La rana pescatrice

Una specie ittica conosciuta anche con il nome di “coda di rospo”: scopriamone caratteristiche, aspetti nutrizionali e usi in cucina

La rana pescatrice

Se dovessimo giudicare la bontà di un alimento dal suo aspetto esteriore, certamente la rana pescatrice (anche detta coda di rospo o semplicemente “rospo”) si classificherebbe, suo malgrado, all’ultimo posto. Il suo aspetto è quasi mostruoso, con una testa che occupa più della metà del corpo, una bocca sproporzionata e il corpo tozzo, appunto come quello di un rospo (probabilmente il nome di “rospo” proviene proprio da tale caratteristica, unitamente agli occhi sporgenti di questa specie marina). Se dovessimo però classificarla per la bontà delle sue carni, la rana pescatrice occuperebbe di certo i primi posti per la delicatezza di al gusto e all’olfatto della polpa bianca ricavata essenzialmente dalla sua coda.

Il nome scientifico della rana pescatrice nella classificazione binomiale linneana è Lophius piscatorius (esiste però anche la specie Lophius budegassa o budego o rospo, dall’aspetto simile alla prima ma dotata di un tipico “merletto” intorno alla testa). La rana pescatrice è gradita anche all’estero, sia in Francia (dove si chiama baudroie) che in Germania (seetenfel), in Spagna (rape) e in Inghilterra (angler fish o monkfish). Si tratta di un pesce osseo, cioè dotato di scheletro, la cui bocca è molto grande e ovviamente rivolta verso l’alto (visto che vive nascosta nella sabbia o nel fango), con la mandibola (inferiore) prognata, cioè decisamente più sviluppata della mascella (superiore), e dotata di denti molto aguzzi che non lasciano scampo alla preda (altri pesci, ma anche molluschi). E’ un pesce che non vive in gruppi, ma solitario.

Entrambe le specie citate di rana pescatrice possono raggiungere dimensioni ragguardevoli, ma la piscatorius si sviluppa di più e può raggiungere anche lunghezze di un metro; in media, però, gli esemplari pescati e normalmente presenti sui banchi delle pescherie non superano i 30 – 40 cm di lunghezza. Vivono ad una profondità che oscilla dai 30 a 1000 metri, sono praticamente stanziali, in quanto scavano una buca con le pinne laterali e caudale e lì restano sommersi, dal fango o dalla sabbia, in attesa di una preda da afferrare. 

Stupisce la finezza del meccanismo di cattura delle prede da parte della rana pescatrice, veramente singolare e tale da far dubitare sulla mancanza di intelligenza anche in questi animali (con un cervello che si presenta concretamente di piccole dimensioni). Infatti, sulla testa la rana pescatrice possiede una lunga appendice (primo raggio della pinna dorsale) che termina con un lobo; questa appendice viene agitata come una canna da pesca fa con la preda, senza che gli altri pesci si accorgano della presenza del predatore sommerso nella sabbia. Questi si avvicinano all’illicio (questo il nome dell’appendice flessibile) convinti di poter mangiare una piccola preda (come un verme appeso all’amo), ma in quel momento scatta la rana e la sua enorme bocca ingoia la preda, talvolta anche più grossa del suo stesso predatore!

Nella rana piscatorius l’illicio è monolobo terminale, mentre nella budegassa è bilobo; inoltre, la testa del budegasso è meno ampia del piscatorius, il colore della pelle del budegasso tende al rossastro con il ventre nerastro, mentre nel piscatorius la pelle é bruno – olivastra o violacea e il ventre è bianco. Sono pesci piuttosto appiattiti per poter nascondersi sotto la sabbia come le sogliole o le razze. Si tratta di specie diffuse nel Mediterraneo, ma ancor di più nel Mare del Nord, nell’Atlantico e nel Mar Nero

Quella che in genere si trova più di frequente nei nostri mercati ittici (e di conseguenza anche nelle cucine dei ristoranti) è la specie piscatorius. La riproduzione di questi pesci non è facile, dato che la femmina diventa sessualmente matura intorno ai 14 anni, mentre il maschio la raggiunge intorno ai 6 – 7 anni. Ne deriva che la produzione di uova non è abbondante, per lo sfasamento della maturità sessuale maschile e femminile. In queste specie non vi è infatti il parassitismo sessuale (tipico di altri individui della stessa famiglia e di altre abissali), fenomeno per il quale il maschio (quando di dimensioni molto piccole rispetto alla femmina) accoppiandosi si fonde corporalmente con questa, tanto da essere poi alimentato dal corpo femminile. 

La rana pescatrice viene pescata mediante la piccola pesca costiera sia locale (cioè fino a 12 miglia dalla costa, cioè 15 km circa) sia ravvicinata (cioè fino a 40 miglia dalla costa, cioè 74 km circa), usando reti da posta (chiudono e sbarrano spazi di mare, catturano le prede impigliandole con la testa nelle maglie), palangari di fondo o palamiti (attrezzo consistente in un lungo cavo principale detto “trave” o “lenza madre”, realizzato con cordino o anche con una piccola fune in acciaio, a cui sono collegati ad intervalli regolari gli ami, tramite spezzoni di lenze detti “braccioli“ di diametro inferiore), o ancora a strascico (tipo di rete da traino tirato da una imbarcazione, costituito da molti pezzi di rete con diverse dimensioni); la pesca amatoriale avviene invece con le classiche canne o in immersione subacquea. 

Dal punto di vista nutrizionale, la carne della rana pescatrice (parliamo di rana pescatrice se intera, coda di rospo se spellata, eviscerata, privata della testa, che rappresenta circa il 70% del corpo) è molto delicata e digeribile vista la sua composizione: su 100 grammi la parte edibile è del 33%, di cui l’84% è costituita da acqua, con  62 kcal di energia apportata, 12,8 g di proteine, 1 g di grassi, 50 mg di colesterolo (attenzione quindi a non esagerare), carboidrati solubili 0,6 g (solo glucosio), mentre tra i diversi sali minerali presenti primeggiano potassio (400 mg), fosforo (165 mg), cloro (370 mg) e zolfo (300 mg), seguiti da ferro, calcio, selenio, iodio e altri in dosi minori. Sono presenti anche vitamine, sia liposolubili (A, E) che idrosolubili (B1, B2, B6, B12, C, ecc.). Tra gli acidi grassi della rana pescatrice, sono state riscontrate tracce di acidi grassi essenziali (LA e ALA) e di due semi-essenziali (EPA e DHA): i primi sono quelli che l’organismo umano non riesce a sintetizzare, mentre i secondi derivano dalle trasformazioni biologiche dei primi. 

In commercio, la coda di rospo si trova sia fresca che congelata o surgelata, e sia intera che a tranci senza testa. La sua pulizia ed eviscerazione non è semplice per cui si consiglia sempre di farla effettuare dal rivenditore, oppure di acquistare le code di rospo già pulite. Se non deve viene subito mangiata, la rana pescatrice deve essere tenuta in frigo anche per evitare la formazione dell’istamina. Si tratta di un’ammina biogena che alcuni batteri producono trasformando l’amminoacido istidina presente nella rana pescatrice; essa è responsabile di reazioni infiammatorie e/o allergiche (comparsa in pochi minuti o in poche ore di sensazione di bruciore nella bocca, calo della pressione sanguigna, mal di testa, pruriti cutanei, nausea e vomito, diarrea). La presenza di questa sostanza è normalmente indice di uno scorretto mantenimento della catena del freddo e del mantenimento del pesce a temperature più elevate. L’istamina non viene distrutta né dal congelamento né dalla cottura. 

Ad ogni modo, la rana pescatrice pulita, spellata ed eviscerata può essere conservata in frigorifero al massimo per 2-3 giorni (non oltre), riposta in un contenitore ermetico o in un sacchetto alimentare, si può anche decidere di surgelarla a -18°C in un apposito sacchetto, eliminando possibilmente tutta o quasi l’aria e conservandola al massimo per 3 mesi. Naturalmente, l’ideale come sempre sarà consumare e quanto prima in cottura il pesce per degustarne al massimo il buon sapore.

Al momento dell’acquisto, l’odore della rana pescatrice deve essere delicato e gradevole, senza sentori di ammoniaca, l’aspetto deve essere brillante e le carni devono avere un colore bianco leggermente rosato (il colore grigio-giallastro è segno di un prodotto venduto “vecchio”). Essendo un pesce prelibato, delicato e costoso, bisogna porre attenzione affinché la pulizia sia ben fatta, in pescheria o da noi stessi, se scegliamo questa strada.

In cucina la carne della rana pescatrice si presenta magra e delicata, ottima anche nelle diete ipocaloriche, con un sapore differente a seconda della zona di cattura (Adriatico, Ionio, Tirreno). La parte non edibile (testa in particolare) derivata dalla pulizia (al netto dei visceri) può essere usata per preparare fumetti, brodi, risotti, squisite gelatine e zuppe, mentre con il fegato in Giappone si prepara una specialità chiamata Ankimo, considerato uno dei chinmi (prelibatezze) del Giappone, classificato al 32° posto tra le 50 pietanze più deliziose al mondo. Per preparare l’Ankimo, Il fegato della rana pescatrice viene prima strofinato con sale, quindi risciacquato con sakè, arrotolato e posto in un cilindro per la cottura al vapore.

Tornando dalle nostre parti, la rana pescatrice (o meglio la coda di rospo, visto che ci riferiamo al pesce spellato, pulito e senza testa) si presta per la cottura alla griglia, alla brace, al forno, al cartoccio, ma anche in padella. La consistenza soda e il sapore dolciastro della polpa della coda di rospo ricorda un po' quella dei crostacei. La carne con la cottura diventa pienamente bianca, oltre a ridursi in volume (non dimentichiamo che contiene l’84% di acqua da cruda), per cui bisogna porre attenzione sia alla quantità che si acquista in relazione al numero dei commensali, sia alla modalità di cottura che non porti a “stracuocere” il pesce. Non a caso, spesso nelle cotture in forno o in padella questo pesce viene adeguatamente bardato esternamente affinché si mantenga più succulento. 
 

Note bibliografiche

  • P. Manzoni – V. Tepedino, Grande enciclopedia illustrata dei pesci, Ed. Eurofishmarket
  • F. Fidanza, Tabelle di composizione degli alimenti, Ed. Idelson
  • AA.VV., Cucina marinara - Le migliori ricette per cucinare il pesce, Ed. Keybook
  • C. Scaffidi, Pesce - Come sceglierlo e rispettare il mare - 60 ricette, Ed. Slow Food
  • G. Cirignotta, Pesce - Conoscerlo, cucinarlo, servirlo - Ricette gourmet veloci e salutari con le istruzioni per riconoscere e pulire il pesce, Ed. Moka

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

1 Commento

  1. Aldo Carta07 giugno 2021 alle ore 15:24

    Fantastica.nel mio ristorante la uso cucinata ad acqua pazza poi disossata per completare un crostone con maionese di cozze e polvere di liquirizia.

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