Occhio al marketing "mediterraneo"!

Dal mare all’aggettivo: ecco come la parola “mediterraneo” utilizzata sui claim dei prodotti alimentari può rivelarsi ingannevole (ed impari)

Occhio al marketing "mediterraneo"!

Nel vasto panorama del marketing alimentare, c’è una parola che già da diversi anni ha guadagnato un posto di rilievo nella narrazione pubblicitaria: mediterraneo. Accostata a immagini di olivi secolari, coste soleggiate e cibi genuini, questa definizione evoca nella mente del consumatore italiano un senso di familiarità, qualità e autenticità. Ma quanto è realmente "mediterraneo" ciò che viene promosso con questo termine? E quanto è coerente con l’immaginario che suscita?

Spesso si dimentica che il mar Mediterraneo bagna le coste di ben tre continenti: Europa, Asia e Africa. Tuttavia, nel contesto del marketing italiano, il termine "mediterraneo" tende a essere percepito come sinonimo di prodotti tipici del nostro territorio, con un’attenzione particolare agli ingredienti di origine nazionale o, al massimo, di Paesi limitrofi come Spagna o Francia.

La realtà è però ben diversa. Molti dei prodotti pubblicizzati come "gusto mediterraneo", "ricetta mediterranea" o che citano l'uso di specifiche materie prime "mediterranee" contengono ingredienti provenienti da paesi dell’Africa o dell’Asia che si affacciano sullo stesso mare. Pensiamo, ad esempio, alle mandorle o ai fichi secchi che spesso arrivano dalla Turchia, o alle olive importate dal Marocco e dalla Tunisia, e ancora arance, uva sultanina...

Qualcuno si starà di certo domandando dove risieda il problema. Ebbene, per la nostra visione, l’abuso eccessivo del termine “mediterraneo” a fini di marketing del cibo di cui ci nutriamo rischia di scatenare sia incomprensione che imparità. E spieghiamo subito il perché.

Sebbene vi siano aziende africane e asiatiche che operano in piena qualità rispettando standard elevati per produrre le proprie specialità (ancor più quando facenti parte di tradizioni gastronomiche locali antiche), non bisogna dimenticare che qualsivoglia paese extra UE rispetta parametri di igiene, sicurezza, qualità alimentare e relativi controlli differenti dai paesi che dell’Unione Europea fanno parte. Dunque, a nostra insaputa, gli ingredienti importati dalle aziende che producono alimenti dagli ingredienti pubblicizzati come "mediterranei" potrebbero contenere (ad esempio) un tasso più elevato di residui di pesticidi, o additivi come coloranti o conservanti non sempre ammessi all’uso in Europa. 

La questione sull’uso smodato del termine “mediterraneo” per raccontare e vendere meglio taluni prodotti alimentari si riflette anche su aziende del nostro territorio che nel “mediterraneo italiano” credono davvero e ne hanno fatto una missione, nonostante i costi sempre più elevati da affrontare per portarla avanti. È proprio per loro che la situazione si presenta impari, perché nell’apposizione della medesima terminologia sui claim comunicativi del proprio prodotto si vanno a “mescolare” inevitabilmente a tutti gli altri, senza che i consumatori notino particolari differenze oltre il prezzo. 

E qui veniamo all’ultimo, dolente punto: la problematica del termine “mediterraneo” utilizzato a fini di marketing alimentare è legata anche alla trasparenza e alla coerenza verso i consumatori. Un consumatore italiano, attratto e particolarmente legato alla parola "mediterraneo" (poiché vive nel bel mezzo di questo mare e per questo se ne sente circondato a pieno), la associa a ingredienti strettamente legati al proprio territorio e alle sue eccellenze agroalimentari. Di conseguenza, si crea un divario tra la qualità reale del prodotto – che potrebbe anche rivelarsi ottima, ma comunque non conforme alle aspettative – e qualità percepita.

Quale messaggio si trasmette, allora, quando alimenti (sempre più di produzione industriale) a base di materie prime globalizzate si (tra)vestono del fascino di questa denominazione? Il successo della parola "mediterraneo" nel marketing alimentare è innegabile, ma il suo abuso rischia di minare la fiducia del consumatore attento e informato. Sarebbe auspicabile un maggiore impegno da parte dei produttori nella trasparenza sull’origine degli ingredienti e nello specificare cosa si intenda per "mediterraneo" nei loro prodotti.  

Consumatori: occhi aperti! Il potere di discernere è soprattutto nelle vostre mani. Leggere attentamente le etichette, informarsi sull’origine degli ingredienti e confrontare prodotti equivalenti sono passi fondamentali per fare scelte consapevoli. Solo così possiamo contribuire a un mercato alimentare più etico e rispettoso delle aspettative di chi acquista.

Photo via Canva

Scritto da Sara Albano

Laureata in Scienze Gastronomiche , raggiunta la maggiore età sceglie di seguire il cuore trasferendosi a Parma (dopo aver frequentato il liceo linguistico internazionale), conseguendo in seguito alla laurea magistrale un master in Marketing e Management per l’Enogastronomia a Roma e frequentando infine il percorso per pasticceri professionisti presso la Boscolo Etoile Academy a Tuscania. Dopo questa esperienza ha subito inizio il suo lavoro all’interno della variegata realtà di Campoli Azioni Gastronomiche Srl, , dove riesce ad esprimere la propria passione per il mondo dell'enogastronomia e della cultura alimentare in diversi modi, occupandosi di project management in ambito di marketing e comunicazione e consulenza per il food service a 360°, oltre ad essere il braccio destro di Fabio Campoli e parte del team editoriale della scuola di cucina online Club Academy e della rivista mensile Facile Con Gusto.

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