Che sia da piuma o da pelo, ogni tipo di selvaggina ha il suo vino ideale per essere gustata al meglio in tavola: scopriamoli insieme
Piccolo viaggio nella “cozinha baiana”, ovvero la cucina di Bahia in Sud America: una fusione di sapori unicaal mondo
Bahia è lo stato situato a nord-est del Brasile in cui grazie al clima tipicamente tropicale le temperature non sono quasi mai più basse di 15°C. La sua capitale, fondata nel giorno di Ognissanti dai coloni portoghesi e battezzata col nome di São Salvador da Bahia de Todos os Santos: oggi è semplicemente Salvador de Bahia.
Una città che ha vissuto una storia intensa di colonizzazioni e schiavitù, ma i cui abitanti hanno conservato lo spirito di indipendenza e un’indomita allegria e voglia di fare festa. A Salvador ci sono il maggior numero di chiese al mondo, e non mancano le celebrazioni di feste religiose, patronali e fiere popolari, a cui si aggiunge la febbre del Carnevale che in cinque giorni assale i bahiani al ritmo della samba e attrae folle di turisti e visitatori con i suoi circa 20 chilometri di baldoria attraverso i quartieri cittadini.
La presenza di etnie diverse ha influito notevolmente anche nella gastronomia bahiana. I piatti più tipici, che sono una fusione tra quelli delle popolazioni americane indigene, quelle di origine africana e quelle europee, rappresentano solo una parte della cucina di Bahia; nel quotidiano essa è, come in tutto il Brasile, una cucina soprattutto di stampo portoghese, la cosiddetta cucina "sertaneja”. Il territorio del Reco ̂ncavo, che comprende la zona interna alla Baia di tutti i Santi e la Regione Metropolitana di Salvador, è quello in cui l’influenza delle cucine afro-americana ed europea nelle tecniche e gli ingredienti si manifesta in tanti ricchi piatti.
Al mais, la manioca e l’olio di palma dendê tipici del continente americano si affiancano i cereali africani, le ricette a base di carne e pesce e di dolci ereditate dai portoghesi e, anche se per brevi periodi, da olandesi, francesi e inglesi. Il piatto simbolo di Bahia è senza dubbio la moqueça, uno stufato a base di prodotti ittici cotti lentamente in latte di cocco e olio di dende in apposite pentole d’argilla e servito con riso. L’aroma particolare di questo piatto è dato dal coriandolo e pepe di Cayenna.
La moqueça spesso si affianca al vatapà o al caruru de quiabo. Il vapatà è una sorta di purea ottenuta da mollica di pane raffermo, gamberetti, anacardi e spezie, che si consuma caldo condito con olio al peperoncino; talvolta il vapatà si serve con il baccalà oppure con il pollo. Il caruru si prepara invece con l’okra (o gombo) affettato sottilmente, gamberi secchi, cipolla, arachidi tostate, latte di cocco, olio di dendê, limone e sale. Il caruru è servito anche con riso insieme al vapatà in una pietanza nota col nome di xinxim de galinha.
Vapatà e caruru sono anche i più comuni condimenti dell’acarajè, lo spuntino di origini africane nato durante il periodo coloniale, quando gli schiavi nigeriani iniziarono a venderlo per le strade. Oggi l’acarajè è ancora il tipico cibo di strada che si trova presso le tabuleiros de bahiana, ovvero le bancarelle gestite da donne che indossano il costume bianco tipico di Bahia. L’acarajè è un impasto di fagioli dall’occhio nero e cipolla, in crema o croccante, che viene pressato e fritto in olio di dendê. Le frittelle che si ottengono vengono quindi divise a metà e farcite con vapatà o caruru; talvolta si servono invece con insalata, pomodori e salse a base di peperoncino molto piccante.
L’acarajè e la vapatà sono entrambi legati ai rituali religiosi del candomblè, una religione afro-brasiliana che fonda le sue radici sui culti africani in cui questi cibi venivano offerti agli dei della natura. L’abarà è una variante dell’aracajè, che ha i suoi stessi ingredienti ma è cotta a vapore piuttosto che fritta, e non va tagliata e farcita perché il condimento è interno all’impasto. Un tempo l’abarà si serviva senza accompagnamenti mentre oggi si serve allo stesso modo dell’acarajè.
La lista dei piatti sarebbe più lunga, ma se ci si trova a Salvador de Bahia non si può rinunciare alla casquina de siri, la conchiglia (casquina) di capasanta riempita di un impasto a base di granchio, mollica di pane, pomodori, peperoni, aglio, sale pepe e spezie (paprika, coriandolo e cumino). Il bobò de camarão è invece uno stufato a base di manioca, gamberi freschi, latte di cocco e olio di dendê (e altri condimenti) che si serve solitamente con riso bianco.
Anche la pasticceria bahiana non è da meno, per quanto nei suoi dolci tipici l'impronta portoghese sia ben marcata. La baba de moça ad esempio, a parte il nome alquanto strano che si traduce in “bava di ragazza”, è un dolce al cucchiaio molto simile agli ovos moles portoghesi; la firma del Portogallo è anche nel dolce chiamato quindim, simile ad un budino a base di farina di cocco, tuorli d’uovo, latte e zucchero. Il bolinho de estudante, ovvero il “dolce dello studente”, è a base di tapioca, cocco grattugiato e latte di cocco, e viene fritto per poi essere ricoperto di zucchero e cannella; il suo nome è legato al fatto che nel XVIII secolo fosse venduto da ambulanti per le strade di Salvador, soprattutto davanti alle scuole.
Ma infine, cosa bere a Bahia? Tra le varie bevande da gustare ci sono quella a base di succo di guaranà, energetica e rinfrescante, e quella che si ottiene dalla mucillagine che avvolge i semi del frutto del cacao, di cui Bahia e tutto il Brasile sono produttori noti in tutto il mondo. In Brasile è chiamata "suco de cacau", mentre in alcune zone sudamericane è anche nota come "náta" o "vinho de cacau" (vino di cacao) se subisce fermentazione.
Tra gli alcolici c’è la famosa cachaça, acquavite tipica del Brasile ottenuta dalla canna da zucchero, nonché il famoso cocktail caipirinha a base di cachaça, lime, zucchero di canna e ghiaccio.
Photo via Canva
0 Commenti