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L’irraggiamento è una tecnica che aumenta la shelf life degli alimenti e potrebbe aiutare a ridurre gli sprechi alimentari
Il problema dello spreco alimentare, che si correla anche all’accumulo di sbalorditive quantità di rifiuti, rappresenta sempre più un problema, ancor più in quest’anno segnato dal calo della domanda di certi prodotti alimentari. Sul New York Times, poco tempo fa, la più grande cooperativa lattiero-casearia statunitense, la Dairy Farmers of America, ha stimato che gli agricoltori siano stati costretti a buttar via nell’ultimo periodo fino a 3,7 milioni di galloni di latte. E anche in Italia uno dei comparti che ha dovuto “mandare al macero” i propri prodotti è quello lattiero-caseario, soprattutto concernente le referenze dalla breve vita commerciale, dalla ricotta alla burrata, dal Taleggio al Gorgonzola dolce.
La scienza sta cercando di studiare metodi innovativi ma al tempo stesso non impattanti sulla qualità degli alimenti stessi per aumentarne la vita commerciale, aumentando indirettamente anche le possibilità di esportazione all’estero. I ricercatori dell’Università di Foggia e l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Puglia e della Basilicata, hanno condotto uno studio mirato a valutare l’effetto sanificante del trattamento con raggi X sulla ricotta artigianale e industriale (pubblicato sull’International Dairy Journal), monitorando soprattutto l’andamento della crescita microbica nel prodotto con il passare dei giorni.
Il nostro Istituto Superiore di Sanità approva questa tecnica conosciuta sotto il nome di irraggiamento come tecnologia di conservazione utile a preservare la sicurezza e la qualità igienica degli alimenti. Un trattamento che trova già applicazione nel mondo ad esempio su bulbi e tuberi freschi per inibirne la germogliazione, e ancora su alcuni tipi di prodotti carnei per ridurne la carica microbica, ma nel nostro paese, sebbene vi sia un impianto di irradiazione autorizzato, queste tecniche non vengono applicati.
Ma l’esperimento condotto in Puglia conferma la loro utilità: i campioni di ricotta fresca artigianale trattati con i raggi X hanno raggiunto i 14 giorni di conservazione (rispetto ai 3 iniziali del prodotto non trattato), e quelli di ricotta prodotta industrialmente hanno mantenuto un livello qualitativo accettabile per più di 24 giorni. I batteri Pseudomonas, Enterobatteriacee, Bacillus cereus e lieviti tenuti sotto controllo durante l’intero periodo – che sono i principali responsabili della stabilità del prodotto – hanno confermato l’efficacia dell’irradiazione, che ha portato ad una carica microbica ridotta soprattutto nella ricotta artigianale.
Come sottolinea il Ministero della Salute, l’irradiazione alimentare non è da considerarsi come metodo sostitutivo delle misure igieniche, quanto piuttosto come una metodologia di decontaminazione. Un alimento irradiato è sicuro e mantiene una buona qualità nutrizionale, quindi potrebbe davvero rappresentare una risposta per un futuro fatto di minori sprechi. Il limite, però, è la diffidenza dei consumatori.
Fonte: Il fatto alimentare
Scritto da Redazione ProDiGus
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