Il vino di Cipro

Re dei vini dolci, il vino Commandaria è definito da diversi esperti "il vino più antico del mondo ancora in produzione": ecco le sue qualità

Il vino di Cipro

Cipro può essere certamente definita come l’isola del vino, poiché tanto antica in essa è la coltivazione della vite e la produzione di vino, già praticata 3.500 anni prima di Cristo (ma per alcuni studiosi si giunge anche a 5.000), grazie ai coloni greci giunti sull’isola ben foniti di pianticelle per creare futuri vigneti. Tra le perle enologiche dell’isola (cristiana ortodossa nella metà a sud, musulmana in quella a nord) splende il famoso vino Commandaria (vino di Cipro per i non greco-ciprioti), un nettare che sa di antico, di Grecia, di sole, di caldo, di vento salmastro, di fatica per coltivare e spremere un succo ineguagliabile.

Non sappiamo se fu realmente Icaros (primo mortale a cui Dioniso svelò come coltivare la vite e ottenere il vino) il primo a ottenerlo e gustarlo, ma una delle citazioni più famose di questo vino la ritroviamo ne “La Locandiera”, commedia di Carlo Goldoni, quando la bella Mirandolina lo serve allo spiantato marchese di Forlimpopoli, e con questo nettare divino tanti personaggi hanno avuto a che fare nella loro vita: scrittori come Esiodo (poeta greco antico, VIII secolo a.C. - VII secolo a.C., lo chiama manna cipriota), Plinio il Vecchio che lo chiama melitites (Como 23  - Stabia 79 d.C., naturalista e tanto altro dell’antica Roma); sovrani come Salomone (1011 - 931 a.C.) e Giovanni d’Inghilterra (1166 - 1216 il famoso Riccardo Cuor di Leone), che lo definiì “re dei vini e vino dei re”, tanto da offrirlo ai commensali per il suo matrimonio con Berengaria di Navarra (1191); e ancora, Filippo II di Francia (detto il Guercio, 1165 - 1223), Filippo IV di Francia (detto il Bello, 1268 - 1314), il sultano Selim II (Solimano 1524 – 1574, avrebbe conquistato l’isola solo per il vino Commandaria), nonchè santi come san Lazzaro di Betania e san Paolo (forse per questo il Commandaria è chiamato anche “l’apostolo dei vini”), cavalieri eroici come i Templari, quelli dell’ Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (Cavalieri Ospitalieri), che in effetti favorirono la coltivazione delle viti e la produzione di questo vino dolce. 

Il nome dato al vino varia leggermente con le zone greco–cipriote e con i paesi di esportazione, passando da Commandaria, a Commanderia, a Kommanderia, a Coumadarka, a Commanderi per lo scrittore Thomas George Shaw (1863), a Commandery per il collega Cyrus Redding (1833), ma si riporta sempre al significato greco di “Posto di comando”, in quanto all’epoca dei Templari “La Grande Commanderie” era il vasto feudo a Kolossi, vicino a Limassol, dove si coltivava la vite e si produceva questo vino. Il nome si riferisce quindi a un posto di comando militare.

Molti esperti definiscono il vino di Cipro “il vino più antico al mondo ancora in produzione”, in quanto vi è certezza della sua produzione già dall’ 800 a.C., con un sistema in campo e in cantina molto simile a quelli attuali, con effettiva regolamentazione nel 1.100 d.C. al tempo delle Crociate. Si dice che questo vino discenda da un vin de paille (vino di paglia), anticamente detto nama, ottenuto da grappoli messi a essiccare sulla paglia dopo la raccolta.

Il Commandaria ha ottenuto il riconoscimento europeo di origine protetta nel 1973 e di DOC il 2 Marzo 1990, con l’approvazione del relativo Disciplinare di Produzione che prevede un’area di coltivazione della vite e ottenimento del vino molto ristretta (tutta nel sud di Cipro, comprendente 14 comuni ai piedi dei monti Troodos, vicino alla città di Lemesos in greco (Limassol in turco, Limisso in italiano). I vigneti destinati al Commandaria sono estesi appena 2.000 ettari, si trovano a 400-900 mt di altitudine, non sono irrigabili (lo vieta il disciplinare), hanno una densità massima di 2000 ceppi/ha e sono allevati con l’antico sistema ad alberello (tutta la vegetazione si concentra vicino al terreno, con maggiore fatica per tutti gli interventi colturali, ma con grande vantaggio per la qualità del prodotto finale in capo e in cantina).

I vitigni che si possono usare per produrre il Cammandaria solo solo due: un bianco, lo Xynisteri, e uno rosso, il  Mavro. I vitigni non sono del tipo innestato su vite americana come nel resto dei paesi vitivinicoli, ma ottenuti da piante madri con metodi vari (es. talea o propaggine) in quanto nei terreni in questione non può vivere e svilupparsi la fillossera (insetto): le piante sono quindi la massima espressione di due vitigni autoctoni, in quanto non c’è l’influenza quanti–qualitativa del portinnesto americano.

La produzione massima di uva non deve superare i 60 q/ha per poter essere destinata al Commandaria; l’eccedenza diventa vino da tavola o viene miscelata ad altre uve per altri vini IGT o da tavola. Alla raccolta (tardiva per far concentrare gli zuccheri) il contenuto in zuccheri deve essere minimo del 21,6% per la bianca, 27,6% per la rossa. Segue l’essiccazione all’aria per 10 gg in modo che si raggiunga un contenuto di zuccheri pre prigiatura del 34,2 – 41,4%, in modo da poter ottenere nel vino i 15° di alcol svolto + 7° di alcol non svolto. Dopo la pigiatura dell’uva quasi secca, il mosto si pone a fermentare per 2 - 3 mesi in serbatoi di acciaio, fermandosi spontaneamente quando l’alcol ha raggiunto i 15°, in quanto a tale concentrazione di alcol etilico i lieviti fermentanti muoiono e precipitano sul fondo, dissolvendosi e conferendo così altri profumi e sapori al vino finale. Con la filtrazione ripetuta il sedimento sarà eliminato e il vino non sarà torbido.

Il Commaderia quando la gradazione è già sui 10° può essere fortificato con l’aggiunta di alcol etilico al 96° o con distillato di almeno 70°. Dopo svinatura e filtrazione, il vino passa nelle botti (di castagno o rovere) dove resta per almeno 2, 4, 8 o 12 anni (tipologie: invecchiato, molto invecchiato, eccezionalmente invecchiato, raramente invecchiato). Si tratta di un metodo millenario di produzione del vino, chiamato mana, per il quale nelle botti viene sempre lasciata una piccola quantità di vino dell’annata precedente (una variante del metodo Solera usato per lo spagnolo Sherry e l’italiano Marsala). A volte però si va oltre aggiungendo vini di diversa età, alcuni di annata (cioè con data certa della vendemmia), in modo da ottenere miscele ricche di aromi e profumi di pregio.

L’imbottigliamento del vino dolce di Cipro può avvenire nella zona di produzione o fuori da questa, usando bottiglie tipo Cognac o tipo Porto (bocksbeutel, appiattita e dal collo lungo come anche per Madeira e Vinho Verde portoghesi). Si tratta di un vino molto dolce, talvolta fortificato, con gradaziona alcolica finale minimo di 15°, gradazione potenziale di 22,5° per l’alcol derivabile dallo zucchero non fermentato che dona la dolcezza.

La temperatura di servizio data l’estrema dolcezza è di 8-10°C (e anche un pò meno volendo), in modo da non avvertire la stucchevolezza del sapore dolce. Il vino si presenta ricco di corpo, quasi denso per la ricchezza di zucchero ed estratto, di un colore variabile dall’ambra al marrone scuro in funzione dei vitigni usati (solo bianco o solo rosso o misto e dell’nvecchiamento quanto a durata e tipo di botte usata), con un evidente profumo di caffè, frutta secca, frutti di bosco, e una freschezza (acidità) ben percepibile nonostante la dolcezza (durezza e morbidezza insieme).

Per il suo corpo rilevante e per la ricchezza di zuccheri può essere conservato per decenni, senza tema di peggiorare. A Cipro lo si usa anche come vino da tavola, spesso tagliato con vino secco (1/3 dolce e 2/3 secco) per essere più adatto al pasto. In realtà è un vino da meditazione, oppure da fine pasto, puro o abbinandolo a dolci secchi, frutta secca, cioccolato fondente mentre nel pasto si abbina felicemente con formaggi erborinati o molto stagionati e piccantini.

Note bibliografiche
AA.VV., L’universo del vino, Ed. Enosis
AA.VV., I vini del mondo, Ed. Gribaudo
A. Dominé, Vino. Ed. Gribaudo/Kolemann
L. Veronelli, Bere giusto, BUR Rizzoli
La degustazione del vino - AIS 
Viticoltura ed enologia - AIS

Photo via Canva

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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