L’invenzione americana per i supermercati, per non correre più il rischio di essere investiti da un carrello pieno di spesa
Cos’hanno in comune Vastedda, Tosone e Schiz? Prendono vita da residui della lavorazione del latte, dimostrandosi sostenibili e anche ottimi
I formaggi sono tutti golosi e stuzzicanti, ma cosa li rende differenti gli uni dagli altri? Tipo di latte impiegato, contenuto in grassi, consistenza della pasta, grado e modalità di stagionatura, tecnologia di lavorazione utilizzata e temperatura della cagliata: sono questi i principali tratti distintivi dei formaggi, ciò che li rende tutti diversi e ciascuno con un gusto assolutamente unico.
Ma nel mondo dei formaggi non abbiamo solo primi attori, ovvero formaggi nati dalla prima lavorazione del latte: vi sorprenderà, infatti, scoprire che alcune prelibatezze tipiche della nostra cultura gastronomica (anche a marchio DOP) sono dei “prodotti caseari riciclati”, quasi come dire “di (ottima) seconda mano”!
Nel mondo alimentare non tutti gli scarti sono tali, nel senso che ciò che rimane, avanza o si elimina può, a pieno titolo, essere reimpiegato per dare vita a prodotti o preparazioni di indiscussa bontà! Si tratta di prodotti riciclati, ottenuti si dai residui di lavorazione ma capaci di riservare interessanti sorprese in termini di gusto e sapore.
La più comune delle categorie di “formaggi che derivano da altri formaggi” sono quelli a pasta filata, nati dalla necessità di recuperare il latte che arrivava nei caseifici con un grado di acidità elevato tale da non essere adatto alle tradizionali trasformazioni. Così avvenne la “scoperta” del trattamento della cagliata in acqua bollente, che rendeva la pasta morbida e modellabile, capace di essere tirata e filata dando vita a nuovi formaggi.
In Sicilia c'è la VASTEDDA DELLA VALLE DEL BELICE D.O.P. (unico formaggio a pasta filata di latte ovino e Presidio Slow Food) il cui nome trae origine proprio dal termine dialettale “vastati” cioè “andati a male” che si dava ai formaggi mal riusciti, guasti o acidi. Dalla lavorazione a caldo della cagliata si ottiene così un formaggio a pasta molle e filata, dal sapore poco marcato, fresco e privo di crosta, perfetto da consumare in abbinamento al classico pane cunzato siciliano.
Spostandoci verso nord, troviamo lo SCHIZ delle malghe bellunesi, un fantastico formaggio semigrasso, fresco e a pasta dura, ottenuto originariamente dai residui di cagliata che debordavano dalle fascere durante la fase di pressatura. Il FORMAI DEL CIT friulano si ottiene invece dalla mescola di avanzi e forme mal riuscite di formaggi Latteria e Montasio di stagionature varie, impastati con panna o latte, sale e pepe, fino ad ottenere un prodotto a pasta molle, grasso, fresco e spalmabile, conservato in vasi di pietra (i "cit", per l'appunto). E ancora, c’è il piemontese BRUSS, preparato aggiungendo ai formaggi avanzati (grattugiati o fatti a scaglie) un impasto di latte e spezie la cui fermentazione viene bloccata dall’aggiunta di un distillato, generalmente grappa, per ottenere un formaggio grasso, dal sapore forte e dalla consistenza morbida che lo rende perfetto per essere spalmato sul pane.
Indubbiamente più famoso, il TOSONE, strettamente legato alla produzione del Parmigiano Reggiano; si tratta delle rifilature a strisce delle forme “nuove” di Parmigiano, morbide e dall’inconfondibile profumo. Le strisce sono ottenute dalla cosiddetta “tosatura” del Parmigiano appena prodotto (con un particolare strumento manuale), ancora prima della fase di salatura, quando la forma necessita di essere accomodata per essere inserita nelle fascere che gli attribuiscono la forma tipica. Cugine del tosone sono le fettucce di TOSELLO (legate alla produzione di Grana Padano).Tradizionalmente le fettucce di formaggio fresco ed elastico erano regalate dai maestri casari soprattutto ai bambini che le consumavano per la merenda; oggi, per rispondere alle esigenze del mercato, si possono trovare anche in piccoli tranci, più comodi, da consumare panati e fritti, avvolti in fettine di pancetta con l’aggiunta di qualche goccia di aceto balsamico o fusi sulla griglia e accompagnati da pane casereccio.
Il fatto che si tratti di sottoprodotti caseari, ossia di formaggi ottenuti da altri formaggi, non compromette certo la loro bontà, né la possibilità di impiego per la preparazione di piatti tradizionali o rivisitati dalle tendenze più moderne della gastronomia. I formaggi "di recupero" sono un patrimonio della cultura casearia ed esprimono la capacità del mondo contadino di valorizzare da sempre ogni elemento di ciò che si produce dal lavoro e dall’amore per la propria terra, senza sprecare nulla.
Scritto da Viviana Di Salvo
Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.
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