Alleate della fantasia per arricchire le più svariate pietanze: scopriamo alcuni imperdibili abbinamenti delle acciughe in tavola
Ogni regione ha il suo fritto misto: scopriamo le differenze attraverso un viaggio in tante golose ricette tradizionali italiane
Il fritto misto è nato in Italia, come testimoniano anche i libri di gastronomia francese che lo definiscono “Friture à l’Italienne”. Questo fiore all’occhiello della nostra cucina trae spunto dalla buona abitudine di non sprecare nulla e ci offre una panoramica della storia e della cultura gastronomica delle nostre regioni: vediamo in rassegna quali sono le tipicità e le differenze che il viaggiatore può apprezzare in un fritto misto percorrendo da nord a sud la nostra penisola.
La regione che vanta il più ricco e vario fritto misto è il Piemonte, dove è indicato in alcune zone col termine fricia; esso si compone di un gran numero di ingredienti a base di carne, verdure e dolci. Secondo gli esperti gli ingredienti di un buon fritto misto piemontese sono dieci o dodici e talvolta si arriva perfino a venti; nel servirlo si comincia dalle fritture a base di verdura seguite da quelle di carne per finire con quelle dolci. Gli ingredienti del fritto a base vegetale sono carciofi, finocchi, zucchine, carote che vengono bolliti fino a metà cottura in acqua salata; poi i carciofi e i finocchi si passano in una pastella a base di farina, latte e tuorlo d’uovo condita con un pizzico di noce moscata e vengono fritti in olio, mentre le carote e le zucchine sono solo infarinate e fritte nel burro.
Parte del fritto misto piemontese sono anche i petit soufflés fatti con purè di patate arricchito da tuorlo d’uovo e poi da albume a neve ;si ricavano dall’impasto delle palline che si passano nel pangrattato e si friggono in olio. Alle croquettes di riso si affiancano quelle di carne con le animelle, il fegato, la salsiccia ma anche le costolettine di agnello, il pollo e il “filone” ( midollo della spina dorsale del vitello )solitamente passati in pastella prima della frittura.
I bas-de-soie sono piedini di maiale cotti per almeno due ore in acqua e aceto bianco ,cipolla, sedano, carota e chiodi di garofano e sale. Raffreddati e disossati, si tagliano in piccoli tranci che vengono irrorati con burro fuso e poi passati in pangrattato ,uova sbattute e ancora pangrattato e quindi fritti nel burro. In un fritto misto piemontese completo non mancano i dolci fritti: crema di semolino raffreddata e quindi tagliata a losanghe che si passano nella farina e quindi in olio; gli amaretti ammorbiditi in uovo sbattuto e poi infarinati e indorati nel burro e infine le mele pelate, affettate a rondelle messe a bagno nel marsala e quindi impastellate e fritte in olio.
Tutti i fritti salati e dolci vanno serviti caldi in tavola; la difficoltà del ristoratore piemontese è quella di dover servire i golosi bocconcini in rapida successione perché devono conservare leggerezza, fragranza e croccantezza. Secondo la tradizione più antica, per la frittura piemontese si usavano olio e burro o solo burro, mentre oggi si usa essenzialmente olio di semi di arachidi o di girasole.
Il fritto milanese o lombardo è simile a quello piemontese in quanto ha come ingredienti frattaglie di vitello :cervella, fegato, filone e animelle; le differenze dal fritto piemontese consistono nel preferire l’impanatura con uova e pane grattugiato alla semplice infarinatura o alla pastella e nell’utilizzare rigorosamente il burro per la frittura. Se ci spostiamo a Genova, contrariamente a quanto si possa credere, nel fritto misto tipico non troviamo il pesce ma verdure e carni probabilmente a causa dell’influenza del vicino Piemonte. La “negia” o “neggia” in genovese è l’ostia con cui si preparavano una volta i “friti in ta nègia”, una sorta di fagottini ottenuti dall’ostia prima inumidita e poi farcita di un impasto di vitello, animelle, cervella e piselli rosolati con cipolla e conditi con formaggio grattugiato e tuorli d’uovo. Ripiegata l’ostia col suo ripieno la si passa nell’albume, poi nel pangrattato e infine nell’olio d’oliva ligure secondo la consolidata tradizione.
L’ostia - che ha un diametro di circa 15 centimetri - è usata per i “crocchini”, spiedini di legno in cui si infilzano dei pezzi di formaggio e prosciutto cotto a dadini, si richiudono quindi nell’ostia , si passano in albume e pangrattato e si friggono. Il latte brusco genovese ha come ingredienti 600 g di farina, mezzo litro di latte, due uova battute e salate, prezzemolo e buccia di limone grattugiata; il latte dolce invece si ottiene con mezzo litro di latte, 60 g di farina, due uova battute, 50 g di zucchero a velo e scorza di limone. In entrambi i casi si fa addensare sul fuoco la crema, la si fa raffreddare e poi si taglia a quadratini, s'impana e si frigge.
Scendiamo in Toscana dove il fritto misto vede l’esaltazione delle carni di pollo, coniglio, maiale e verdure di stagione; caratteristici della regione sono i funghi porcini e i carciofi passati in pastella e fritti. In particolare nel fritto misto alla fiorentina è incluso il bollito di manzo e vitello. Quando entriamo nelle Marche, sia nell’ascolano che nel piceno troviamo le famose olive ripiene e fritte che affiancano nel fritto misto le costolette di agnello, il petto di pollo, il vitello, e come vegetali carciofi e zucchine. La crema fritta che proviene dai territori dell’Emilia e della Liguria e a Venezia si mangia durante il Carnevale, completa il ricco fritto all’ascolana e fin dal XVIII secolo era sulle tavole dei nobili.
Anticamente il fritto all’ascolana aveva come ingredienti carne di tacchino, cipolle e funghi. Ad Ascoli Piceno ogni anno tra il 25 aprile e il 1° maggio si svolge una manifestazione dedicata al fritto misto che accoglie gli appassionati degustatori in stand regionali e mondiali. Se ci spostiamo verso Ancona il fritto misto cambia radicalmente; qui troviamo infatti calamari, piccoli pesci, gamberetti e come verdure soprattutto zucchine e melanzane.
Il fritto misto alla romana è il piatto che accompagna il cenone la vigilia di Natale; è un trionfo del fritto, ricco di verdure (immancabili i carciofi cucinati alla giudìa) e ortaggi in pastella, i cosiddetti frittelli; può essere a base di pesce o di carne a seconda dei diversi luoghi. Per il fritto di carne si usano schienali, costolette, cervella e animelle d’abbacchio. Sulla tavola del 24 dicembre non mancano poi il baccalà dissalato infarinato e fritto e le frittelle di mele. Le ricette del fritto romano sono tramandate ma anche spesso rivisitate nel rispetto della tradizione .
A Napoli il termine fritto misto si traduce in “cuoppo”, classico cibo da strada servito in ogni momento dell'anno in un cartoccio a forma di cono, il cuoppo appunto, che si può trovare anche in rosticceria o in pizzeria servito come antipasto. Il cuoppo in origine si chiamava “oggi a otto” perché si vendeva in strada rinviandone il pagamento entro gli otto giorni seguenti. Ci sono diversi tipi di cuoppo: quello di terra si compone di mozzarelline, crocchè di patate, arancini di riso e zeppoline di pasta lievitata; qualcuno aggiunge verdure pastellate come melanzane, zucchine, fiori di zucca farciti con ricotta e impastellati. Nel cuoppo di mare ci sono invece alici, baccalà, zeppoline di mare in cui alla pasta lievitata si uniscono le alghe, ma anche anelli di calamari e moscardini in pastella , il tutto fritto in olio di semi di girasole o di arachidi e gustato caldo e croccante. Di recente introduzione è la moda del cuoppo dolce che contiene le zeppoline dolci dette “graffette”, ricoperte di zucchero o di cioccolato.
Le regioni costiere e quelle del meridione d’Italia sono quelle in cui nel fritto misto il pesce regna sovrano. In Puglia ad esempio si friggono anche le cozze che, private del guscio, vengono passate nella farina e nell’uovo sbattuto e quindi immerse in olio bollente. Nel fritto misto alla siciliana troviamo una grande varietà di pesce locale: gamberetti, calamari ma anche sarde, bianchetti, seppie; la freschezza del pesce pescato è ciò che rende questo fritto speciale.
Qui come in molte altre zone costiere d’Italia nei menù si legge “frittura di Paranza”; il nome di questo piatto deriva da quello dell’imbarcazione per la pesca a strascico, la paranza appunto .La composizione di questa frittura varia a seconda della località e del pescato del giorno; essa infatti è un assortimento di pesci di piccolo taglio quali triglie, alici, sogliolette, latterini sugarelli e piccoli saraghi ma anche calamari e gamberi.
La frittura di paranza nasce come piatto povero, in quanto i pescatori, dopo aver venduto i pesci più grandi al mercato, tenevano per sé quelli piccoli e meno pregiati che, soprattutto fritti, allietavano le loro tavole. In Sardegna il fritto di pesce tradizionale, in aggiunta ai classici calamari, gamberi e triglie, ha ghiozzi, boghe e muggini che vengono passati in semola fine e fritti in olio a fuoco moderato. Anche in questa regione la tipologia del pesce varia da un luogo all’altro ma in conclusione qualunque sia la città o il paese italiano in cui vi troviate non potete rinunciare ad un buon fritto misto locale, quel mix saporito che nella sua grande varietà di interpretazioni vi consente una golosa immersione nella cultura locale.
Photo made in AI
Scritto da Elena Stante
Laureata in Matematica nel 1981 presso l’Università degli Studi di Bari, dal 1987 insegna Matematica e Fisica presso il Liceo Ginnasio Aristosseno di Taranto .
Ha partecipato ai progetti ESPB, LabTec, IMoFi con il CIRD di Udine e a vari concorsi nazionali e collabora, con la nomina di Vice Direttore, alla rivista online Euclide, giornale di matematica per i giovani.

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