Ben due terzi dei legumi consumati nel nostro paese è di origine estera
Un vino nobile... ricavato da uve ammuffite: viene dalla Francia ed è tra i più conosciuti al mondo. Scopriamone storia e abbinamenti
Nel mondo enologico tanti sono i termini che rimandano a uno dei paesi più importanti al mondo per la produzione di uva e di vino, entrambi di grande qualità: la Francia. Infatti parole come: champagne, terroir, tonneau, barrique, cru, vigneron, bouquet, rosé, cuvée, perlage, chardonnay, sauvignon, blanc de blanc, blanc de noir e tante altre, dimostrative dell’importanza della Francia nel comparto viticolo ed enologico.
Riconosciuto a denominazione controllata già nel 1936 (Décret du 30 septembre 1936, "Aire De Production Des Vins D'Apellation Controlée "Sauternes"), quando ancora la Comunità Europea non esisteva, il vino bianco dolce Sauternes AOC (Appellation d’Origine Controlée corrispondente alla nostra DOC), per gli esperti “migliore vino dolce al mondo”, viene prodotto nella provincia di Bordeaux, terra attraversata dai fiumi Garonna e Dordogna, che si uniscono a nord formando l’estuario della Garonna. Si tratta di una zona da sempre rinomata per la produzione di uve e vini, con una storia viticola ed enologica iniziata con la dominazione dei Roman, per i quali Bordeaux era Burdigala.
L’ area, nella quale nascono attualmente ben 54 vini DOC (AOC in francese,), è ricca di chateâux, cioè di aziende produttrici di vino, caratteristiche perché in esse è sempre presente una costruzione tipo castello, un locale per la vinificazione e uno per l’invecchiamento e l’affinamento dei vini, dei quali in media uno château produce da 1 a 3 tipologie, dei quali il più rinomato è detto “gran vin”. La produzione enologica era tanto abbondante che, pur essendo vini di qualità superiore riconosciuta da tutti, i prezzi di vendita oscillavano troppo nelle annate e tra le annate, per cui si intuì che bisognava mettere ordine nel settore in modo da garantire il reddito dei tanti chateâux.
Come già anticipato, già nel 1855 si procedette alla classificazione degli chateâux produttori dei vini del Medoc e del Sauternes, aggiornandola nel 1953 e 1955, in considerazione dei cambiamenti del dopoguerra.
La classificazione degli chateâux nel Sauternes si basa sulla qualità dei vini prodotti, redigendo una lista di merito basata sul termine “crus” con il quale si indica un vigneto ben preciso (o una sua parte) al quale è riconosciuto un pregio particolare rispetto agli altri per una superiore qualità delle uve e di vini ottenuti. La classificazione attuale comprende: Crus Classés del 1855 (con 5 livelli interni), Crus Bourgeois del 1932 (con 3 livelli interni) e Crus Artisans del 1989, ognuno con un certo numero di chateâux, aggiornato periodicamente in aumento o in diminuzione. Analogamente al Sauternes e Medoc, anche le altre zone viticole del bordolese hanno proceduto alla classificazione dei loro chateâux.
Nel Sauternes sono circa 2.000 gli ettari di vigneti per il famoso vino, grazie certamente anche al microclima (per la presenza dei fiumi Garonna e il suo affluente Ciron, oltre che alla foresta delle Landes) con ben 91 giorni di nebbia, inverni più freddi ed estati più calde rispetto al resto del bordolese, elementi base dello sviluppo della famoso marciume nobile sui grappoli, dovuto alla presenza su di essi del micromicete Botrytis cinerea (detta muffa grigia o marciume grigio, quando è invasiva in profondità e parassitizza il frutto distruggendolo).
Ma cosa accade veramente? La botrite sviluppandosi non pienamente nel tessuto vegetale ma, come si dice, in forma larvata (al contrario di quando aggredisce e distrugge l’acino), rende porosa la buccia dell’acino, a cui segue perdita di acqua e concentrazione di tutte le sostanze del succo, di cui si nutre, ivi compresi acidi e zuccheri, i quali vengono trasformati in glicerina, con un calo in peso del 40–60%, fatto che rende quasi inguardabili i grappoli ammuffiti, anche se nobilmente! Ma questa è la strada obbligata per ottenere il famoso vino bianco passito e tanto dolce e rotondo in bocca, grazie alla ricchezza di zucchero (anche 125 g/l per un Sauternes Chateau d’Yquem) e glicerina.
Questo microclima, però, non è uguale ogni anno, per cui innanzitutto non è detto che il fungo si sviluppi nella forma larvata, come non è detto che durante la raccolta (manuale e ripetuta) non si verifichino piogge, freddo, vento: bastano queste semplici considerazioni per spiegare il prezzo elevato di questo vino, considerate anche le limitate quantità prodotte per il rigido Disciplinare di Produzione.
Per la pedologia e geologia nel territorio interessato si distinguono: la bassa e piana regione di Barsac sulla riva sinistra del Ciron; la regione di Sauternes sulla sponda destra, caratterizzata da stratificazioni in terrazze: la terrazza alta (terreni ghiaiosi, a 70–80 metri s.l.m.), la terrazza media (terreni meno ricchi di argilla, a 40 – 60 m slm, la terrazza bassa (a 15 – 30 m slm), caratterizzate da uno sviluppo della vite meno rigoglioso dall’alta alla bassa. Il Disciplinare di Produzione prevede che vendemmia, vinificazione, elaborazione e invecchiamento dei vini hanno luogo nel territorio dei seguenti comuni del dipartimento della Gironda: Barsac, Bommes, Fargues, Preignac e Sauternes.
Il Disciplinare stabilisce, inoltre, che i vitigni bianchi autorizzati per il vino Sauternes sono: Semillon (max 75%), Sauvignon blanc - Sauvignon gris (insieme max 20%), Muscadelle (5%), allevati ad alberello con 2 – 5 bracci (i francesi dicono “a ventaglio”) oppure a guyot ma solo per Semillon e i due Sauvignon, con poche gemme franche per braccio (2 gemme per sperone, quindi 8 – 10 gemme per pianta, da ogni gemma 1 – 2 grappoli di uva), con densità minima di 6.500 ceppi/ha, con minimo 80 cm sulla fila, e massimo m 1,9 tra le file; il tutto per favorire lo sviluppo del marciume nobile, cioè la forma larvata e non distruttiva del fungo, tenuto sotto controllo sia con pratiche colturali che trattamenti fitosanitari (ridotti e registrati).
Il Semillon è poco aromatico, poco acido, conferisce a morbidezza al vino (dovuta ai polialcoli, tra cui la glicerina), oltre agli aromi terziari (da invecchiamento e affinamento) di miele e cera; i due Sauvignon aggiungono aromi freschi (da fermentazione, come per esempio di pompelmo e tiglio); il Muscadelle, dall’odore di moscato anche se non fa parte dei moscati, migliora la complessità del vino, cioè la sua ricchezza di aromi, sapori, retrogusti (post deglutizione);
La raccolta delle uve deve essere manuale, ripetuta più volte per raccogliere i grappoli effettivamente ricchi di marciume nobile e sovramature; i grappoli non utili per il Sauternes dolce, se sani daranno vita al Sauternes secco, che ogni château indica con la lettera iniziale del suo nome, tipo Y per lo Château Yquem). La resa massima in vino è di 28 hl/ha, corrispondenti a circa 42 q/ha di uva, ma le rese medie sono più basse considerata la variabile muffa nobile, oscillandoo tra 25–15 hl/ha corrispondenti a 30–23 q/ha di uva, tutto al fine di garantire la superiore qualità dei Sauternes. Il diserbo chimico viene espressamente vietato nel Disciplinari, e sono necessari tracciati dei trattamenti antiparassitari in campo;
Il titolo alcolometrico naturale del vino Sauternes (che dipende dalla sola uva) deve essere almeno di 15°. La vinificazione è veloce in quanto le uve vengono immediatamente portate in cantina. Qui subiscono diraspatura e pressatura soffice, in 4–5 cicli successivi, della durata massima di 45 minuti ciascuno. Segue l’aggiunta al mosto dei lieviti selezionati, la fermentazione primaria o tumultuosa (in acciaio o in botti nuove), lo sgrondo del vino (svinatura). Non si effettua la fermentazione malolattica (quella che trasforma l’acido malico duro al palato, in acido lattico, morbido e dolciastro in bocca) perché il contenuto di acido malico è già bassissimo, essendo le uve raccolte sovramature e botritizzate.
La fermentazione viene bloccata aggiungendo SO₂ (anidride solforosa) nel vino, dopo di che si passa all’affinamento in barriques o in vasca (12–18 mesi, ma si arriva anche a 15 20 anni per quelli eccellenti). La filtrazione del vino o con farina fossile (sabbia di diatomee” in quanto è una roccia che deriva dai sedimenti fossili di particolari alghe della famiglia delle diatomee), oppure con filtri a cartone se fatta al momento dell’imbottigliamento.
Il Sauternes finale, pronto per il commercio, è un vino bianco, fermo, con residuo zuccherino ≥ 45g/L e titolo alcolometrico volumico naturale (quello dell’uva da lavorare) ≥ 15° (corrispondente a un tenore di zucchero in uva pari al min. 25%, ma alla raccolta sono presenti anche 33%, cioè 330 g/l di mosto!). Il titolo alcolometrico totale (alcol svolto e alcol potenziale degli zuccheri residui non fermentati) di solito non superiore a 21°.
Come si può leggere nel Disciplinare di Produzione, modificato a fine 2021, “le caratteristiche del vino «Sauternes» sono dovute essenzialmente dovute alla botritizzazione delle uve, in cui la presenza di un fungo provoca trasformazioni biochimiche che producono dei composti olfattivi e gustativi specifici e una concentrazione di zuccheri negli acini. Da giovane, il vino è di colore dorato e sviluppa aromi floreali e fruttati; invecchiando, assume successivamente un colore ambrato sviluppando il bouquet «tostato» che lo caratterizza, fatto di potenti aromi di frutta candita, noce, uva sultanina, agrumi e miele e, spesso, di tostatura, con lunghissima persistenza aromatica. Al palato lascia una forte sensazione di grassezza e untuosità Si distingue per i suoi aromi molto fruttati e la sua vivacità, conseguenza del terreno calcareo che, spesso, si esprime anche in una struttura minerale, con grande potenza ed equilibrio”.
In altre parole: la grandezza del Sauternes risiede nel perfetto equilibrio tra dolcezza, alcool, acidità e ampiezza gustativa. Il migliore Sauternes è da sempre quello prodotto da Château d’Yquem (che con i suoi 86 m slm è la località più elevata dell’AOC Sauternes) che, ovviamente, è il più costoso al mondo (Premier Cru Supérieur Classé Sauternes); quelli degli altri Château, pur eccellenti, sono sempre un gradino inferiori, talvolta appena superiori a un normale vino dolce di qualità, ma nobilitati dal grande nome “Sauternes”, da cui un prezzo notevole, comunque.
Nell’area per la AOC Sauternes, alcuni vini dolci (non AOC) vengono prodotti con la crioconcentrazione (concentrazione degli estratti e zucchero con congelamento in apposite celle frigorifere), usando quei grappoli sovramaturi ma non/non sufficientemente botritizzati: si tratta di vini simili, ma inferiori, agli Icewine canadesi e californiani.
Essendo dolce, il Sauternes deve essere servito a temperatura di 10–12°C, in calici piccoli, con imboccatura stretta (per meglio conservare gli aromi, favorire l’afflusso al naso perché essi sono molto delicati e si disperderebbero velocemente se l’imboccatura del calice fosse ampia, oltre che fare piccoli sorsi) e di capacità ridotta, perché di tali vini si bevono piccole quantità (essendo molto alcolici) e per non sconfinare nella stucchevolezza (si serve freddo perché viene attenuato il sapore dolce, eccessivo). Ideali quelli piccoli a tulipano.
Il Sauternes è classificato come vino da meditazione/conversazione, ma è ottimo sia come aperitivo, sia abbinato a: fois gras, cacciagione in terrina, formaggi erborinati, formaggi piccanti, formaggi molto stagionati, formaggi cremosi dolci, dessert di frutta non troppo zuccherini (magari con tocco di gelato), carni bianche, piatti esotici tipo gamberi caramellati, e ancora altri piatti speziati. Gli esperti consigliano di non preferire i Sauternes dell’annata ma quelli un più invecchiati/affinati (ricordo che il primo avviene in legno, il secondo in bottiglia o altri contenitori idonei).
Note bibliografiche
AA.VV., Enologia e viticoltura, Ed. AIS
AA.VV., L’universo del vino, Ed. Enosis
AA.VV., I vini del mondo, Ed. Gribaudo
A. Dominé, Vino, Ed. Gribaudo/Kolemann
L. Veronelli, Bere giusto, BUR Rizzoli
Photo via Canva
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