Cos'è il katsuobushi?

Conosciuti anche sotto il nome di "bonito flakes", sono i fiocchi di tonno essiccati (e fermentati) della cultura alimentare nipponica

Cos'è il katsuobushi?

In Giappone ne vanno tutti matti, ma siamo certi che pochi di voi – fatta eccezione forse per i veri appassionati di cucina orientale – sappiano cos'è il katsuobushi. Si tratta di pesce essiccato, fermentato e affumicato il cui sapore è un vero pilastro della cucina giapponese, dato dal mix equilibrato tra il sapore di pesce e il profumo dell’affumicatura, intenso e sapido (umami) e il suo gusto fa da fondo a moltissime preparazioni, un po' come per noi il soffritto di aglio o cipolla!

Dall’aspetto bizzarro, questi "fiocchi" di pesce essiccato ricordano i trucioli di legno: si consumano infatti generalmente in scaglie cosparse sul tofu, l’okonomiyaki o il takoyaki, sullo yaki-soba o gli udon per dare carattere, e costituisce l’ingrediente indispensabile per la preparazione del dashi, il brodo di pesce base della gastronomia nipponica. 

Come accade per molti ingredienti della tradizione, ci sono varie tipologie di katsuobushi e molte varianti regionali; inoltre la “vecchia maniera” di prepararlo è stata soppiantata da metodi più moderni e sofisticati, ma ancor oggi il prodotto migliore è ancora quello artigianale che prevede una serie ben determinata di passaggi e un tempo piuttosto lungo di preparazione. Tutto ha inizio dal pesce, una tipologia di tonno che in giapponese si chiama katsuo, di piccola taglia (simile alla palamita e al bonito).

Quattro sono le fasi di lavorazione; la prima prevede la pesca e la sfilettatura (che secondo tradizione avviene direttamente al porto) dalla quale si ottengono 4 filetti (due dorsali e due ventrali). La seconda fase prevede l’affumicatura (con legno di faggio) che in un tempo medio di 30 giorni rende i filetti molto duri con una perdita di peso pari al 20% circa. La terza fase della lavorazione prosegue con la fermentazione (funginea con aspergillus glaucus) e l’essicazione al sole per 5-6 mesi. L’ultima fase, infine, prevede la pulitura e la spazzolatura per la sanficazione del prodotto che diventa totalmente liscio e pronto per entrare in cucina, dopo un processo di lavorazione che complessivamente impiega un anno.

E’ con il kezuriki, uno strumento semplice, una sorta di scatola in legno con una lama molto affilata e un cassettino inferiore per la raccolta delle scaglie, che il prodotto viene grattugiato in “trucioli” pronti per il consumo. Nei mercati è possibile trovarlo in filetti interi o più comodamente già grattugiato in fiocchi conservati in sacchetti. I fiocchi possono essere piccoli e sottili, detti “hanakatsuo”, e usati essenzialmente come condimento oppure grossi e spessi, detti “kezurikatsuo”, più adatti per la preparazione del dashi. 

Dal punto di vista nutrizionale, si tratta di un alimento molto calorico, con un importante contenuto di proteine ad alto valore biologico, grassi polinsaturivitamine idrosolubili del gruppo B, vitamina D, minerali (fosforo, potassio, ferro, iodio, selenio, zinco e magnesio); assenti le fibre e molto alto anche il contenuto di colesterolo; non contiene lattosio né glutine ma è ricco di istamine. Un aspetto interessante che contraddistingue questo prodotto da altri derivati dalla pesca e conservati tipici europei, è la scarsa presenza di sodio dovuta proprio al processo di essiccamento e disidratazione che non avviene con il sale (come nel caso per esempio della bottarga o del baccalà) ma tramite affumicatura, irraggiamento e fermentazione. 

Curioso e decisamente scenografico è l’effetto “movimento/danza” che le scaglie di katsuobushi producono a contatto con le zuppe: i fiocchi si muovono perché, a contatto con il liquido caldo, iniziano ad assorbirlo e a gonfiarsi; questa particolarità lo ha reso interessante e appetibile per la cucina occidentale e i food blogger.
Nonostante qualche azzardo, come l’uso sulla pizza, il katsuobushi è un ingrediente difficile da utilizzare in una cucina diversa da quella nipponica proprio per il suo sapore umami e per la predominanza del suo gusto sugli altri ingredienti. 

Certo è che reperire il katsuobushi in Italia, preparato secondo tradizione, non è affatto semplice; la soluzione più comoda – dopo quella di andare in un buon ristorante giapponese – è acquistarlo on line facendo però attenzione a cosa mettiamo nel carrello. Molto spesso troviamo fiocchi prodotti con metodi industriali, altre volte al tonno striato si sostituisce la specie bonito (da qui il termine bonito flakes) o ancora con la dicitura karebushi si acquista un prodotto ad essiccazione rapida, mentre la dicitura aragatsuo ci porta in tavola un prodotto non sottoposto a fermentazione. Come sempre la scelta passa dalla lettura dell’etichetta, dell’origine della materia prima, dalla complessità dei processi di lavorazione... e anche dall'inevitabile riflessione di tutto ciò sul costo del prodotto. 

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

0 Commenti

Lasciaci un Commento

Per scrivere un commento è necessario autenticarsi.

 Accedi


Altri articoli