L’eterno dilemma sull'abbinamento formaggio e pesce secondo Fabio Campoli
Sulle origini del consumo di carne di tacchino in America e in Europa, dove lo si conosceva come "gallo d'India"
Rappresenta la portata per eccellenza nella festa nazionale del Giorno del Ringraziamento americano (dal 1777, ogni anno il quarto giovedi di novembre) e canadese (dal 1872, ogni anno il secondo lunedì di ottobre), oltre che per gli abitanti di Grenada, Santa Lucia e Liberia (ufficiosamente anche per brasiliani e filippini). La festa è un “ringraziamento” per i raccolti agricoli abbondanti e il pasto di questo giorno è il famoso grande tacchino, tante volte apparso in film (come Canto di Natale – A Christmas Carol del 1843, nel quale l’avaro Ebenezer Scrooge redento per il Natale regala al suo povero contabile un tacchino gigante), romanzi (es.. Il Tacchino di Natale di A. Moravia), rappresentazioni artistiche (Stanza degli Uccelli a Villa Medici, Roma) e spot di vario genere.
Certamente il tacchino è stato scelto da questi popoli perché con la sua mole è simbolo inequivocabile dell’abbondanza di cibo per una popolazione. Il tacchino non è stato però sempre presente sulle tavole americane e canadesi, e tanto meno su quelle europee o asiatiche: gli unici a goderne erano i nativi americani (indiani d'America e pellirosse), che abitavano il nord del continente americano (USA – Canada) prima dell’arrivo di Colombo e di altri conquistatori precolombiani. Non si trattava di un animale indigeno (autoctono) di questa zona, perché la sua terra d’origine è il Messico (America centrale), dove rappresentava uno dei tipi di carne in uso presso Aztechi (per i quali però erano interessati principalmente alle penne per adornarsi e costruire frecce, oltre che alle ossa usate per costuire strumenti musicali).
Il tacchino si diffuse poi negli altri Paesi dell’America centrale (Belize, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama), proseguendo poi verso i Paesi del Sudamerica. L’arrivo in Europa è dovuto a tanti navigatori, primo fra tutti Colombo, che al ritorno dai viaggi finanziati dai diversi regnanti europei (Spagna, Portogallo, Inghilterra, Olanda) per fini coloniali e di sfruttamento, portavano esemplari maschi e femmina del tacchino, che dalla Spagna venivano poi portati anche nel resto d’Europa: in Spagna (1530) e di qui nel resto d’Europa (Francia 1538, Inghilterra 1552, Scandinavia 1556, Germania 1560, Roma già dal 1520). La diffusione in Asia fu anch’essa dovuta al colonialismo dei paesi che regnarono per secoli in Indonesia, India, Filippine, Sud est Asiatico.
Dei 3 milioni di tonnellate di carne di tacchino prodotte ogni anno nel mondo, la maggior parte proviene dagli USA, seguiti Russia, Polonia e Germania. Uexolotl e guajolote per i messicani (lingua azteca), per gli inglesi il tacchino è turkey perché furono mercanti turchi a introdurlo sull’isola portandolo dalla Spagna, con la quale avevano scambi commerciali; ma la provenienza dal Nuovo Mondo ha determinato l’inserimento dell’attributo “indiano” nel nome del tacchino in molti paesi: in Italia fu gallo d’India (dindi, dindio, dindo, pait, paito), oltre a tocco (per il verso tipico toc-toc o glu-glu, da cui gloglottio per indicare il verso del tacchino), gallopavone, gallinaccio; per i francesi è coq d’Inde (dinde/dindon) cioè gallo d’India; per i tedeschi oggi Truthahn, prima però Indianische Henne (cioè gallina indiana); per gli olandesi oggi kalkoen (gallo) ma un tempo Calecutischer Han (gallo di Calicut, città indiana con scambi commerciali verso Europa e paesi asiatici); per gli spagnoli pavo e per i portoghesi peru (nome in uso anche in India, probabilmente per la convinzione che la terra d’origine del tacchino fosse il Perù).
Ma qualunque sia il nome dato al tacchino, dal punto di vista sistematico si tratta della famiglia dei Fasianidi, genere Meleagris, specie M. gallopavo o tacchino selvatico (ancora una volta riferimento al gallo e al pavone,volatile pregiato consumato dai ricchi prima dell’arrivo del tacchino, certamente per la ruota di penne che il maschio di tacchino esibisce nella ricerca della femmina) e M. ocellata o tacchino ocellato (prima classificato come Agriocharis ocellata, per la presenza di ocelli blu – verdi sulla penne dorsali). Da queste due specie sono derivate tutte le attuali sottospecie creatasi nei diversi ambenti di allevamento (M.g. silvestris, osceola, mexicana, turkey, intermedia, merriami, gallopavo, ecc.) tra cui la sottospecie M. gallopavo domesticus (tacchino domestico), formatasi in Messico prima dell’arrivo di Colombo e poi diffusasi nei paesi sopracitati, a cui appartenevano certamente i tacchini portati dai viaggi marittimi.
In questa specie il maschio si indivdua subito perché dalla parte superiore del becco pende un’escrescenza carnosa ed erettile di forma conica quando contratta, pendula negli altri momenti. Inoltre il maschio nei momenti di corteggiamento e sfide innalza la sua coda e ne fa una raggiera (fa la “ruota”), oltre a far toccare il terreno con le penne remiganti. La specie è poligama e un maschio governa sessualmente 6 – 12 femmine. In modo del tutto casuale e accidentale la femmina può partorire per partenogenesi arrenotoca, per la quale non vi è fecondazione da parte del maschio e dall’uovo nascono solo maschi (dal greco àrrin cioè maschio e tòkos cioè figlio). Nell’allevamento industriale si ricorre all’inseminazione strumentale (fecondazione artificiale) sia per le difficoltà di accoppiamento di maschi ormai molto pesanti, sia per l’ottimale utilizzazione dei maschi più pregiati e per la selezione dei soggetti migliori.
Di tacchino si produce sia il tipo pesante o gigante (a nove mesi maschi da 18 kg e femmine da 13, riproduzione da ½ febbraio per 5 mesi/anno, media di 85 uova prodotte e 55 pulcini nati), sia il tipo leggero ( pesi minori di maschi e femmine, da metà febbraio per 6 mesi/anno di riproduzione, media di 95 uova e 65 pulcini). Le razze di tacchino prendono il nome dalla località storica di allevamento: tacchino di Romagna, del Veneto, di Benevento, di Sologna, di Cipro ecc., ma tante sono le razze italiane e quelle straniere, tra le quali il più famoso è il tacchino bronzato americano (3 tipi: ad ala rossa, gigante, ad ala nera).
L’apporto nutrizionale della carne di tacchino è molto interessante, in particolare nelle diete ipocaloriche, per l’equilibrata composizione e la digeribilità, con riferimento alla carne tal quale semplicemente cotta, perché il discorso cambia per le preparazioni complesse. Come esempio: 100 g di fesa senza pelle (petto) apportano solo 107 kcal insieme a 74 g di acqua, 24 g di proteine (di alto valore biologico, cioè ….), 1,2 g di grassi, 50 mg di colesterolo, oltre a minerali (320 mg di potassio,200 di fosforo, 160 di zolfo, 54 di cloro, 43 di sodio, 32 di magnesio, oltre a calcio, ferro, zinco e selenio), vitamine varie (niacina 6,7 mg, folati 17 mg, biotina, B₁₂, B₆, B₁, B₂. Il pregio della carne di tacchino per quanto riguarda il colesterolo, non risiede solo nel limitato contenuto di questo, ma anche nel fatto che il rapporto tra il colesterolo e i fosfolipidi è di 1:10, inferiore a uova (1:7) e altre carni, che favorisce maggiore formazione di colesterolo HDL nel sangue.
Anche l’uovo di tacchina (punteggiate di rosso su fondo giallo chiaro o giallo scuro), del peso di 80 – 100 g, è interessante, anche se tanto difficile da trovare perchè la ridotta deposizione di uova (in media 60/anno, ma alcune razze arrivano anche al doppio) non rende economicamente valido l’allevamento di tacchine da uova; se riusciamo a trovarlo sappiate che mangiandolo incameriamo 147 kcal, 73 g di acqua, 12,8 g di proteine, 10,2 di grassi, 1 di carboidrati, 801 mg di colesterolo, oltre a 200 mg di fosforo, 180 di solfo, 160 di cloro, 151 di sodio, 142 di potassio, 53 di manganese, 34 di selenio, 13 di magnesio, vitamine del gruppo B, niacine, folati, tracce di vit. A, E, D.
In cucina nel passato il tacchino sostituì il pavone (era detto pavone dei poveri), la gru, il fagiano, la faraona, e fu apprezzato sia da ricchi che da meno abbienti, specialmente perché essendo di grossa mole consentiva di sfamare molte persone rendendo conveniente l’acquisto anche se inizailamente un po’ caro. Del tacchino si usa principalmente la carne (intero, petto, cosce, sovracosce) con o senza pelle, in subordine il quinto quarto, infine le uova. Oggi le ricette non mancano, con spazio alla fantasia sia dei cuochi professionisti, sia dei semplici amatori del buon cucinare.
Note bibliografiche
Tassinari, Manuale dell’Agronomo, Ed. REDA
AAVV, Merceologia degli alimenti. AIS
La cucina delle carni da non dimenticare, Ed. Accademia Italiana della Cucina
Fidanza – Liguori, Nutrizione umana, Ed. Idelsson
Photo by Sara Albano
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