I fagioli bianchi DOP di Rotonda

Non uno solo, ma ben due varietà che afferiscono al medesimo riconoscimento DOP: ecco tutto il buono da scoprire dei fagioli di Rotonda

I fagioli bianchi DOP di Rotonda

Ormai la conoscete già, perché ve l'abbiamo raccontata diverse volte: parliamo di Rotonda, splendido borgo (appena 3.200 abitanti) arroccato sulle alture lucane (580 m s.l.m.) in provincia di Potenza, che colpisce non solo per l’ambiente naturale che la circonda con le sue bellezze (è sede del Parco Nazionale del Pollino), per la quiete e la pace che vi si respira e per la sensazione di benessere interiore che suscita, ma anche per lo spirito imprenditoriale multisettoriale sviluppatosi in questi ultimi anni di recente (ad esempio con la nascita di un albergo diffuso nel bellissimo centro storico) e per due prodotti della terra che hanno qui ottenuto il riconoscimento della DOP (Denominazione di origine Protetta) da parte della UE e dello Stato Italiano: parliamo della famosa Melanzana Rossa di Rotonda e dei Fagioli Bianchi di Rotonda

Certamente a questi due prodotti di eccellenza se ne affiancano tanti altri regionali tra PAT, DOP e IGP che concernono formaggi, prodotti da forno, vegetali carni, salumi, vini (si pensi al famoso "Barolo del Sud”, cioè l’Aglianico del Vulture), .Della Melanzana Rossa di Rotonda DOP vi abbiamo già parlato in un precedente articolo, per cui oggi vi intratterremo brevemente sui Fagioli Bianchi DOP di Rotonda, ossia quello bianco e il tondino o poverello. Inseriti nel 2004 tra i PAT della Basilicata, questi due fagioli hanno ottenuto dalla UE nel 2011 il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta (DOP), con Disciplinare di Produzione approvato con Reg. UE 240 del 11/03/2011, pubblicato su GUUE serie L del 12/03/2011, e successiva creazione di Consorzio di Tutela e Organismo di Controllo (CCCIAA di Potenza). 

Si tratta di due ecotipi locali della specie classica del fagiolo, cioè del Phaseolus vulgaris, definito carne dei poveri per la sua indiscussa e caratteristica ricchezza di proteine, bistrattato negli anni della nouvelle cuisine, ma mai dimenticato dalle classi meno abbienti italiane e mondiali, oggi cibo riscoperto, tipico della dieta mediterranea dopo le scoperte di Colombo: anche se non "antico" in senso stretto (a differenza di lenticchie, fave, piselli, ceci e cicerchie già presenti nel mediterraneo romano e ante romano) il fagiolo fu importato in Europa dagli spagnoli dopo il 1492 con la scoperta dell’America. 

Della coltivazione e delle caratteristiche di questi due fagioli, nonché della ricchezza di acqua dell’area, del clima dolce e mite, della laboriosità e ingegno dei coltivatori, si trovano citazioni in scritti di vario genere degli anni 1826, 1852, 1853, fino anche al 1860 da parte di Garibaldi che, come si legge nel Disciplinare, “di ritorno dalla Sicilia si fermò a Rotonda per dormire e mangiare, gustò i fagioli bianchi, ne apprezzò le qualità e decise di portarsene una piccola quantità da seminare nella sua Caprera”. 

La zona di produzione è piuttosto ristretta, dato che comprende solo quattro comuni: Rotonda, Viggianello, Castelluccio Superiore e Castelluccio Inferiore, tutti in provincia di Potenza e ricompresi nel versante lucano del comprensorio irriguo “Valle del Fiume Mercure”. Il Disciplinare stabilisce che i due fagioli possano essere commercializzati sia come baccelli cerosi che come semi (cioè granella secca, quindi fagioli), ma solo se appartengono alle categorie “Extra” e “Prima”. Sono, inoltre, fissate le caratteristiche tecnico–agricole della coltivazione dei due tipi di fagioli bianchi: preparazione del terreno, semina (epoca 20/4 – 10/7 di ogni anno, sesto delle piante tale da avere a massimo 110.000 piantine/ha, effettuazione a mano o  macchina; i semi devono provenire solo dai comuni del disciplinare, devono essere posti a 3-5 cm di profondità, usandone al max 100 kg/ha). In buona sostanza, questa tecnica di coltivazione impedisce il ristagno di umidità tra le piante giustamente distanziate e allevate, evitando in tal modo l’imbrunimento e le macchie sul baccello bianco molto delicato.

Il Disciplinare fissa anche i metodi di irrigazione (scorrimento, goccia, microirrigazione), il tipo di sostegno della pianta dato che è rampicante (legno o rete), la concimazione (obbligo di sovescio e uso prefissato di quelli chimici per azoto, fosforo e potassio), i prodotti d'uso consentito per la difesa dai parassiti (vietato il diserbo chimico, autorizzati solo gli agrofarmaci ammessi per l’agricoltura integrata), e ancora i parametri per la raccolta (per il prodotto in baccelli cerosi: 1/8 – 30/10 di ogni anno, fatta a mano, con uso di contenitori di legno o plastica, produzione massima 130 q/ha; la granella secca deve essere raccolta dal 15/9 al 30/11 di ogni anno con le stesse modalità dei baccelli, produzione massima di 25 q/ha). 

L’essiccazione dei baccelli deve avvenire sulla pianta: dopo la raccolta si pongono su aie o in appositi locali per far progredire la perdita di umidità, che sarà al max del 60% per i baccelli da vendere, e del 10% per i semi sbaccellati e secchi. Dopo tale fase i baccelli secchi staccati dalle piante vengono posti in sacchi di iuta, i quali poi saranno battuti con pali di legno di castagno, in modo da farli aprire. I fagioli secchi così ottenuti vengono conservati in cassette, per alcuni giorni tenuti all’aria aperta, successivamente posti in celle frigo, per poi confezionarli.

I due fagioli DOP di Rotonda presentano un baccello di colore bianco tendente al giallo chiaro/avorio, con semi ovali/tondi, più piccoli dei comuni canellini, completamente bianchi. Le caratteristiche del seme sopraesposte (simili a quelle di altri ecotipi, come quello laziale del Fagiolo del Purgatorio di Gradoli) fanno propendere gli studiosi per un’origine mesoamericana dei due ecotipi, laddove il termine "mesoamericano" (utilizzato per la prima volta da P. Kirchhoff) si riferisce alla vasta area geografica in cui vivevano i popoli delle civiltà precolombiane (Maya, Aztechi, Toltechi), quindi Messico, Guatemala, Belize, Honduras, Guatemala, El Salvador.

Le caratteristiche preziose e tanto apprezzate di questi due fagioli rinvengono dai particolari terreni presenti nell’area (di origine lacustre, ricchi di sostanza organica, azoto e zolfo, quindi molto fertili),  grazie ai quali il tenore in proteine della granella secca è superiore a quella del comune fagiolo (in quelli secchi minimo 24% della s.s., contro il 16,7% medio degli altri tipi; in quelli freschi (detti anche vaiane o fagioli verdi) minimo il 9% con il 6,5 degli altri fagioli), la buccia è più sottile perché i terreni sono poveri di calcare, tanto da non doversi necessariamente ricorrere all’ammollo dei semi in acqua (soprattutto entro 2-3 mesi dalla commercializzazione allo stato secco) e, nello stesso tempo richiedere un minore tempo di cottura per la presenza di fibre meno tenaci e amido con struttura meno complessa.

La buccia, inoltre, si presenta integralmente bianca, priva di screziature colorate e, di conseguenza, non colora l’acqua di cottura, la quale diventa lievemente torbida ma restando sempre biancastra, con indubbi riflessi positivi sulle preparazioni di cucina. La sottigliezza della buccia rende questi fagioli molto più digeribili degli altri e tali da non determinare i classici problemi di meteorismo. 

Come si legge ancora nel Disciplinare, sono tanti i piatti della cucina locale preparati con questi due fagioli, come scarola e fagioli bianchi, cavoli e fagioli bianchi, patate e fagioli, fagioli e cotica di maiale, pasta fatta in casa (es. lagane) con fagioli, senza trascurare zuppe e minestre, o ancora il baccalà. Concludiamo con una curiosità: la tradizione vuole che la semina si faccia nei primi 13 giorni di Giugno per onorare S. Antonio, il quale certamente farà sì che il raccolto sia abbondante e di qualità; molti affezionati alla tradizione cuociono questi fagioli (secchi e ben lavati) mettendoli direttamente in pentola con acqua, portando a bollore, riducendo la fiamma per circa 10 minuti e poi spegnendo e lasciando riposare i fagioli per circa un’ora.

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Photo by Redazione Prodigus

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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