Ti amo? Ditelo con un maritozzo!

Potremmo definirlo l'ottavo re di Roma, poiché il maritozzo è il dolce simbolo della città eterna, perfetto per festeggiare San Valentino

Ti amo? Ditelo con un maritozzo!

Acqua, farina, lievito, zucchero, latte, uova e burro: sono gli ingredienti semplici di una ricetta antica e golosa per un panino soffice, spaccato a metà e riempito di panna montata capace di entusiasmare il palato di golosi, poeti e artisti. Il maritozzo!

Le origini del dolce da forno più antico ed emblematico della tradizione romana risalgono al XVII secolo: ve ne sono tracce in varie commedie secentesche che ne attestano il significato e ne delineano le caratteristiche della forma. Interessanti anche le motivazioni che si ricavano circa l’etimologia della parola come derivato del termine marito con l’aggiunta del suffisso -ozzo. Due sono a parere degli studiosi le possibili origini: la prima lega la parola marito alla consuetudine di offrire dolci da parte di fidanzati e amanti alle fidanzate e future mogli nei venerdì di marzo o durante le feste di nozze. La seconda, invece, per sineddoche, vede la parola maritozzo come uno dei numerosi esempi di nome di pane o dolce legato ad un significato a sfondo sessuale, con un richiamo diretto alla forma fallica (nel XIX secolo il poeta Gioacchino Belli inserisce nel famoso sonetto “Era padre de li santi” il termine “mmaritozzo” tra i vari sinonimi dell’organo maschile in uso a Roma nella lingua popolare).

Già nell’antica Roma, qualcosa di simile al maritozzo pare fosse consumato come una grossa pagnotta di pasta a base di farina, uova e miele preparata per i braccianti e i pastori che avevano bisogno di portare con sé cibo per l’intera giornata; successivamente, in epoca medievale, il maritozzo, chiamato “er santo maritozzo” o “quaresimale” era nientemeno che l’unico dolce che fosse consentito consumare durate il digiuno quaresimale, preparato addirittura con l’aggiunta di pinoli, canditi, uvetta e cotto più a lungo fino ad assumere una colorazione dorata scura. Lo cita anche il poeta Gioacchino Belli che nel 1833 lo celebra nel sonetto La Quaresima, dove spiega che per il popolo romano il vero cristiano è colui che durante la Quaresima mangia i maritozzi.

Il Belli aggiunge anche una nota per spiegare che “i maritozzoli sono certi pani di forma romboidale, composti di farina, olio, zucchero e talvolta canditure o anaci o uve passe. Di questi si fa a Roma gran consumo in Quaresima, nel qual tempo di digiuno si veggono pei caffè mangiarne giorno e sera coloro che in pari ore nulla avrebbero mangiato in tutto il resto dell’anno”.

Oggi, il termine maritozzo è passato dall’appartenere all’idioma tipico della cucina romana a patrimonio della lingua italiana, passando così dal dialetto alla lingua ufficiale della cultura gastronomica internazionale, continuando però ad essere riconosciuto come istituzione della pasticceria romana, tanto da essere definito “l’ottavo re di Roma”. Oltre i confini regionali laziali, la leggenda lega il tipico lievitato alla festa degli innamorati, rendendo a pieno titolo il maritozzo con la panna il dolce auspicio della vita a due, da gustare e condividere, nel giorno dedicato all’amore, con il proprio innamorato e promesso sposo. 

La tradizione romantica narra che proprio nel giorno di San Valentino (che in passato ricorreva il primo venerdì di marzo), i giovani in cerca di moglie regalavano alle ragazze in età da marito il tradizionale panino soffice, a base di farina uova burro e zucchero, tagliato nel senso longitudinale e farcito con la panna montata fresca. Il dono, offerto per chiederle in spose, nascondeva, nella farcia o nell’impasto, un anello da cercare morso dopo morso. Con alcune variazioni rispetto alla ricetta originale, è possibile trovare oggi il maritozzo anche in altre regioni d’Italia, anche rivisitato nell’impasto o nella farcitura, finanche in versione glassata. 

Tra queste c’è il maritozzo marchigiano dalla forma più allungata e l’aggiunta di uvetta, consumato soprattutto in autunno e accompagnato da vin brulè e castagne. In Sicilia e Puglia invece il panino ha la forma di una treccia ricoperta di zucchero. L’impasto morbido e soffice del maritozzo, che sia proposto nella sua versione più classica o nelle varianti di gusti più amate nelle pasticcerie dei nostri tempi, è sempre una gioia per il palato e ancor di più lo è se condivisa, come tradizione vuole, con il proprio amato nel giorno dell’amore. 

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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