Linee guida per l’acquisto dei preparati a base di carne
Sull’assenza di nesso tra le problematiche lavorative personali attuali e il fare male il proprio lavoro nel food service
Lo abbiamo già detto più volte, e non siamo certo gli unici: il panorama della ristorazione italiana (e non solo) sta cambiando rapidamente e sotto aspetti molteplici. La clientela è cambiata, i tempi sono cambiati, gli stipendi rapportati al costo della vita sono cambiati, il livello di professionalità nel settore è cambiato; prima non c’era il sistema “mors tua vita mea” delle recensioni online, non c’erano i social; prima non c’erano così tante catene e franchising “standardizzati”, e nemmeno tutta la concorrenza odierna…
Eppure, in questo quadro generale di cui molto si potrebbe disquisire, ciò che al di sopra ciascuna di queste problematiche appare come vero controsenso - proprio non solo del servizio ristorativo ma di ogni tipologia di servizio offerto in genere - è la tendenza al calo del rispetto del cliente, ovvero della disponibilità e della cordialità che dovrebbero essergli garantiti.
Un determinato cliente sceglie di accomodarsi in un bar o in un ristorante condizionato da molteplici fattori che interpreta con soggettività, ma il suo scopo in quel momento è uno ed uno solo: godersi un momento di pausa usufruendo dell’acquisto di un prodotto (ovvero la pietanza, sia essa food e/o beverage) e di un servizio (espletato dal barista, dal maître, dal cameriere, dal sommelier, nonché da chi entra in continuo contatto con il pubblico gestendo l’accoglienza e/o la cassa).
E a prescindere dal livello del servizio, nella realtà attuale purtroppo sempre più spesso si riscontra il ricevere dagli addetti un trattamento “ai limiti del favore”. Lo avrà ben notato chi frequenta ristoranti di ogni fascia di prezzo e si sarà trovato anche più di una volta in questa situazione, dal locale alla moda alla trattoria di quartiere, nelle città più grandi come in quelle più piccole.
Sbuffare anziché sorridere, dare risposte seccate e sbrigative, accennare fastidio nello sguardo come nella gestualità, mettersi a pulire e rassettare durante il servizio per “non veder l’ora di chiudere” la giornata, sono ormai parte di un modus operandi che tocca (fate bene attenzione) anche il cliente più privo di pretese, da colui che chiede la gentilezza di un bicchier d’acqua mentre consuma la colazione al banco a chi chiede semplicemente il conto. È evidente, dunque, che la questione vada ben oltre la tiritera della clientela più pretenziosa di un tempo.
La non-qualità del servizio si sta facendo largo anche in molti settori "oltre" la ristorazione, e solleva interrogativi sul perché un tempo l’attenzione al cliente fosse una priorità, mentre oggi sembra essere diventata un assoluto optional. Oggi quello del "cameriere" è un mestiere provvisorio, o secondario alle proprie attività di vita principali, mentre in altri tempi intraprendere la propria carriera nel servizio (di qualunque genere) era considerato una vera arte, al pari di altri mestieri dall’alto contenuto di personalità di chi li praticava.
Ogni passaggio di ruolo dipendeva non solo dalle capacità di lavoro, ma anche da chi si dimostrava di essere sul piano personale. Per riprendere le parole di Vincenzo Cervio – autore de “Il trinciante”, pubblicato a Venezia nel 1581 come trattato sull'arte rinascimentale di tagliare e servire davanti agli ospiti piatti di ogni genere – “il trinciante ideale deve anche distinguersi per educazione e morale”. E non è certo l’unico a riportare tali principi e consigli basilari alle nuove leve, che si ritrovano di frequente anche in tante altre opere a cura dei maestri di cucina e di sala europei.
C’è stato dunque un tempo in cui l’essere umano medio dimostrava di riuscire a vivere con fierezza tali attività. Riusciva a vivere “come normalità” l’educazione, la gavetta, le regole, la puntualità e il rispetto per qualsivoglia ospite, e soprattutto a farne tesoro per farsi strada, accettando il proprio mestiere come una sfida quotidiana, come l’imprevisto fra i più belli da affrontare, dimostrando qualcosa anzitutto a sé stessi. Certo, è da ammettere che tutto questo oggi è diventato meno facile di fronte ad una clientela che spesso sminuisce in prima persona - ugualmente attraverso il proprio atteggiamento, parole ed espressioni - il lavoro che gli sta dedicando colui che esegue "il servizio".
Ma tornando al succo del discorso, la soddisfazione nel lavoro di un addetto al servizio di ristorazione oggi sembra non passare più per la via della fierezza del proprio ruolo, né per la dignità personale, né per il bene dell'attività (coltivando indirettamente, ma al contempo nella maniera più efficace, il suo potenziale ritorno). Se pensiamo a ciò che “ci si aspetterebbe” da un addetto al servizio nel food service, questi dovrebbe incarnare il ruolo di chi accoglie, guida nella scelta, assiste e cerca di garantire un’esperienza (anche semplicissima, ma memorabile) a 360 gradi garantita a qualsivoglia cliente si trovi di fronte (perché, come da sempre ci insegna Fabio Campoli, “non esistono clienti di serie A e di serie B”, e come direbbe sua moglie Patrizia Forlin, peraltro, “non è l’abito a fare il monaco”).
Quel che sta accadendo nella realtà odierna consiste invece in un triste passaggio dall’accoglienza al distacco, da un cliente che fino a pochi anni fa si sentiva ancora il benvenuto ad un cliente che oggi, paradossalmente, entra in un bar, ristorante, bistrot o pizzeria per sentirsi finanche una presenza indesiderata. A tutti coloro che assumono questo atteggiamento sul posto di lavoro, vogliamo ricordare solo un’unica cosa: che senza quei clienti “sgraditi” (e senza neanche coltivarne il possibile ritorno), il loro stipendio viene giornalmente esposto al rischio di scomparire, e varrebbe la pena pensarci, dato che pare sia l'unica cosa che conti…
A molti sembrerà banale sentirlo ribadire, ma occorrerebbe ripartire:da una rinnovata attenzione prima alla selezione, poi ad una vera e profonda formazione del personale (che non ne trascura la psicologia oltre che le mere mansioni), seguite da una frequente e coerente applicazione del controllo (dal rispetto di regole e procedure date fino all’assunzione delle responsabilità assegnate). Si potrà restare stupiti dallo scoprire quanto possono assorbire anche i meno esperti, e si contribuirà a responsabilizzarli e a far comprendere la loro importanza nell’attività, costruendo una nuova e reciproca fiducia alzando il coinvolgimento mentale sul lavoro, prima ancora di quello fisico.
La ristorazione, per sua definizione, dovrebbe essere un settore non solo orientato al cliente, ma un settore in cui regna il rispetto ad ogni livello. La qualità del servizio non è solo un accessorio, ma una parte integrante dell’esperienza che i clienti vivono. Il futuro della ristorazione come ancora la conosciamo oggi – ovvero non ancora “del tutto artificiale” - dipenderà dalla capacità di tornare a vedere il servizio come il fulcro di un sistema. Tutto il resto, saranno vending machine, camerieri robot e braccia meccaniche che estraggono caffè.
Photo made in AI
Scritto da Sara Albano
Laureata in Scienze Gastronomiche , raggiunta la maggiore età sceglie di seguire il cuore trasferendosi a Parma (dopo aver frequentato il liceo linguistico internazionale), conseguendo in seguito alla laurea magistrale un master in Marketing e Management per l’Enogastronomia a Roma e frequentando infine il percorso per pasticceri professionisti presso la Boscolo Etoile Academy a Tuscania. Dopo questa esperienza ha subito inizio il suo lavoro all’interno della variegata realtà di Campoli Azioni Gastronomiche Srl, , dove riesce ad esprimere la propria passione per il mondo dell'enogastronomia e della cultura alimentare in diversi modi, occupandosi di project management in ambito di marketing e comunicazione e consulenza per il food service a 360°, oltre ad essere il braccio destro di Fabio Campoli e parte del team editoriale della scuola di cucina online Club Academy e della rivista mensile Facile Con Gusto.
0 Commenti