Salsa rosa… in mille salse

Di salsa rosa non ce n'è solo una al mondo, ma diverse versioni che da una parte all'altra del globo assumono essenze e usi differenti

Salsa rosa… in mille salse

Un colore: il rosa. Due ingredienti base: il ketchup e la maionese. E tanti diversi i nomi, una produzione industriale su larga scala - certamente non ipocalorica - con decine di  varianti: tutto questo è la salsa rosa!

Benchè sia decisamente cosmopolita e sia tra le più consumate sulle tavole di tutto il mondo, la salsa rosa ha un'origine decisamente incerta. L’interesse per la “genesi” di questo condimento inizia solo recentemente, ironia dei tempi moderni, con un twitter lanciato niente meno che da una multinazionale della produzione e vendita di salse (la Heinz). 

La società ha lanciato infatti un sondaggio virale nel tentativo di captare le impressioni dei clienti americani circa il lancio sul mercato di un nuovo prodotto, una salsa chiamata mayochup, niente altro, come suggerisce il nome, che un mix di maionese e ketchup. Nel 2017, infatti, l’azienda aveva introdotto sugli scaffali dei mercati del Medio Oriente una salsa rosa in bottiglia unendo semplicemente ketchup e maionese. Il prodotto spopolava sul mercato al punto da porre la compagnia davanti a un dilemma: proporlo anche negli anche negli Stati Uniti?

Un’idea semplice ripresa dal passato, che ha però innescato una discussione gastronomica proprio sull’origine di quella che era già una salsa consumata in altri paesi ed ampiamente utilizzata in diverse cucine locali dell’America Latina e dell’Europa. Pur non essendo mancate le accuse alla multinazionale per una sorta di “appropriazione” di “salsa già esistente”, la dissertazione on line tra appassionati e cultori di gastronomia lascia non ben definita l’origine della salsa. 

Secondo i britannici (che la chiamano anche Marie Rose sauce mettendola in relazione con la leggendaria nave della flotta britannica), ad esempio, fu la cuoca “televisiva” inglese Fanny Cradock, negli anni Sessanta, a crearla aggiungendo il ketchup alla maionese per accompagnare i gamberetti che serviva “appesi” intorno al bicchiere da cocktail; da qui uno dei suoi appellativi più celebri: salsa cocktail

Un’altra ipotesi attribuisce l’invenzione della salsa rosa al medico argentino Luis Federico Leloir (premio Nobel per la chimica nel 1970 per aver scoperto le vie metaboliche attraverso le quali i carboidrati vengono sintetizzati e convertiti in energia nel corpo), che chiamò il condimento salsa golf perché fu dal lui stesso approntata proprio nel Plata Golf Club in cui l’argentino mangiava gamberetti con i suoi amici e decise, per renderli più appetitosi, di accompagnarli proprio con un mix di maionese e ketchup.

Negli stessi anni, nello stato dello Utah, si diffondeva una salsa simile chiamata fry sauce, servita dallo chef Don Carlos Edwards sugli hamburger insieme alle patatine fritte. Come sempre accade, non sono mancate altre rivendicazioni di paternità, ma la multinazionale ha messo tutti d’accordo affermando che “comunque la si chiami ketchup e maionese fanno una bella coppia”!

Per sintetizzare, la caratteristica principale della genealogia di questa salsa sta proprio nella semplicità: nella versione base, più nota e diffusa in tutto il mondo, la ricetta prevede solo ketchup e maionese. In realtà ne esistono tantissime versioni in giro per il mondo, perfette per accontentare gusti ed esigenze più varie.  Chiamatela dunque salsa rosa o, se preferite, salsa cocktail, salsa Marie Rose, salsa golf; rimane che questo condimento si caratterizza per un sapore tondo e avvolgente, un gusto inconfondibile, perfetto per accompagnare piatti di pesce, crostacei, antipasti, tramezzini, toast e panini; ideale anche come condimento della carne (si pensi ad esempio al filetto di manzo in salsa rosa)...ma sempre ponendo attenzione alle quantità!

Alcune delle versioni più diffuse della appetitosa salsa rosa?

  • In Italia, per esempio, si prepara con maionese, ketchup e cognac cui viene aggiunta della senape, un po' di salsa worcestershire; in qualche caso, possono essere presenti anche yogurt o panna fresca.
  • In Belgio la ricetta è pressocché identica con l’unica differenza nell’ingrediente alcolico che prevede il whisky (e non il cognac) e generalmente non vi è aggiunta di panna o yogurt.
  • Per i francesi è possibile utilizzare sia il cognac che il whisky ed è ammesso (cosa rara nella cucina d’oltralpe) il ketchup.
  • In Spagna alla ricetta italiana si aggiunge succo d'arancia e succo di limone e al posto del cognac si usano brandy iberici.
  • Nella versione britannica della Marie Rose sauce troviamo oltre alla maionese e al ketchup anche il pepe, il tabasco e ovviamente la salsa worcestershire con aggiunta di limone.
  • In Irlanda la salsa marie rose è preparata solo con ketchup, maionese sale e pepe e spesso appellata come salsa per hamburger.
  • La cosa si complica quando si attraversa l'Oceano Atlantico, negli Stati Uniti e in Canada la salsa cocktail viene di solito preparata senza maionese. C'è una ricetta del 1953 di un cookbook della Better Homes and Gardens (una prestigiosissima rivista americana) che prevede l'utilizzo di salsa piccante mischiata con la salsa al cren, succo di limone, Worcester, tabasco e cipolla grattugiata. 
  • Simile a quella rosa è anche l’americana Thousand Island sauce, popolare negli Stati Uniti e in Canada, originaria presumibilmente delle isole tra lo stato di New York e la provincia dell’Ontario. 
  • In molti luoghi in giro per il mondo la salsa rosa è anche chiamata salsa fritta proprio perchè servita con patatine o tostones, ed è preparata semplicemente con una parte di ketchup e due di maionese.
  • Tra le varianti più diffuse vi è ovviamente oggi anche la versione light (con maionese leggera e yogurt), quella vegan (con panna di soia e concentrato di pomodoro), quella senza alcol (perfetta anche per i bambini), e per gli allergici si trova anche la versione priva di uova. 

Photo made in AI

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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