Metà della popolazione (soprattutto la fascia più giovane) non raggiunge il fabbisogno giornaliero raccomandato
Una poesia di Mario Dell’Arco che avvalora di emozioni il pane tradizionale dei Castelli Romani (e invita tutti a dar valore al proprio)
Er pane de Genzano
Acqua de fonte e sale,
farina de frumento,
lèvito naturale:
l’impasto è pronto.Legna de sottobosco de castagno
già scoppietta e sfavilla drento ar forno:
tonna, croccante, jotta
fiorisce a punta d’arba la pagnotta.“Sor Peppe, sora Nanna e sora Betta”
s’ariccommanna san Gregorio Magno:
“Pane cotto d’un giorno
e er sangue scorre mejo in ogni vena”.
Intanto er Santo affetta
e magna a bocca piena.Er dio der pane è er Sole:
bacia la spiga verde e la fa d’oro.
Cinzia è la dea:
dea-luna che inargenta
la notte der fornaro.Sia bruno o bionno,
unico ar monno er pane de Genzano:
un pane-fiore, fiore da Infiorata.Pane educato.
Ammollo ar caffellatte
e la famija intorno,
dice a tutti “bongiorno”.
Ammalappena
er desco è apparecchiato
a la luce der vino,
dice “bonpranzo”, dice “bonacena”.Pane educato, pane affortunato.
A qualunquora
abbasta una carezza
d’ajo e d’ojo e de sale
su la fetta de pane abbrustolita
e viè fora gradita la bruschetta.Odor de pane,
pane de Genzano.
Grazzie, Signore,
grazzie der “pane nostro quotidiano”.
Mario Dell’Arco
Brano tratto da “L’Apollo buongustaio. Almanacco gastronomico per l’anno 1996”, Nuova Arti Grafiche Pedanesi
Photo via Pexels
Scritto da Redazione ProDiGus
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