La dieta chetogenica

Sono sempre più i seguaci di questo regime alimentare: ma è adatto a tutti? Vi spieghiamo che cos’è la chetogenesi

La dieta chetogenica

La dieta chetogenica è un regime alimentare fortemente ipocalorico. Negli ultimi anni è salita alla ribalta, decantata da VIP e nutrizionisti d'ogni sorta. Ma "biochimicamente parlando", che cos'è davvero la chetogenesi?

Di questi tempi, chi non ha mai sentito parlare di dieta chetogenica? Ma soprattutto, chi è davvero a conoscenza di cosa si tratti? Semplicemente un aumentato consumo di proteine nella dieta o c'è di più? E, soprattutto, che effetti ha sul nostro metabolismo e sul nostro organismo in generale? Con questo articolo, ci proponiamo di far chiarezza su alcuni aspetti poco limpidi, riguardanti le peculiarità di questo programma dietetico tanto in voga.

Una dieta generalmente definita “equilibrata” prevede l’assunzione di circa il 45-60% di carboidrati (meglio se complessi), il 25-35% di lipidi e circa il 12% di proteine, mentre in una dieta chetogenica queste percentuali subiscono una variazione. La dieta chetogenica è una dieta fortemente ipocalorica, attraverso la quale la quantità dei diversi nutrienti da consumare è calcolata in modo che siano rispettate determinate percentuali; in particolare, la percentuale di carboidrati viene ridotta a circa il 10%, mentre le proteine raggiungono circa il 30% (ma si può arrivare anche a percentuali superiori al 60% delle Kcal totali).

Tali percentuali favoriscono l'ossidazione (ovvero l'utilizzo) dei grassi di deposito per la produzione di energia e la comparsa di una condizione metabolica particolare, detta chetosi, caratterizzata da un accumulo nel sangue di corpi chetonici, ovvero di sostanze che si formano quando l’organismo utilizza i grassi per produrre energia.

È necessario considerare che la concentrazione dei metaboliti rappresenta un importante meccanismo di controllo cellulare e di veicolazione dei processi metabolici: il flusso di metaboliti a livello delle reazioni endogene portate avanti da enzimi specifici varia al variare delle concentrazioni dei substrati, ovvero della qualità degli alimenti introdotti. Ed è il flusso sanguigno a mettere in connessione tutti gli organi ed i tessuti consentendo le interazioni metaboliche e la propagazione delle variazioni che la nostra alimentazione può indurre nei processi chimici che avvengono nel nostro organismo.

E allora, cosa potrebbe causare una variazione che coinvolge così pesantemente il piano dietetico “tradizionale”? Un calo drastico dell'apporto glucidico genera un'importante deviazione delle reazioni metaboliche a favore della sintesi dello stesso glucosio (nutriente, appunto, mancante). I carboidrati non vengono considerati nutrienti essenziali al pari di alcuni acidi grassi, aminoacidi o vitamine in quanto l’organismo umano ha la capacità di sintetizzare glucosio a partire dagli aminoacidi (molecola che forma le proteine) e dal glicerolo (i lipidi sono formati da glicerolo e acidi grassi). Inoltre, in carenza di carboidrati i fabbisogni energetici possono essere soddisfatti anche da lipidi e proteine.

L’adattamento dell’organismo ad una dieta priva di carboidrati viene descritto negli studi sul digiuno: durante il digiuno il corpo attraversa varie fasi per adattarsi alla situazione sfavorevole; per prima cosa vengono utilizzate le riserve di zuccheri (il glicogeno) presenti nei muscoli e nel fegato; quando queste riserve sono terminate si inizia ad utilizzare le proteine, soprattutto quelle dei muscoli, per produrre lo zucchero necessario alla sopravvivenza (attraverso un processo che prende il nome di gluconeogenesi). Questa situazione stimola l’organismo ad utilizzare i grassi come fonte di energia con conseguente aumento dei corpi chetonici.

La capacità di adattarsi alla situazione sfavorevole del digiuno è una risposta molto importante che l’organismo mette in atto in caso di carestia per sopravvivere; infatti, in questa condizione le riserve di carboidrati sono le prime ad essere esaurite ammontando in tutto a circa 450 grammi nell’uomo adulto, di cui 300 grammi sotto forma di glicogeno muscolare che possono essere utilizzati solo dal muscolo.

Dopo meno di un giorno di digiuno, l’organismo dipende dalla sintesi endogena di glucosio e dalla deviazione del metabolismo verso l’utilizzazione dei grassi di riserva.

Il cervello si adatta ai diminuiti livelli di glucosio aumentando l’utilizzo dei corpi chetonici come substrati energetici alternativi.

In condizioni fisiologiche si ritiene tuttavia necessario introdurre una quota di carboidrati sia per prevenire un eccessivo catabolismo delle proteine corporee sia per evitare un accumulo di metaboliti come i corpi chetonici (nel caso dei grassi) o l’urea (nel caso delle proteine). Inoltre, l’eliminazione degli alimenti fonte di carboidrati comporta carenze di vitamine, minerali e fibra alimentare.

Al terzo giorno di scarso apporto di glucosio, il cervello ricava circa un terzo del suo fabbisogno energetico dai corpi chetonici: gli acidi grassi, infatti, non possono essere usati direttamente come fonte energetica dal cervello perché non attraversano la barriera ematoencefalica. Al quarantesimo giorno il consumo di corpi chetonici è aumentato fino a due terzi, riducendo la necessità di attivare la gluconeogenesi e risparmiando le proteine muscolari. I globuli rossi e le cellule della midollare del surrene possono utilizzare solo il glucosio, per questo gli altri tessuti possono risparmiare glucosio a loro favore. Qualsiasi metabolita possibile sarà, infatti, impiegato nella gluconeogenesi, in particolare, amminoacidi e glicerolo. Le riserve di glicogeno di muscolo e fegato possono durare fino a 12-18 h.

Il fegato può utilizzare efficacemente gli acidi grassi per i propri bisogni energetici e allo stesso tempo sintetizzare corpi chetonici che vengono esportati agli altri tessuti.

I mitocondri (gli organelli della respirazione cellulare) epatici hanno la capacità di convertire l’acetil CoA, prodotto dal metabolismo energetico degli acidi grassi, in corpi chetonici. A livello chimico, essendo specie solubili in acqua, questi composti si configurano come acetoacetato, 3-idrossibutirrato e acetone. Nomi complicati? Beh, si tratta di piccole molecole leggermente acide, che derivano, come accennato in precedenza, dalla lisi delle lunghe catene carboniose dei grassi. I primi due sono trasportati dal sangue ai tessuti dove possono essere riconvertiti in acetil CoA, che viene poi ulteriormente processato nel ciclo di Krebs. L’acetone invece non è metabolizzabile.

Ma perché l'induzione di tali specie molecolari si registra durante l'astinenza dal consumo di carboidrati? I corpi chetonici si formano nel fegato nei periodi in cui la quantità di acetil CoA prodotta eccede la capacità metabolica del fegato stesso, ovvero quando la mancanza del substrato principe - il glucosio - determina un'impossibilità di proseguire nelle reazioni metaboliche che ne mediano l'utilizzo.

In queste condizioni, infatti, l’acetil-CoA non viene utilizzato adeguatamente dal ciclo di Krebs a causa di carenza di ossalacetato (l’ossalacetato si forma dal glucosio attraverso la trasformazione in piruvato).

Utilizzazione dei corpi chetonici

Facciamo, a questo punto, una schematizzazione del processo che caratterizza questo stato indotto dalla percentuale di nutrienti introdotta, detto chetogenesi: le proteine vengono metabolizzate con produzione di aminoacidi, tra i quali ve ne sono alcuni, detti glucogenici, in grado di sintetizzare glucosio; la degradazione delle proteine in amminoacidi e poi in glucosio genera l'urea che viene trasferita al rene ed escreta con le urine.

I prodotti intermedi del ciclo di Krebs vengono dirottati verso la gluconeogenesi per sintetizzare glucosio da esportare al cervello tramite il circolo sanguigno. Gli acidi grassi, prelevati dal tessuto adiposo, vengono processati e da essi si ottiene acetil-CoA. La mancanza di glucosio esogeno impedisce l'entrata dell'acetil-CoA nel ciclo di Krebs, ed esso si accumula, favorendo la sintesi, a livello epatico, di corpi chetonici. Dalla cellula epatica i corpi chetonici diffondono nel sangue che li trasporta al muscolo, al cuore e al cervello, i quali li ossidano ricavandone energia (i reni li eliminano anche con le urine).

Quindi, lo stato di chetogenesi diviene un mezzo di utilizzazione di grasso di deposito come substrato energetico, determinandone una significativa riduzione (ricordiamo che la dieta è di tipo ipocalorico), mentre la quantità di proteine introdotta è necessaria all'accrescimento della massa muscolare.

E allora, cosa non quadra? L'alterata concentrazione di corpi chetonici può influire pesantemente sul lavoro renale, atto alla depurazione da sostanze indesiderate, attraverso la filtrazione del sangue. In condizioni normali i corpi chetonici sono presenti nel sangue in concentrazioni molto piccole (1-3 mg/100 cc) e, trasportati nel rene, vengono in tale sede completamente lisati ad anidride carbonica e acqua; mentre, a causa della notevole volatilità, l'acetone viene eliminato prevalentemente per via polmonare con l'aria espirata.

Nell'adulto vengono giornalmente sottratti al sangue circa 20 mg di corpi chetonici. Nell'organismo normale la chetogenesi è regolata dalla velocità di mobilizzazione degli acidi grassi dai depositi adiposi e quindi dai molteplici meccanismi endocrini e umorali che controllano tale fenomeno. Un elevato consumo di grassi e alcune alterazioni del ricambio glucidico provocano l'aumento di concentrazione dei corpi chetonici nel sangue (chetosi) e la loro comparsa nelle urine (chetonuria); ciò può produrre gravi alterazioni dell'equilibrio idrico-salino, in particolare acidosi e disidratazione dell'organismo.

Se tale condizione non si protrae per lunghi periodi di tempo, l'organismo tende a ritornare fisiologicamente ad una situazione normale, ma se il consumo eccessivo di grassi e proteine non è adeguatamente circoscritto, l'organismo può andare incontro a grave sovraccarico renale, poiché il rene si occupa di filtrare i corpi chetonici, ad acidosi, poiché i corpi chetonici, trasportati attraverso il letto ematico, sono sostante acide, e a disidratazione poiché la condizione di chetonuria è fortemente legata ad una di poliuria, essendo i corpi chetonici molecole che “richiamano acqua” durante la fase di filtrazione e costituzione della pre-urina, inducendone un cospicuo aumento di volume.

In conclusione, una dieta chetogenica non va intrapresa senza l'aiuto e il consulto di un esperto che sia consapevole dei rischi cui un individuo possa imbattersi, date le caratteristiche intrinseche di questo percorso, che, a nostro avviso, deve essere limitato nel tempo.

Non lasciatevi abbindolare dalle promesse di dimagrimento fulmineo e tonicità immediata! Il metodo più corretto, ricordatelo, è quello di informarsi correttamente, nutrire al meglio l'organismo e fare tanta attività fisica. Inoltre, questa dieta va assolutamente evitata da soggetti che soffrono già di problemi renali, come ad esempio (ma non solo) chi è sottoposto a dialisi o ha una forte familiarità con tale patologia.

Scritto da Unas Chicas

Claudia Alvisini, Ludovica Di Francesco, Giuseppina Laurenziello e Chiara Venuti:

Quattro ragazze provenienti da quattro realtà italiane differenti, che si sono incontrate presso la stessa università, il Campus biomedico di Roma, ed hanno fatto si che nescesse una collaborazione giovane e ambiziose, sempre desiderose di mettersi in gioco e di far chiarezza nel vasto mondo della nutrizione umana.

Claudia, che è la più giovane, viene da Rieti e dimostra un grande voglia di crescere professionalmente per affacciarsi al meglio al mondo del lavoro. Ludovica, nata a Roma, è una professionista dello sport, amante dei bambini e di tutto ciò che riguarda la loro salute. Giuseppina, che proviene da Potenza, è la più grande del gruppo, molto determinata ed interessata ad intolleranze e allergie alimentari. Chiara proviene da Messina ed ha raggiunto il campus per indagare al meglio su cosa si cela dietro il vasto mondo delle preparazioni alimentari.

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