La zucca amara

L'ortaggio definito "gentiluomo" dal popolo cinese: scopriamo la zucca amara tra buone proprietà, sapori e impieghi in cucina

La zucca amara

Definire “gentiluomo” un ortaggio è cosa davvero inaspettata e fuori dal comune, eppure un caso nel mondo c’è: è quello della zucca amara, anche detta melone amaro o “pomo balsamo”, ortaggio amarissimo, definito dai cinesi gentiluomo (绅士蔬菜  shēnshì shūcài)  perché trattenendo in sé stesso l’amaro evita di passarlo agli altri (cosa che tra gli umani sanno fare per l'appunto i gentiluomini!). 

Una pianta con tanti nomi per quanti sono i paesi in cui è coltivata, apprezzata sia in cucina che per le sue portentose proprietà curative e a favore del concepimento (la leggenda indiana narra che grazie ad essa Sumati, moglie del re Sagar, riuscisse a dar vita alla sua discendenza). Bitter gourd e bitter melon per gli inglesi, kugua per i cinesi, 紳士野菜 shinshi yasai e naguri per i giapponesi, tita kerala in lingua hindi (una delle 22 lingue parlate in India), karela nelle altre lingue indiane, ampalaya in filippino, paria per gli indonesiani, cavalheiro vegetal per i portoghesi, pepino amargo in spagnolo (cioè cetriolo amaro).

Il frutto della zucca amara, in quanto a sapor,e è una via di mezzo tra zucchina/cetriolo/zucca. Per i botanici si tratta della specie Momordica charantia, originaria dell’India (per alcuni dell’Africa), della famiglia delle Cucurbitaceae, già nota in Cina ai tempi della dinastia Ming (XV secolo d.C.), e successivamente diffusasi in tanti paesi dell’Oriente asiatico, dell’America centrale e meridionale, oltre che in  Africa e Australia, particolarmente esaltato dalla medicina ayurvedica (nel cui linguaggio si chiama kaaravella) che si fonda su elementi di medicina popolare e di filosofia di vita per il benessere psichico, fisico e spirituale dell'uomo.

La pianta fu introdotta in Europa all’inizio del 1700 d.C. La zucca amara è un ortaggio rampicante (poco diffuso in Italia – qualcosa nel Lazio, in Calabria, a Mantova - ma facile da reperire nei negozi specializzati in alimenti asiatici e africani), dall’odore sgradevole, a ciclo annuale (si esaurisce con la produzione del frutto) nelle zone temperate, perenne (la pianta sopravvive alla produzione del frutto) in quelle tropicali, capace di raggiungere anche i 5 metri di altezza e di crescere fini ai 1.000 m di altitudine poiché resiste bene al gelo.

I fiori maschili e femminili distinti, ma portati dalla stessa pianta (pianta monoica come la zucchina), compaiono da giugno a luglio, sono di un bel colore giallino; il  frutto (una bacca speciale detta peponide, allungata, pendula, lunga fino a 15 cm), liscio nella varietà cinese, bitorzoluto in quella indiana, passano dal colore verde da immaturi al giallo-arancio a maturazione completa.

Esteticamente i frutti non sono belli a vedersi, specialmente quelli bitorzoluti (momordica rimanda infatti al verbo mordere e richiama la strana forma dei semi che sembrano morsicati oppure l’aspetto masticato della buccia del frutto, mentre charantia deriverebbe dal greco chárax che sta per “canna”, “palo di sostegno”, visto che trattasi di una piante rampicante capace di costituire dei pergolati), ma ciò che di loro più atterrisce è il gusto amarissimo.

Queste "strane zucchine" si raccolgono da settembre a novembre, a maturazione incompleta per attenuare l’amaro, avendo cura prima di usarli in cucina di eliminare semi e polpa, in quanto tossici per l’uomo perché ricchi di alcaloidi (composti organici biogeni, ciclici, contenenti sempre azoto; es. sono la cocaina, la solanina, la caffeina). Praticamente, in cucina si usa la parte più esterna del frutto (esocarpo e mesocarpo),
 

La Momordica charantia è utilizzata anche come rampicante ornamentale in molti giardini, specialmente fuori dalle zone tipiche, per cui bisogna fare attenzione ai frutti tanto colorati, perché adulti e bambini non ne mangino. Con essa si rivestono muri, pergole, tronchi di albero grazie alle belle foglie simili a quelle della vite. La coltivazione non è difficile e si può fare anche in vaso: ama il sole e teme il freddo (ma resiste al gelo moderato e per poche ore), seminiamola in primavera, trapiantiamola a metà maggio (quando sono finite le gelate tardive), forniamola di canne o simili perché deve potersi arrampicare.

Consumare radice, frutti e foglie della zucca amara, attraverso la gastronomia e l’erboristeria, secondo la medicina popolare dei paesi in cui è diffusa le quella ayurvedica, favorisce l’appetito negli inappetenti e aiuta a risolvere/contrastare diverse patologie grazie al suo contenuto in: flavonoidi, quercetina, acido sialico, elementi minerali (fosforo, potassio, ferro, calcio, zinco). Contiene inoltre pochi grassi, fibre, proteine, vitamina A, C e B₉ (acido folico), e si è dimostrata benefica innanzitutto sul diabete mellito di tipo 2 per la presenza nei frutti di sostanze ipoglicemizzanti costituite da una miscela di saponine steroidali (charantine: α e β momorcharina, polipeptidi simili all’ormone insulina) e alcaloidi, tutti presenti nei frutti, oltre alla gurmarina, polipeptide capace di annullare n bocca il gusto dolce.

A questa proprietà ipoglicemizzante si aggiungono poi quelle di: rimedio contro gotta, epatiti, patologie della milza, complicazioni gastrointestinali (es. ulcere), raffreddore, per ridurre la febbre. In aggiunta: garantisce attività antimicrobica come un antibiotico classico contro parassiti intestinali, è antivirale, stomachica, emetica, antiemorroidale, astringente, antielmintica – lassativa (al pari della zucca gigante Cucurbita maxima), ipotensiva, pro uterine e pro mestruali, ma anche abortiva (per cui se ne sconsiglia l’uso in gravidanza) e antitumorale, calmante per scottature e abrasioni della pelle (al pari della zucca gigante – Cucurbita maxima). Molte delle proprietà elencate sono state scientificamente dimostrate.

Foglie e frutti della zucca amara si possono consumare sia freschi che cotti, ma in cucina come usare questo ortaggio tanto benefico e purtroppo anche tanto amaro? Le popolazioni che lo usano, eliminano semi e polpa perché tossici e poi consumano il resto del frutto trasformandolo in succo fresco; oppure lo essiccano e poi lo polverizzano o ne fanno pezzetti; oppure dopo  la pulizia da semi e polpa, lo tagliano a fette e lo lasciano in acqua salata e molto calda per alcuni minuti, fino a quando non diventa tenera.

Le fette sbollentate e scolate di zucca amara potranno poi essere usate per diverse ricette o come semplice verdura. In alcuni paesi le fette vengono messe sotto sale per almeno 1 ora, mentre in altri ancora si tengono in acqua salata per almeno 1 ora ( o tutta la notte se l’amaro dell’ecotipo di zona è molto forte) e poi lavate per l’uso. Praticamente la zucca amara viene trattata come si fa per togliere l’amaro dalle nostre melanzane.

Nelle ricette si abbinerà bene a carne di maiale, cibi grassi, spezie varie (come curry, cumino, peperoncino), yogurt: es. sono fettine fritte in padella insieme ad aglio, cipolla, patate lessate, coriandolo, peperoncino, cocco grattugiato; a Okinawa si prepara la goya, cucinandola con salsa di soia, tofu, maiale e uova (possibilmente di quaglia);  in Cina con carne di maiale e fagioli di soia neri e fermentati; molti la cucinano stufata, altri la fanno ripiena, altri saltata in padella con altre verdure, nelle Filippine cotta al vapore e unita a pesci o gamberi. In commercio la zucca amara si trova anche in forma di integratore alimentare, nonché in polvere secca e in succo..

Con la zucca amara si preparano anche zuppe insieme a cipolla, pomodori, fagioli, altre verdure del posto come l'okra. Alcuni hanno tentato con successo la trasformazione dei frutti in marmellata, usando sia zucchero che miele. Con le foglie fresche o secche si prepara anche un infuso, ovviamente da addolcire! In ogni caso va detto che i popoli citati sono comunque molto più abituati di noi occidentali al gusto amaro, forte o attenuato che sia, tanto che in Cina si dice “mangia amaro” per indicare che le amarezze della vita rafforzano moltissimo lo spirito, rendendoci capaci di sopportare le avversità con animo sereno.

Note bibliografiche
Ficarra – Scaccabarozzi, Il selvatico in cucina: erbe amare e altre erbacce spontanee.- Piante, consigli e gastronomia,  Ed. Youcanprint
Hurst- Garavelli, Storie segrete delle erbe. Proprietà e curiosità di 150 specie, Ed. Ricca
Cappelli, Botanica sistematica, Ed. UTET

Photo via Canva
 

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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