Le carni di pollo

Il gusto del pollo è sempre più amato e piace ad ogni età: analizziamone le caratteristiche e le tecniche d’allevamento per una maggior consapevolezza

Le carni di pollo

Il mio personale ricordo del pollo collega le sue pregiate e succulente carni bianche alle festività importanti, quando arrivava in tavola l’immancabile pollo arrosto con patate in teglia, sprigionando per tutta la casa i suoi profumi insieme a quello dell’irrinunciabile rosmarino usato tradizionalmente per aromatizzarlo. Con il pollo arrosto un tempo si festeggiavano anche i compleanni e ad altre varie grandi occasioni per riunire tutta la famiglia e consumarlo con gioia in compagnia.

Tutto ciò accadeva perché quando ero piccolo, il pollo non era a buon mercato, almeno nella mia città del Sud, dove si consumava essenzialmente carne equina (locale) essendo costosa anche la carne bovina. Ciò che è accaduto dagli anni ‘60 in poi per il pollo è noto a tutti: l’avvio degli allevamenti intensivi sia per la produzione di uova che della carne di pollo e la ripresa economica nazionale resero possibile per tutti di acquistare il pollo e altre carni a buon mercato. Un momento storico da non sottovalutare, perché le carni fino a quel momento erano sempre state “non per tutti”!

Il pollo è un uccello domestico appartenente all’ordine dei Gallinacei o Galliformi (famiglia Phasianidae, genere Gallus, specie Gallus gallus domesticus), addomesticato circa 6000 anni fa nella valle del fiume Indo. Le razze di pollo da carne più diffuse sono spesso incroci o meticci di razze diverse, selezionate per maggior mole, muscolatura più possente e rapido accrescimento. Le razze considerate migliori sono quelle americane come la Jersey, la New Hampshire e la Australorp.

I polli da carne si dividono in tre gruppi: quelli leggeri, quelli medi e medio-leggeri. Leggeri sono i polli italiani, con peso medio di 1,5 – 1,8 kg. Si tratta in genere di incroci tra la razza Livornese, Valdarnese e Ancona. I polli medi, invece, superano i 2 kg e derivano da incroci le razze americane White America, Rhode Island, New Hampshire e Plymouth Rock. Gli incroci tra polli leggeri e polli pesanti garantiscono soggetti medio-leggeri con un peso intermedio tra i due tipi. Gli incroci più riusciti sono quelli tra galline livornesi e New Hampshire. Tra le razze italiane di polli medi la più comune è l’Ermellinata di Rovigo.

I polli, come tutti gli altri uccelli domestici, vengono suddivisi in classi tenendo conto delle loro caratteristiche e dell’età:

  • Polli di età inferiore a 16 settimane (4 mesi circa), con carne tenera, pelle morbida e liscia, con cartilagine dello terno flessibile. Macellati (spennati ed eviscerati) hanno un peso variabile dai 700 g a 1,8 kg (broyler o pollo da griglia, e freyer o pollo da fritto);
  • Polli di età inferiore agli 8 mesi, aventi le stesse caratteristiche dei precedenti, salvo avere la cartilagine sternale meno flessibile, peso da 1,5 a 2,5 kg (roaster o pollo d’arrosto);
  • Galletti di età inferiore ai 10 mesi, con pelle ruvida, carne leggermente scura e coriacea, sterno ossificato e speroni delle zampe appena accennati (stag);
  • Polli adulti di entrambi i sessi, di età superiore a 10 mesi, con carne meno tenera di quello del pollo da arrosto, osso dello sterno duro in quanto completamente ossificato;
  • Capponi di età inferiore ai 10 mesi nei quali sia chiaramente visibile un taglio parallelo alle ultime due costole, della lunghezza di circa 2,5 cm, con peso variabile da 2,7 a 4,5 kg. Spesso si ottengono falsi capponi o slip (animali nei quali i testicoli si sono riformati i quanto quelli veri non sono stati ben asportati); l’accapponatura viene prevista su soggetti sani e vigorosi, a 3-4 mesi di età, quando la cresta non si è completamente formata, perché dopo sarebbe più difficile asportare completamente i testicoli e l’accapponatura non riuscirebbe bene e avremmo capponi scadenti.

La pratica della castrazione dei galli è antica e si basa sull’evidenza che senza castrazione la carne dei maschi diventa molto dura e praticamente immangiabile, in virtù degli ormoni sessuali e di quelli che regolano la forza muscolare del gallo che deve lottare con gli altri galli del pollaio per accoppiarsi, mentre con la castrazione la carne diventa prelibata, tenera e squisita. Con l’accapponatura si riduceva il numero dei galli nel pollaio a quelli strettamente necessari a stimolare nelle galline la produzione delle uova, aumentando in tal modo i soggetti da destinare alla produzione di carni.

Nella pratica quotidiana a seconda del peso e dell’età, il pollo viene detto: pollastro (fino a 3-4 mesi e 600 g di peso, in genere allevato in libertà), pollo di grano (fino a 1 anno e 1 kg di peso), pollo e pollastra (oltre 1 anno e con peso di 1,5 kg circa), galletto (maschio, età 6 mesi, peso 650 g), gallo ruspante (10 mesi al massimo), cappone (maschio castrato all’età di circa 2 mesi, macellato a 6-7 mesi di vita quando il peso raggiunge circa 2,5 kg), pollanca (femmina castrata prima che cominci a deporre uova).

Prima della macellazione il pollame resta a digiuno per 4-8 ore, a seconda del tipo di alimentazione che riceve (solo farine vs mangimi misti): il digiuno serve perché il gozzo sia vuoto nel momento in cui l’animale viene ucciso. Se così non fosse, la muscolatura del gozzo diventa verdastra e la commercializzazione diventa impossibile.

Il pollo venduto in campagna, che viene consumato praticamente subito, viene ucciso con la disarticolazione del capo. L’altro metodo di uccisione è quello del dissanguamento, ottenuto recidendo i vasi sanguigni del collo dall’esterno o dall’interno della bocca; In pratica si usa quasi esclusivamente il taglio esterno dei vasi, perché la grande maggioranza dei macelli oggi effettua in seguito una spennatura a secco. Per la vendita del pollo spennato ed eviscerato è necessario che la pelle del collo, delle ali e delle cosce non presenti follicoli pieni di sangue, per cui il dissanguamento deve essere condotto a dovere.

All’uccisione segue la spennatura può essere effettuata a mano (quando il pollo è ancora “caldo”, cioè senza attendere il rigor mortis, partendo dal dorso per passare poi al collo, al ventre, alle cosce e infine alla coda) o per immersione in acqua calda (temperatura variabile da 50 a 60 a 85°C. Usando temperature non superiori a 50°C si può sostituire l’immersione con la irrorazione dei polli per 60-90 secondi. Nei grandi macelli, dopo l’immersione entrano in azione macchine spiumatrici. Le penne residue vengono tolte a mano dal personale, oppure con un metodo che prevede di rivestire il pollo con paraffina calda, la quale viene poi eliminata con apposite macchine insieme alle piume residuate alla spennatura.

Segue l’eviscerazione del pollo e il controllo sanitario; il cuore, il fegato e il ventriglio (stomaco) vengono puliti e insacchettati, aggiunti al pollo in vendita. Il pollo eviscerato viene lavato ripetutamente e asciugato, quindi posto subito sul mercato o congelato (meglio rapidamente per meglio conservare le caratteristiche organolettiche e nutritive della carne).

I polli che normalmente troviamo in commercio, compriamo e mangiamo sono dei broylers (termine che in inglese vuol dire polletto, griglia, graticola), i quali se destinati ad essere venduti cotti vengono macellati all’età di 35 giorni e con peso inferiore ai 2 kg, mentre se venduto crudo e intero sarà macellato a 45 giorni con un peso di circa 2,8 – 3kg. Quando invece il pollo deve essere smembrato per essere venduto porzionato (ali, cosce, sovra cosce, petto), sarà macellato verso i 50 giorni e con peso verso i 3,5 – 4 kg.

Il broyler è pertanto un pollo a crescita veloce, per cui si ricorre a razze avicole capaci di trasformare il mangime in proteine e grassi con maggiore rendimento (a parità di tempo) rispetto ad altre razze. Esistono anche razze ad accrescimento più lento e, di conseguenza, con vita meno stressante in allevamento rispetto a quella di un povero broyler! Si tratta di razze locali o nostrane o autoctone (sono tutti sinonimi per indicare razze non introdotte dai soli americani ma presenti sul territorio da tempo immemorabile), per la loro prelibatezza diventano spesso prodotti a denominazione di vario genere, proprio perché di nicchia rispetto al mercato del pollame. Queste razze vengono macellate dopo 70 – 110 giorni e con un peso superiore ai 4 kg.

Si intuisce facilmente che il maggiore successo commerciale è quello dei polli broylers in quanto, a conti fatti, per produrre un chilo di carne si spende meno con le razze ad accrescimento medio – lento (sia come mangime che acqua e altre spese di allevamento come luce, pulizia, antibiotici) che non con quelle ad accrescimento medio lento. Questo consente non solo maggiori margini di guadagno per i produttori, ma anche la possibilità di fornire al consumatore un pollo che costa meno al chilo, pur se meno sapido e meno nutriente dell’altro. Quindi, salvo il caso di acquisto direttamente in campagna di un pollo ruspante, ciò che compriamo come pollo è sempre broyler (98% del venduto).

Certo bisogna essere coscienti, come consumatori, che i broyler anche se non allevati più in gabbie, vivono comunque in spazi super affollati (in genere 17- 20 polli per m² e anche più), affollamento che pur con notevoli attuali riduzioni, richiede comunque il ricorso ad antibiotici (esclusa la gentamicina, ormai vietata) per evitare il diffondersi di malattie che causerebbero la morte di moltissimi soggetti ed un rilevante danno economico per l’allevatore. L’aspetto più negativo dell’allevamento intensivo è rappresentato dal fatto che l’animale si può muovere poco ed è soggetto a stress, con indubbi ed accertati riflessi negativi sulle caratteristiche organolettiche della carne e, in parte, anche su quelle nutrizionali.

La carne di pollo è classificata come carne bianca (come anche coniglio e tacchino e altri volatili da cortile), termine che indica una carne povera di mioglobina (proteina dei muscoli) ed emoglobina (proteina dei globuli rossi del sangue) al contrario delle carni definite rosse (vitello, vitellone, manzo, bue, vacca, cavallo), di quelle definite rosate (maiale e vitellino appena svezzato) e di quelle nere o scure (tipiche della selvaggina sia da piuma che da pelo). La carne di pollo ha una composizione chimica che varia leggermente a seconda che si consideri il pollo intero, la coscia o il petto. Con riferimento al pollo intero la composizione per ogni 100 g vede la presenza di 70,9 g di acqua, 22,5 g di proteine (17,9 in coscia e 23,6 in petto), 5,6 g di grassi (6,5 in coscia e 1,4 in petto), 70 mg di sodio, 260 mg di potassio, 0,7 mg di ferro (2 nella coscia e 0, 5 nel petto, comunque inferiori a 3,2 del cavallo e 2,3 del manzo), 10 mg di calcio, 160 mg di fosforo, 119 mg di colesterolo (dopo cottura in forno e senza pelle), vitamine B1,B2,PP (rispettivamente 0,08 – 0,14 – 5 mg). Le calorie sono 100 – 120 pr 100 g ma dipendono ovviamente dalla preparazione alimentare.

Come già accennato vi sono differenze tra la carne del broyler e quello di un pollo a lento accrescimento.

In sintesi, la carne dei polli a lento accrescimento è un prodotto di buon sapore e con indubbi pregi nutrizionali, ma più costoso rispetto al broiler, e soprattutto non corrisponde alle richieste del consumatore, ormai abituato a considerare il pollo come un alimento dalla carne molto tenera da preparare velocemente, e quindi a preferire petti o preparati già insaporiti. Mangiare un broyler vuol dire mangiare un prodotto organoletticamente banale e nutrizionalmente inferiore al pollo a lento accrescimento (infatti alcune ricerche hanno dimostrato che la carne di questi polli è di superiore qualità in quanto essi a differenza dei broyler hanno molto più spazio disposizione, per cui si muovono di più con riflessi positivi sul tono muscolare maggiore (carne più soda e compatta), sul colore più aranciato delle carni e della pelle grazie ai caroteni del mais e di altre granaglie, sul sapore per presenza di grasso non solo di deposito ma anche di infiltrazione nel muscolo, profumo per le sostanze aromatiche vegetali disciolte nel grasso cutaneo e muscolare. Inoltre, la carne del pollo non broyler è meno grassa, contiene più antiossidanti (tocoferolo, polifenoli come i caroteni, clorofilla, vitamina C, tutti di origine vegetale, cioè del mangime), nel grasso sono presenti più acidi grassi polinsaturi tipo omega 3).

Quindi, al supermercato osservando bene le caratteristiche del pollo possiamo capire la “qualità” di ciò che stiamo per acquistare. A noi la scelta!

Fonti consultate

  • A. Giavarini, Avicoltura, Edagricole
  • Tassinari, Manuale dell’Agronomo, Ed. R.E.D.A.
  • G. Bittante e altri, Tecniche di produzione animale, Ed. Liviana

Photo by Sara Albano

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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