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Il bianco crostaceo mediterraneo che promette emozioni in tavola: ecco cosa sono le canocchie e come onorarle al meglio in cucina
Il nome scientifico di questo animaletto marino anticipa già ciò con cui avremo a che fare: Squilla mantis è il nome binomiale ideato da Linneo, nome che trae dal latino la sua origine. Infatti Squilla in latino vuol dire piccolo crostaceo, mentre mantis rimanda alla mantide (sia la specie Mantis religiosa che la Hymenopus coronatus o mantide orchidea) in quanto, come questo insetto, anche la canocchia ha un atteggiamento che ricorda quello di un “indovino o di un profeta” assorto nei suoi pensieri (dal gr. μάντις latino màntis cioè «indovino, profeta»), per la posizione delle zampe anteriori che sembrano “ in preghiera”.
Genericamente chiamata canocchia, pannocchia, panocchia o spannocchia - erroneamente chiamata anche cicala di mare - si tratta di un crostaceo apprezzato sia in tutto il nostro Paese che all’estero, caratteristica che spiega i diversi nomi assunti nelle regioni e oltre confine: stracciavoc in Abruzzo, scrificio in Campania, balestrin in Liguria, nochia nelle Marche, caraviedde in Puglia, cambara de fangu in Sardegna, schirifizu in Sicilia, canocia in Veneto, scarrabocca in Lazio, cicala in Toscana. All’estero il nome viene declinato a seconda del Paese: galera per gli spagnoli, zagaia per i portoghesi, zavogarida per i greci, squille per i francesi, spottail mantis per gli inglesi, scuillid mhaintise in gaelico per gli irlandesi, Heuschreckenkrebs per i tedeschi.
Sul termine “cicala” ovunque diffuso per indicare la canocchia, bisogna dire che è errato in quanto la cicala è una specie animale diversa dalla Squilla mantis (Scyllarus arctus o magnosella), crostaceo anch’esso, ma dall’aspetto decisamente diverso sia per struttura che colore (quindi simile ma non uguale: più piccola, di colore bruno con macchie gialle, non adatta al nuoto), anch’essa commestibile e apprezzata.
Dal punto di vista sistematico si tratta di un artropode (cioè dotato di zampe articolate), crostaceo (dal lat. scientifico Crustacea, derivato dal latino crusta, cioè “crosta”, certamente per il rumore originato dalla rottura del rivestimento quando li si pulisce prima di cucinarli, oltre quando li si mangia), stomamapode (cioè con la bocca vicino ai piedi), con corpo allungato e schiacciato, diviso in capo, torace e addome (8 segmenti, o metameri, tra testa e coda), di cui i primi dotati di zampe. Quelle del secondo metamero sono trasformate in appendici raptatorie utili per le prede molli di cui si nutre, ma sono presenti anche antenne, setole, spine caudali.
La corazza o carapace viene cambiata diverse volte durante la vita dell’animale per adattarla alla crescita del corpo. La lunghezza del corpo può arrivare al massimo a 20-25 cm (in media 12–18 cm) con peso medio di 50 g (circa 20 canocchie in 1 kg). La posizione delle zampe raptatorie (come già accennato) è quella che rimanda alla mantide, solo che per questa esse sono chiuse anteriormente, mentre per la squilla sono aperte. Il nostro prelibato piccolo crostaceo vive a profondità marina compresa tra 10 e 200 m, su fondo sabbioso/fangoso (nel quale si nasconde in gallerie a doppia uscita), per uscire la notte in cerca di cibo e per riprodursi, preferibilmente alla foce di fiumi o laddove giungono le acque di canali d’acqua dolce.
L’esoscheletro o carapace (corazza) è rigido, salvo le articolazioni dove è flessibile, di colore chiaro con riflessi dorati, ma caratterizzato da due macchie ovali bruno – violaceo sulla coda o telson, le quali simulano due occhi con evidenti intenti difensivi verso i predatori, in modo che in caso di attacco venga colpita la parte più resistente del proprio corpo, la quale peraltro è dotata di spine e protuberanze denticolate molto appuntite e capaci di ferire (specialmente durante la pulizia in cucina). I sessi sono distinti e le femmine si distinguono difficilmente dai maschi salvo che per la presenza sull’addome di una massa gelatinosa arancione (detta corallo), che in realtà è l’insieme delle uova (che vengono fecondate dal maschio all’esterno del corpo femminile e restano attaccate all’addome fino alla nascita delle larve), la cui deposizione avviene in primavera, arricchendo lo zooplancton delle larve appena nate, destinate almeno in parte alla metamorfosi che dura fino a 3 mesi (primo stadio detto nauplio, secondo stadio detto zoea). Ulteriore elemento distintivo ma non decisivo dei maschi è la presenza di due appendici filamentose situate alla base del terzo paio di “zampette”. In prossimità della schiusa mamma canocchia rimesta continuamente la massa gelatinosa che contiene le uova, in modo da ossigenarle al massimo.
La canocchia possiede occhi molto sviluppati, inseriti su peduncoli in modo da essere sopraelevati rispetto al corpo e al fondale e ottenere in tal modo un visione binoculare. Sono occhi molto perfezionati in quanto capaci di muoversi indipendentemente uno dall’altro, ma ancor più perché dotati di 12 fotoricettori diversi capaci di riconoscere diverse sfumature dello stesso colore. Tutto ciò con lo scopo di poter riconoscere immediatamente i colori per distinguere un pericolo, oltre che le prede di cui nutrirsi.
La canocchia nel mare sembra veleggiare, ma all’occorrenza sa muoversi velocemente (velocità fino a 23 m/s), specialmente per predare le preferite lumache di mare, ma anche altri crostacei e pesciolini vanno bene. È un animale voracissimo che sfrutta benissimo gli occhi perfetti che possiede, e dei quali non vi è altro esempio nel mondo animale: raggiunta la preda il suo corpo scatta come una molla e le sue pseudo chele sferrano colpi alla velocità di un proiettile.
La pesca della conocchia interessa viene praticata tutto l’anno nel Mediterraneo (specialmente nel Tirreno e nell’Adriatico), nel mar Nero, presso le coste africane centro – orientali e sud – orientali, quindi dalle isole Britanniche all’Angola e in tutto l’Atlantico orientale; viene praticata con rete a strascico e rete da posta, oltre che con piccole nasse in cui l’esca è rappresentata da pesciolini. Le canocchie si pescano meglio di notte e dopo il cattivo tempo; quelle più gustose e di peso rilevante si pescano però in autunno (il periodo migliore va da ottobre a marzo), quando i soggetti di entrambi i sessi si preparano per la riproduzione che avverrà di lì a poco.
Un accorgimento importante quando si comprano delle canocchie è quello di acquistarle vive, senza macchie gialle sulla corazza, consistenti al tatto in quanto non disidratate, umide, con odore di mare ben avvertibile, assenza di odori ammoniacali, con corazza integra e non rotta perché si disidratano facilmente. Una volta acquistate si consiglia di consumarle quasi subito perché sono delicate e facili a deteriorarsi, per gustare al massimo il loro sapore e deliziarsi anche del profumo di mare che conferiscono alle pietanze in cui le inseriremo. Se necessario si possono porre in frigo dopo averle custodite in sacchetti per alimenti, tenendole al massimo per una sola giornata nella parte più fredda del frigo; al limite si possono anche surgelare consumandole al massimo dopo 3 mesi.
La composizione in nutrienti nella canocchia rispecchia quella di altri crostacei simili: in 100 grammi di polpa sono presenti 13,6 g di proteine, 0,6 g di grassi, 2,3 g di carboidrati, purtroppo 150 mg di colesterolo, con apporto calorico di appena 70 kcal grazie ai pochi grassi presenti. Essendo un alimento marino apporta anche iodio, ferro, potassio, zinco e fosforo, vitamine A, B₁, B₂, B₅, B₆, B₁₂, PP e D, oltre agli acidi grassi polinsaturi omega 3. Per le caratteristiche esposte, la canocchia si rivela utile nelle diete ipocaloriche, ma da limitare per chi soffre di ipercolesterolemia. La digeribilità è decisamente facile visti i nutrienti contenuti.
In cucina le canocchie sono preparate sia per consumo a crudo che cotte, sono apprezzate per la preparazione di zuppe di mare (come il caciucco livornese, o per la famosa ricetta “alla viareggina” in cui si usa anche lo zenzero, o alla catalana), oppure lessate al vapore e condite con prezzemolo, olio evo, limone e pepe, miste ad altri molluschi marini per la preparazione di paste di vari formati, specialmente spaghetti e linguine (nel qual caso vanno pulite e fatte a tocchetti senza però devastarle, usando perciò la punta di un coltello ben affilato), in padella, in risotti, gratinate, sgusciate e cotte servite su pane tostato, immancabili in tanti sughi a base di pesci e altri prodotti marini. Le canocchie oltre che per le carni (purtroppo esigue in un soggetto singolo) sono apprezzate per sapore e profumo conferiti, entrambi molto intensi.
Testa, coda e carapace derivati dalla pulitura della canocchia possono essere usati per preparare salse, brodi, creme. Della canocchia possono essere usate anche le uova:: alcuni le usano a crudo per ottenere una salsina, altri le fanno cuocere per un tempo brevissimo affinché non diventino eccessivamente dure.
Note bibliografiche
P. Manzoni, Grande enciclopedia illustrata dei crostacei, dei molluschi e dei ricci di mare, Ed. EUROFISHMARKET
V. Varese, La nuova cucina di mare, Ed. ITALIANGOURMET
Fidanza – Liguori, Nutrizione umana, Ed. IDELSON
AA.VV., La Terra dell’Ulivo, ADDA Editore
Photo by Sara Albano
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