La cucina greca è ricca di ingredienti in comune con quelli italiani: conosciamo quattro delle sue più famose salse facili da servire in tavola
Dai suoi ingredienti all’espediente dell’essicazione fino alla nascita di tanti formati e condimenti: ecco origini ed evoluzioni della pasta italiana
È indiscutibile che tra le varie arti che distinguono il nostro bel paese ci sia anche quella del far la pasta, la cui regolamentazione determina le sue caratteristiche merceologiche. L’attuale DPR in vigore fornisce una specifica in cui va a raggruppare la pasta alimentare in tre macrogruppi: quello delle paste secche (semola/semolato di grano duro con umidità max 12,5 %), le paste secche che contengono uova e le paste speciali. Segue la macroarea delle paste fresche (qui è ammessa come materia prima anche il grano tenero), senza ripieno e con ripieno.
Naturalmente, anche il processo tecnologico di produzione della pasta è ben determinato da fasi, che richiedono il controllo di parametri quali la temperatura e l’umidità, dal momento dell’impastamento fino all’estrusione (che sia in trafila di bronzo o teflon). La scelta delle materie prime, le tecniche di produzione, la maestria e l’abilità del pastaio vanno poi a determinare la qualità globale del prodotto finale. La storia della pasta è antica, e questo prodotto attraverso i secoli si è fatto spazio andando a conquistare un ruolo dominante, sulle tavole degli italiani e del mondo intero.
La sua filogenesi si può ricostruire attraverso fonti storiche e ricettari che tracciano quelle che potremmo definire le tappe peculiari dell’evoluzione del concetto di pasta. Già gli antichi romani erano soliti preparare un impasto di acqua e farina, stenderlo e ritagliarlo in sfoglie, chiamate lagane, che poi cuocevano nei forni con aggiunta di acqua o condimenti che fungevano da “brodi” di cottura atti anche ad insaporire la preparazione (come vedremo, solo dal Medioevo si diffonde la consuetudine di bollire la pasta).
Pare che gli Arabi, per le esigenze di lunghi spostamenti attraverso il deserto, abbiano escogitato la tecnica dell’essicazione: nei loro ricettari la pasta secca compare già nel IX secolo. Probabilmente è proprio grazie alla dominazione araba che inizia la produzione di pasta secca in località Trabia, vicino Palermo, da cui si esportava poi verso la Calabria e gli altri paesi musulmani e cristiani.
Gli Arabi diffondono essenzialmente le paste lunghe, e durante il Medioevo le città marinare con i loro commerci favoriscono la diffusione della pasta nella penisola, il consumo domestico si espande dalle città alle campagne, così come i formati iniziano a moltiplicarsi (peculiarità del nostro territorio). Nel XII secolo i mercanti genovesi diventano il tramite di diffusione della pasta siciliana al nord, e al tempo stesso la Liguria diventa un’altra regione di riferimento per la produzione. Nel ‘400 anche la Puglia diventa una zona di produzione della pasta molto importante; l’area padana e lombardo-veneta rimane invece legata all’uso della pasta fresca.
Attraverso ricettari come il Liber de coquina (di autore anonimo) apprendiamo che nel ‘300 erano in uso una sorta di lasagne, che venivano bollite e condite in strati alternati con cacio e spezie, e che più n generale la pasta si considerava un contorno tra le numerose pietanze dei banchetti aristocratici, mentre nella cucina popolare era una pietanza che doveva bastare a se stessa (ed era perfettamente saziante).
E il condimento? La prima ricetta di salsa di pomodoro alla spagnola risale al 1692, epoca in cui s’inizia anche a cuocere la pasta “al dente” e non a scuocerla come era d’usanza nei secoli precedenti. La pasta entra così ufficialmente a far parte dell’universo dei cibi salati, perché nei secoli precedenti si usava cuocerla nel latte o nel brodo di cappone per poi friggerla e cospargerla di miele, spezie e zucchero, non identificandola dunque propriamente come piatto salato.
Attraverso le ricette dei grandi maestri di cucina della storia - i quali essenzialmente riflettono l’opulenza delle tavole signorili del loro tempo riusciamo a comprendere come il ruolo delle paste a tavola non fosse inizialmente considerato centrale, ma una possibile aggiunta (utilizzata per l’appunto come contorno) dall’essenza secondaria rispetto a portate in cui il tripudio di alimenti rari e costosi dava molto più lustro e modo di fare sfoggio delle proprie ricchezze davanti ai presenti rispetto ad un semplice piatto di pasta. Nel ‘600 a Napoli, per riflesso della crisi economica, delle tasse imposte dal governo spagnolo e della difficoltà di approvvigionamento dei grani per la panificazione, s’impone la necessità di consumare un cibo saziante, popolare, semplice e conservabile, ed ecco che la pasta assume il ruolo di regina democratica degli appetiti.
Grazie all’introduzione del torchio meccanico e della gramola, l’industria riesce a produrre pasta a prezzi più convenienti, e ciò aiuta ancor più la sua scalata verso la definizione di “primo piatto”. Risale al 1571 lo statuto più antico, riguardante la corporazione dei Vermicellari di Napoli, e al 1574 lo statuto dell’arte dei Fidelari di Genova, alle quali si affiancheranno nei secoli a venire le corporazioni dei pastai di Savona, di Roma, di Palermo, di Cagliari.
L’evoluzione è in atto: si inizieranno a condurre studi sulle varietà di grano e sulle farine, a scrivere ricettari dedicati, a servirla nei ristoranti, ad aprire aziende che ancora oggi fanno parte della storia e del brand made in Italy sul panorama internazionale. Il percorso compiuto dalla pasta nella storia è quello delle nostre radici sociali e culturali. Oggi un consumatore attento può contare su un’etichetta che racconta gli ingredienti e la loro origine, a partire naturalmente dal grano: alcuni marchi commerciali riportano oggi la dicitura “100% grano italiano” che garantisce la provenienza della materia prima al consumatore.
Ma ogni pasta è fatta anche di diverse tecniche e modalità di essiccazione, diverso grado di rilascio o meno dell’amido in cottura, diversa aromaticità anche in base alle temperature di trattamento tecnologico, diversa tenuta alla cottura… non resta che cimentarsi nel provarle tutte per trovare ciascuno la propria preferita.
Photo made in AI
Scritto da Francesca Di Giammarco
Buongustaia di nascita, gastroamatrice per indole, la sua curiosità per le materie prime, le preparazioni e il mondo del food la fanno approdare a scienze e culture enogastronomiche all'Università di Roma Tre. Da qui in poi, il "menù" delle sue esperienze è sempre in nuova e appassionante costruzione.
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