Il provolone Valpadana

Un formaggio DOP che rappresenta il felice matrimonio tra usanze di sud e nord Italia: scopriamolo tra storia e caratteristiche

Il provolone Valpadana

Chi non prova ancora oggi, proprio come quando era bambino, un grande piacere nel gustare un fresco panino farcito semplicemente con una buona fetta di provolone? Quale goduria, quale silenzioso gustare, rimirando spesso il panino che poco alla volta finisce!

Si tratta di un formaggio a pasta filata che, a ben vedere, è originario del Meridione italiano. E’ il Sud infatti famoso per i formaggi a pasta filata, come caciocavallo, scamorza, mozzarella e provola; ed è proprio da quest’ultimo termine deriva il nome del nostro provolone: provola è infatti un piccolo formaggio a pasta filata e la parola deriva da prova, perché si staccava un pezzo di pasta per valutare il grado di filatura, e secondo alcuni si faceva un piccolo provolone, cioè un campione di prova un po’ più grosso del solito in quanto la massa di cagliata da valutare era maggiore di quella degli altri formaggi a pasta filata del Sud), anche se il provolone come dice il nome stesso ha assunto nel tempo ben altre dimensioni, caratteristiche differenti dagli altri formaggi meridionali a pasta filata e, ovviamente, sapore e profumo caratteristici ed inequivocabili, come vedremo. 

Formaggi di buona qualità venivano già prodotti nella Valle Padana dai monaci dei vari ordini ivi stabilitisi, ma nulla di simile al provolone, dati i documenti consultati dagli esperti. La pasta filata era praticamente sconosciuta al nord, pur essendo il latte di grande qualità per la ricchezza di pascoli, prati e boschi, oltre che di tanta acqua utile sia alle piante che ai bovini. A differenza però delle provole meridionali che per le caratteristiche del latte diventavano secche e utili solo da grattugiare, il provolone (DOP o meno che sia) ha la caratteristica di non diventare secco perché stagiona a lungo, anche oltre i limiti minimi del disciplinare di produzione. Anche il provolone maturando diventa più consistente e può essere grattugiato, ma non possiamo parlare di provolone diventato secco.

L’arrivo della pasta filata dal Sud al Nord fu dovuto al fatto che nella guerra franco – prussiana  di metà ‘800 (luglio 1870 al 10 maggio 1871), nella quale il neonato Regno d’Italia (17/03/1861 e finito il 2-3/06/1946 con il referendum che vide la vittoria della forma di governo repubblicano, ed effettivo avvio il 1/1/1948) partecipò forze armate sia con proprie povere forze armate (non dimentichiamo che sul trono salì un Savoia, il cui Stato di provenienza, cioè il Regno di Sardegna, era praticamente in default per le spese militari ed i prestiti internazionali per le guerre d’Indipendenza combattute dal 1848 in poi, per cui cercava soltanto di appropriarsi dei beni ecclesiastici e delle classi filopapali, pur di fare cassa, oltre che imporre notevoli tasse anche alle classi più povere del Sud, da cui la nascita del brigantaggio), ma in particolare  fornendo cereali e formaggi per le truppe sia italiane che francesi. 

Era necessario però fornire un alimento molto energetico e facile da trasportare e conservare: si pensò quindi a un formaggio veloce da produrre, nutriente, che non si alterava facilmente. Non essendoci a Nord un’organizzazione casearia adatta a tale bisogno, il governo italiano stimolò il trasferimento di casari dal Meridione al Nord (tra i tanti arrivò Giovanni Auricchio dalla Campania, nome che oggi indica al meglio del provolone), esperti nella lavorazione di formaggi secondo le necessità della guerra. Si affermarono perciò i formaggi a pasta filata per i quali i casari meridionali erano insuperabili. Nel tempo sorsero grandi caseifici nella Valpadana, i quali richiamarono anch’essi casari meridionali per la produzione delle paste filate e in particolare del provolone. 

Nel 1938 fu codificato il metodo di produzione del provolone (R.D.L., cioè Regio Decreto Legge, N. 1177 del 17/5/1938), mentre con legge 125 del 10/04/1954 e con D.P.R. 1269 del 30/10/1955 si adottò il termine Provolone Tipico, per meglio tutelare questo eccellente formaggio. Nel 1993 il termine Provolone Tipico fu sostituito, in quanto ritenuto troppo generico, con quello di Provolone Valpadana DOC, come a voler significare che pur ideato da casari meridionali questo formaggio era nato nella Valle Padana ed aveva quindi qui le sue origini, sia come latte che come lavorazione casearia. Nel 1996 la DOC diventa DOP e nasce il Consorzio di Tutela in base alle nuove normative. 

Il Provolone Valpadana DOP è un formaggio semiduro (umidità 40-45%), a pasta cotta (cottura della cagliata a T 48-58°C) e filata, prodotto usando latte intero di vacche allevate nelle province di Brescia, Cremona, Verona, Vicenza, Rovigo, Padova, Piacenza e alcuni comuni delle province di Bergamo, Mantova, Milano, Lodi e Trento. Le vacche sono per la maggior parte di razza Frisona (detta anche Pezzata Nera), alimentate con foraggio fresco e fieno sottoposto a rigidi controlli. Di norma si usa il latte di due mungiture, ma il disciplinare nulla prescrive a riguardo, così come nulla prescrive il disciplinare sulla frequenza di raccolta del latte dalle stalle da parte dei caseifici (diffusa però la raccolta unica giornaliera, il che implica che quando il camioncino passa la mattina dalle stalle raccoglie il latte della mungitura della sera prima e quella della prima mungitura della giornata). 

Il latte viene conservato refrigerandolo a 4°C, ma in mancanza di precise norme disciplinari spesso il raccoglitore porta via il latte della sera refrigerato, unito a quello ancora tiepido della prima mungitura giornaliera. Di norma si usa latte crudo (quindi riscaldato al massimo fino a 37°C). Dopo 20 minuti dall’aggiunta del caglio (di vitello per il tipo dolce e di capretto o agnello per il tipo piccante) si forma la cagliata, la quale viene rotta con la lira spino, fatta riposare, nuovamente rotta con lo spino per ridurre i grani alla dimensione di una nocciola. A questo punto la cagliata viene cotta a 50 - 53°C per 3-6 minuti, lasciata a sgocciolare il siero ed avviare una fermentazione. 

Si procede quindi alla filatura e modellatura del provolone, formando provoloni a forma di salame (pancetta e panettone), di pera, pera sormontata da testa sferica (fiaschetta), melone (mandarino) e tronco-conica (gigante/gigantino).  Segue la salatura in vasche con salamoia per diverse ore. Terminata la salatura il provolone è legato con corde o  messo in reti di plastica, poi posto ad asciugare in camera calda a 25°C per 1-2 giorni (stufatura) in modo da far essudare anche parte del grasso. La durata della stagionatura è di 10 giorni per le forme di peso fino a 4 kg, oltre i 4 kg fino a 10 la stagionatura minima è di 30 giorni, oltre i 10 kg e solo per la tipologia piccante la stagionatura minima è di 90 giorni. La stagionatura avviene a 12 – 14°C (al massimo 18°C) e U.R. di 85 – 90%. In genere la tipologia dolce ha una stagionatura da 1 a 3 mesi, mentre quello piccante matura più a lungo, anche fino a 1 anno. Solo per le forme superiori al 10 kg è permesso l’additivo esametilentetrammina come antifermentativo (E239). 

Se la forma non ha una base piana la stagionatura avviene con provolone appeso a sostegni; corde e reti fanno però sviluppare muffe nei punti di contatto con il formaggio, per cui si tratta la superficie delle forme con sostanze antifungine (sorbati o pimaricina). Si ricorre anche in alternativa alla paraffinatura delle forme da fare però dopo la stagionatura, altrimenti questa sarebbe difficile da realizzare per la difficoltà degli scambi di umidità con l’ambiente (l’acqua non potrebbe evaporare dal formaggio, con alterazione anche delle attività batteriche ed enzimatiche utili alla maturazione del prodotto finale). Le caratteristiche del Provolone dolce sono basate sulla proteolisi, mentre quella del tipo piccante derivano dalla lipolisi

Nella produzione del Provolone Valpadana DOP è consentito. Il peso di una forma oscilla da 0,5 fino 6 kg per le forme a breve stagionatura, da 6 a 100 kg per quelle da stagionare molto più a lungo (cioè più di 3 mesi). Sulle forme del Provolone Valpadana DOP il marchio della DOP (dato dal Consorzio di Tutela dopo i previsti controlli presso i caseifici produttori) non è impresso sulla forma ma sul bollino attaccato alla forma, oppure sull’incarto dei porzionati e confezionati. La crosta del Provolone è liscia, sottile, giallo – dorata o giallo – bruna; la pasta di quello dolce ha colore chiaro, consistenza morbida e burrosa, struttura compatta, gusto delicato e cremoso; la pasta del tipo piccante è di colore tendente al giallo - paglierino, sapore più o meno piccante, assenza di occhiature strutturali ma presenza di fessurazioni lievi (dette distacchi o sfoglie).

Dal punto di vista nutrizionale, il Provolone Valpadana DOP è un alimento altamente energetico: infatti 100 g di prodotto edibile apportano in media (per un prodotto con stagionatura di 5-6 mesi) ben 365 kcal circa, oltre a 28 g di proteine, 29 g di lipidi (prevalentemente saturi), 73 mg di colesterolo, 2 g di zuccheri, 860 mg di Sodio, 720 mg di Calcio, 520 mg di Fosforo, 140 mg di Potassio, oltre a tracce di ferro (0,5 mg), vitamina A per 390 µg, vitamina E (0,52 mg), riboflavina o Vit. B2 (0,22 mg), Niacina o Vit PP (0,6 mg), Tiamina o Vit. B1 (0,02 mg).

Dal punto di vista gastronomico il provolone andrebbe consumato preferibilmente al naturale, accompagnandolo con del pane bianco e con vini bianchi e delicati per il tipo dolce, bianchi, mentre per il piccante sono da preferire vini rossi giovani o mediamente invecchiati (2 anni dalla vendemmia), corposi e morbidi, oppure dolci. Per il piccante vanno bene anche bianchi non giovani, corposi, poco sapidi.

Se consumato con altri ingredienti, il provolone Valpadana dolce è consigliato da gustare con vari tipi di insalata cruda (radicchio, lattuga, indivia belga, ecc.), ortaggi stagionali come zucchine, spinaci, ecc.; per quello piccante sono preferiti gli abbinamenti con preparazioni a base di peperoni, melanzane o con frutta come pere e frutta secca. Essendo un formaggio che fila con la cottura, il provolone viene usato per gratinature, o per farcire pizze, focacce e torte salate di vario tipo, tanto diffuse in molte regioni italiane. Diffuso è anche l’uso di cuocere il provolone alla piastra o fritto (come tanti altri formaggi). Se piccante e molto stagionato, il provolone diventa da grattugia, ottimo specialmente sulla pasta al pomodoro.
 

Note bibliografiche

  • M. Vitagliano, Industrie Agrarie, Ed. UTET
  • Mucchetti – Neviani, Microbilogia e tecnologia lattiero casearia, Ed. Tecniche Nuove
  • Fidanza – Liguori, Nutrizione umana, Ed. Idelson
  • Mensile “Il mio vino”, Ed. Il Mio Castello
  • L. Veronelli, Bere giusto, Ed. Bur Rizzoli
  • AA.VV., Merceologia degli alimenti, Ed. AIS
  • AA.VV., Tecnica dell’abbinamento cibo – vino, Ed. AIS

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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