Piccoli boccioli dall’incredibile ricchezza di gusto: scopriamo come utilizzare i capperi in cucina in abbinamenti super indovinati
In Sicilia è impossibile resistere alla pasta di mandorle che prende la forma di colorati e realistici frutti, che diventano tipici nel giorno dei morti
Delizia degli occhi e del palato, i piccoli dolci a forma di frutta esposti nelle pasticcerie siciliane sono una vera icona perché è qui che sono nati (precisamente a Palermo), benché oggi fanno mostra di sé in numerosissime altre pasticcerie del nostro bel Paese.
Il nome di frutta martorana (più tradizionalmente frutta di Martorana) attribuito a questi dolci è dovuto alla nobildonna Eloisa Martorana, colei che nel 1194 fondò proprio a Palermo un monastero di suore benedettine. Nel 1800 il monastero subì l’espropriazione da parte dello Stato, ma le suore continuarono a preparare la frutta martorana fino alla metà del ‘900 presso il monastero di Santa Caterina situato nel centro di Palermo.
La leggenda racconta che nel primo monastero abitato dalle suore ci fosse un giardino, tanto bello che il re - che secondo alcuni era invece un vescovo oppure un papa -decise di andare a visitarlo. Purtroppo però il giorno della visita cadeva nella stagione autunnale e il giardino non aveva né fiori né frutti. Fu allora che una suora che si occupava della cucina ebbe l’idea di realizzare un impasto dolce e malleabile con farina di mandorle e miele e riprodurre dei frutti finti dalle perfette sembianze di arance, limoni e cedri .Gli alberi spogli del giardino furono addobbati di questi frutti che risultarono tanto realistici da sembrare veri.
Se la leggenda più accreditata fa riferimento alla visita del re che volle assaggiare quei deliziosi dolci, il nome di pasta reale che è stato dato all’impasto della frutta martorana trova un suo perché. Con questo impasto oggi si riproducono non solo vari frutti ma anche ortaggi, pesci, agnelli pasquali e quanto altro suggerito dalla fantasia dei pasticceri lungo tutto lo Stivale e soprattutto nel Meridione. Esistono due procedimenti per preparare la frutta martorana, uno a freddo e l’altro a caldo; quest’ultimo è quello della ricetta originale eseguita dalle suore, e prevede di portare a bollore lo sciroppo di zucchero e acqua a cui viene poi aggiunta la farina di mandorle. Ottenuto un impasto liscio e modellabile, i pasticcieri adoperano appositi stampi in gesso, silicone o terracotta e, una volta uscita dagli stampi, la pasta reale deve asciugare bene per poi essere dipinta con coloranti alimentari in polvere diluiti in alcool e infine lucidata con gomma arabica o spray lucidante alimentare.
La frutta martorana per tradizione è una leccornia da regalare ai bambini il giorno della Commemorazione del defunti, anche se oggi la si trova tutto l’anno. Il 2 novembre secondo l’antica usanza si prepara il Cannistru, un cesto di vimini in cui non mancano altri dolci tipici siciliani come i tetù e teio, le taralle siciliane, le ossa dei morti, i mustazzoli, le reginelle e i biscotti di San Martino. Secondo la tradizione nel Cannistru non manca la frutta secca come le mandorle, le nocciole e le arachidi. Per la gioia dei bimbi cioccolatini e caramelle colorano ancora il cesto, e la martorana brilla coi suoi sgargianti colori in alto sopra i biscotti perché non si schiacci .
La Festa dei Morti a Palermo è una dolce rimembranza di chi non c’è più e simbolicamente vuole donare ai piccoli una dolce leccornia. Anche a Reggio Calabria nello stesso giorno i bambini ricevono i dolci frutti di pasta reale: qui si chiamano “morticeddi” perché somigliano ai frutti in terracotta che sono stati rinvenuti tra gli scavi nelle tombe risalenti ai tempi della Magna Grecia. Questi frutti simboleggiavano quelli della terra, offerti ai defunti perché non mancasse loro quello che avevano avuto in vita. Le due regioni Calabria e Sicilia così vicine condividono spesso preparazioni e ricette ma anche tradizioni come questa legata al giorno dedicato ai defunti.
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