continuo di scioglimento e ricongelamento dell’acqua), diffusa anche in Italia dal mare alla montagna (specialmente in Friuli e nelle Alpi occidentali, comunque non oltre i 1500 m di altitudine). È una pianta capace di vivere bene laddove altre piante non sopravviverebbero.

Il fusto si presenta scuro (talvolta nerastro), alto anche fino a 2 metri e più (massimo 6 m per alcuni soggetti coltivati con particolare cura), rami rigidi (poco flessibili), spinosi (le spine sono foglie trasformate con l’intento di difendersi dagli animali che vorrebbero mangiarle, oltre che per resistere meglio a condizioni di terreno  e di clima avverse, esponendo alle intemperie la minore superficie possibile), coperti di peli squamosi (vale il discorso delle spine); le foglie sono piccole, disposte alterne lungo il ramo, quasi senza picciolo (sessili), verdi nella pagina superiore e grigio – argentee in quella inferiore, coperte di peli squamosi, cadono in autunno (pianta decidua o a foglia cadùca); i fiori sono dioici (esiste quindi una pianta con soli fiori femminili ed una con soli fiori maschili), quelli maschili sono sessili, verdastri e profumatissimi, riuniti in fascetti all’ascella delle foglie, mentre quelli femminili hanno un pedicello, sono anch’essi ascellari ma solitari; la fioritura si verifica a marzo – aprile e il colore di fiori è verde chiaro.

Il frutto dell’olivello spinoso è una falsa drupa, di colore arancio, grosso quanto un pisello nelle popolazioni più selvatiche, e come una piccola oliva in quelle che attualmente si coltivano e si curano; il seme interno è duro e osseo, ricco di olio. La raccolta dei frutti è ovviamente costosa perché da effettuarsi a mano, a meno che non ci si trovi in ampi appezzamenti di olivello nel qual caso si potrebbe ricorrere ad appositi scuotitori (come per olive e mandorle). La pianta gradisce molta luce e molto sole, oltre che di molto spazio per l’ampia chioma, ed è capace di fissare l’azoto dell’aria (come fanno le leguminose) grazie alla simbiosi con alcuni batteri a livello radicale, per cui nel terreno si accumula azoto utilizzabile anche da altre piante. Questa fissazione simbiotica dell’azoto è tanto abbondante da far sì che le piante circostanti si sviluppino molto, togliendo luce e spazio allo stesso olivello.

Il nome generico Hippophaë deriva da due parole greche e significa “per schiarire il cavallo”, e ciò spiega l’usanza, in passato, di usare il succo delle drupe per conferire una particolare lucentezza ai mantelli dei cavalli. Secondo alcuni la lucentezza anzidetta derivava dal fatto che i cavalli venivano alimentati con i frutti di olivello. Altri autori affermano che il nome derivi dal fatto che la pianta piena di spine forti e robuste era in grado con le sue siepi di uccidere i cavalli che avessero cercato di superare il suo sbarramento (dal greco hippos per cavallo e phao per uccidere). Il termine rhamnoides  (ramnoide in italiano) vuol dire  “simile al rhamnus” o ramno, un arbusto molto diffuso nell’Attica (antica regione peninsulare greca, di cui è capoluogo Atene). 

L’olivello, per le sue radici forti e profonde, veniva e viene ancora oggi usato per siepi difensive o per semplice separazione di appezzamenti per diversi motivi (per la riproduzione si usano polloni radicali), unendo funzione a bellezza estetica, specialmente quando fiorisce in aprile maggio e quando sono presenti i bei frutti arancioni con un meraviglioso contrasto con il verde delle foglie e il color scuro dei rami. Per le sue radici l’olivello viene anche utilizzato per consolidare i terreni nudi e non troppo compatti, specialmente se in pendenza. I bei frutti restano sulla pianta anche dopo la caduta delle foglie, ragion per cui in molti giardini l’olivello è usato per dare colore anche quando il resto dei vegetali e in quiescenza.

A livello alimentare, va detto che probabilmente per il suo colore e per le convinzioni del passato, l’olivello spinoso era considerato pianta velenosa, convinzione superata nel tempo dalla dimostrazione popolare delle proprietà salutari dei frutti. Infatti, oltre agli usi sopra accennati, i frutti commestibili, di sapore acidulo ma gradevole, sono molto apprezzati anche oggi, perché ricchissimi di vitamina C o acido ascorbico (695 mg ogni 100 grammi di frutti, contro i 229 dei peperoncini piccanti, 243 della guava, 200 del ribes nero, 166 dei peperoni, 162 del prezzemolo, 161 del kiwi giallo, 93 del kiwi verde, 54 dei clementini, 50 dei limoni e 43 delle arance). 

Il frutto è molto apprezzato perché ricco non solo di vitamina C ma anche di carotenoidi (lo stesso colore ne è indice), vitamina E o tocoferolo, vitamine A-B₁-B₂-B₅-B₁₂-K-P, minerali (Calcio, Ferro, Fosforo, Magnesio, Potassio, Sodio), polifenoli e fitosteroli, flavonoidi, terpeni, licopene (come il pomodoro), tutti capaci di migliorare lo stato di salute di un soggetto perché capaci di agire come disintossicanti, ritardanti dell’invecchiamento cellulare, mineralizzanti per chi svolge attività sportiva o lavori faticosi (quindi antifatica o anti stress fisico), anticolesterolici, epatoprotettori ed epatostimolanti, cicatrizzanti delle piccole ferite grazie alla presenza della vitamina C tanto abbondante, antiipertensivi, antiaterosclerosi. Data la presenza di queste sostanze salutari, l’olivello era utilizzato durante le guerre per scongiurare il diffondersi di malattie da carenza tra i soldati, somministrato anche con zucchero in modo da renderlo anche energetico per tali soggetti. Serviva anche in senso lato per la cura e la prevenzione dei classici malanni invernali.

In erboristeria troviamo olio, unguento, cosmetici, bevande e integratori a base di olivello spinoso, del quale vengono utilizzati sia i frutti che i semi, le foglie, i rami giovani. Dai frutti si estrae un olio (5-9% in peso) ricco di acidi grassi ω₃ (il principale è l’acido α-linolenico, essenziale e triinsaturo),  ω₆ (il principale sono l’acido linoleico - essenziale, diinsaturo, e quello γ-linolenico) e ω₇ molto rari (il principale è l’acido palmitoleico, monoinsaturo, non classificato tra gli essenziali), ω₉ (non essenziali, tra cui il classico acido oleico), utilizzato (utilizzato insieme a creme e unguenti) per uso esterno contro le dermatiti, eczemi, per cicatrizzare piccole ferite, curare infiammazioni temporanee della pellementre succhi astringenti vengono usati per curare gengive e mucose della bocca, grazie alla presenza di vari tipi di tannini, oltre ad alcuni acidi come citrico, malico, tartarico, ossalico e succinico. 

La presenza di molta pectina rende i frutti di olivello idonei per il transito intestinale. Da foglie e rami giovani si prepara la tintura madre (da utilizzare direttamente o per la preparazione di altri derivati; si ottiene utilizzando di solito l’alcol come solvente per le’estrazione delle sostanze utili) per il trattamento di affezioni gastrointestinali. Con l’olivello si preparano anche sciroppi (apportano solo 40 kcal/100 ml) da somministrare come i succhi, per curare anche la tosse e le affezioni della stagione rigida oltre che per  gli aspetti già detti, certamente più graditi di altri formulati per il buon sapore e la freschezza, donata dall’acidità. L’uso dei derivati dell’olivello è sconsigliato sia in abbinamento con gli anticoagulanti, vista la ricchezza di vitamina K dei suoi derivati, sia agli ipotesi dato che l’olivello abbassa ancor più la pressione arteriosa. Il ricorso annuale preventivo all’olivello spinoso è consigliato alcune settimane prima della stagione invernale, da riprendere per alcune settimane al termine di questa (3 prima e 3 dopo.

In cucina i frutti possono essere usati freschi (la soluzione migliore; il sapore ricorda un limone molto acido e l’albicocca), secchi affiancandole al miele, per preparare salse dolciastre con le quali accompagnare sia pesci che carni, come succo da bere. Vengono anche usati per la preparazione di confetture e gelatine dal gusto acidulo, oltre che conservati sotto aceto come i cetrioli e le cipolline. A base di olivello spinoso è la deliziosa “Marmellata di olivello spinoso e mele”, riconosciuta PAT (prodotto agroalimentare tradizionale) dalla Regione Friuli Venezia-Giulia. 
 

Note bibliografiche

  • Dizionario di Agricoltura, Ed. UTET
  • E. Baroni, Guida botanica d’Italia, Ed. Cappelli Bologna
  • V. Forte, Nuovo dizionario tecnico di agricoltura, Edagricole 
  • M.G. Luda - A. Vassallo, Guarire con le erbe, Campi Editore
  • Suor Bernardina, Guarire con le erbe, Ed. PIEMME

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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