Cos'è la frollatura?

Un processo fondamentale per ammorbidire le fibre della carne e conferir loro anche più sapore: scopriamo la frollatura delle carni bovine

Cos'è la frollatura?

La carne fa bella mostra nel banco della nostra macelleria di fiducia: ne ammiriamo il bel colore, valutiamo il grado di presenza di grasso, la grana del muscolo tagliato: in una parola la pregustiamo già guardandola, già immaginando di metterla subito a cuocere! Ma bisogna sapere che un processo fondamentale che consente alla carne bovina di presentarsi bene ed essere buona da mangiare è la cosiddetta frollatura, oltre ovviamente a come gli animali sono stati allevati, alimentati, curati e macellati: approfondiamo insieme di cosa si tratta.

La frollatura è un procedimento tecnico proprio della buona macelleria, mediante il quale la carne viene fatta maturare all'interno di ambienti con temperatura, umidità, ph ed altri parametri strettamente controllati, per distendere e intenerire le fibre muscolari rendendole pronte per la cottura, di buon sapore e odore. Questo è un processo fondamentale da portare avanti per poter consumare diversi tipi di carne.

Quando parliamo di carne ci riferiamo ai muscoli scheletrici, cioè ai muscoli striati che sono di tipo volontario. Questi muscoli sono costituiti da fibre, formate a loro volta da cellule chiamate miofibrille, ricche di miosina e actina utili per la contrazione e il rilassamento del muscolo volontario. L’unità contrattile minima del tessuto muscolare striato si chiama sarcomero, mentre il sarcolemma è, invece, la menbranella connettivale che avvolge le fibre muscolari. Detto questo, dopo la macellazione nella carne si verificano tutti i processi classici della demolizione delle proteine muscolari: compare il rigor mortis o rigidità cadaverica (sopravviene dopo 10 h nei suini, 9-12 h negli ovini, 12-24 h nei bovini, 48 h negli equini, e scompare in tutti dopo 1-2 giorni) in quanto con il procedere della glicolisi post mortem (a carico del glicogeno e del glucosio presenti nei muscoli) il muscolo diviene inestensibile e duro.

Ciò si spiega con la fine della produzione di ATP (adenosinatrifosfato, trasportatore di energia nelle reazioni biochimiche) che si verifica con la morte, per cui viene a mancare l’elemento  (ATP) che determinava la rottura dei ponti tra miosina e actina (filamenti proteici di miosina, più spessi, e di actina, sottili, i quali durante la contrazione muscolare scorrono gli uni sugli altri e, sovrapponendosi, determinano l'accorciamento delle miofibrille e, di conseguenza, della fibra muscolare) nelle miofibrille (le cellule allungate, ricche di proteine, che formano i muscoli), consentendo il rilassamento del muscolo (mentre per la contrazione i ponti si creavano senza l’intervento di ATP). 

L’animale macellato, al fine di intenerire le carni e creare aromi e colore positivi, è dunque sottoposto a frollatura, cioè ad una conservazione al di sopra del punto di congelamento che determina un aumento della tenerezza e dell’aroma. Durante le prime 24 – 36 ore post mortem, il fenomeno predominante è la glicolisi post mortale, grazie alla quale il glicogeno (polimero del glucosio accumulato come riserva nel fegato, nei muscoli scheletrici, cuore, reni e tessuto adiposo) e il glucosio muscolari sono trasformati in acido lattico (quello che causa i crampi e che fa avvertire dolore muscolare dopo uno sforzo o una corsa) con abbassamento del pH verso valori di acidità, che si attestano intorno a  5-5,2. In conseguenza  ci si trova di fronte a muscoli irrigiditi, carne molto dura.

Quando il pH raggiunge il valore di 5,4-5,5, cioè il punto isoelettrico (PI) delle proteine (quando le proteine perdono le loro cariche elettriche), il glicogeno e il glucosio sono stati tutti trasformati in acido lattico, per cui comincia la denaturazione delle proteine della carne (che ricordiamo hanno struttura allungata, terziaria e quaternaria) grazie agli enzimi proteolitici, cioè un riarraggiamento spaziale e intramolecolare senza idrolisi dei legami peptidici (la denaturazione è solo un fenomeno fisico che riguarda la stericità (distribuzione nello spazio) molecolare delle proteine terziarie e quaternarie.

Gli enzimi proteolitici determinano la demolizione dei peptidi (unità di amminoacidi costituenti i vari tipi di proteine), con intenerimento delle carne e formazione di sostanze che danno il gusto di carne, l’aroma e il colore di carne (la mioglobina, simile all’emoglobina del sangue, si trasforma in ossiemoglobina in cui vi è Fe⁺⁺, cioè ridotto, con colore rosso porpora vivace); a tali processi aromatici contribuiscono anche i derivati della lipolisi (demolizione dei grassi in unità più piccole). Ovviamente le modificazioni descritte restano accettabili in quanto poi si procede a cottura o trasformazione delle carni, perché al contrario se procedessero indiscriminate, inizierebbero modificazioni maggiori a carico di proteine e grassi, oltre all’inizio dell’azione di microrganismi sui componenti del muscolo (putrefazione delle proteine e irrancidimento dei lipidi), rendendo la carne non utilizzabile. 

In particolare, dal momento il cui il pH finale della glicolisi è stato raggiunto, l’ATP è stato in gran parte degradato ad acido inosinico, fosfato inorganico e ammoniaca. Successivamente all’acido inosinico si forma anche ipoxantina, la quale alla concentrazione di 1,5 – 2 µmoli/g conferisce alla carne il tipico aroma e sapore. La degradazione delle proteine e dei grassi durante la frollatura contribuisce al sapore producendo idrogeno solforato, ammoniaca, acetaldeide, acetone e diacetile (sostanza che troviamo anche nel burro al quale conferisce odore tipico). Ovviamente, se si verifica la rancidità ossidativa dei grassi (con formazione di radicali liberi e acidi grassi), i prodotti che ne derivano influiscono sul sapore e aroma in modo fortemente negativo. Così come non è desiderato l’aumento sia degli amminoacidi liberi (derivanti dalla degradazione dei peptidi come fase finale della proteolisi), che dei carboidrati solubili come il glucosio: in tali condizioni si verifica la reazione di Maillard con formazione di composti bruni. 

Per quanto la frollatura aumenti, in un certo grado, la capacità delle proteine di trattenere acqua, predomina la perdita di questa dovuta alla denaturazione e alla diminuzione del pH post mortem, per cui la carne trasuda liquidi. Per condurre una corretta frollatura la carne bovina deve sostare in cella frigorifera ad una temperatura tra 0 e 2 gradi, con un umidità controllata che si aggira attorno all’85-90% e l’areazione deve essere adatta e costante, con durata variabile da 3 a 10 gg. Bisogna però precisare che ogni macellaio dovrebbe decidere la durata di questa operazione e le sue caratteristiche di T e UR e ventilazione in base alle caratteristiche della carne. 

La frollatura delle carne bovina ha una durata variabile anche in base a razza bovina, grandezza dell’animale (giovane, adulto, anziano, castrato o meno, femmina o maschio, ecc.), grandezza del  pezzo (mezzene, tagli medi  o più ridotti), quantità di grasso presente, tipi di tagli da ricavare. Ogni macellaio applica nella frollatura la propria esperienza pluriennale. Ciò che contraddistingue una carne frollata di alta qualità è l'aspetto roseo e fresco; la carne sottoposta a frollatura, infatti, quando è pronta viene privata della parte esterna più scura.

La frollatura realizzata su larga scala e in appositi impianti di macellazione è quella umida (wet aging), ed esiste anche un procedimento più veloce per condurla, detto frollatura sottovuoto, più rapida, applicabile su larga scala e capace di far immettere sul mercato grandi quantità di carne in breve tempo (e con minore calo peso): consiste nel frollare la carne in pezzi più piccoli, anziché in mezzene, ponendoli in sacchetti sottovuoto ad una temperatura tra 0-2°C per una settimana o 10 giorni.

Esiste poi una frollatura di qualità superiore, detta frollatura a secco (dry aging) praticata dal singolo macellaio in impianti più piccoli, a dimensione di negozio, oppure in piccole celle a vista esposte nel negozio, in modo che il cliente più esigente possa valutare la frollatura delle carni di qualità operata in una certa macelleria. Con questa frollatura la carne può sottostare a determinate condizioni termiche e di umidità molto ridotta, anche fino a 120 giorni.

Nella frollatura a secco dopo 7-8 giorni la carne apparirà con colore rosato (non scuro), luminoso e saturo, lucente, con ricchezza di acqua e quindi succosità, ma la consistenza sarà notevole per la presenza di troppo collagene (è la principale proteina fibrosa del tessuto connettivo negli animali, materiale non solubile che fa aumentare la durezza della carne anche se cotta), il sapore è quasi assente (il sapore dipende dal grasso presente, sia di tipo visibile che non visibile, cioè di marezzatura). Dopo 15-20 giorni la bella bistecca (tipo fiorentina) in bella vista nella celletta di frollatura a secco, si presenterà invecchiata, con poco colore, peraltro più scuro del precedente, quasi senza lucentezza per la perdita di acqua (dal 5 al 10%  in peso); il grasso in vista sarà duro, compatto, asciutto, biancastro, poco invitante, come tutto il pezzo di carne esposto. A questo punto della frollatura molti macellai vendono la carne, la quale a dispetto dell’esteriorità criticabile, sarà tenera, saporita e dal buon odore di carne, completamente diversa da quella che si sarebbe ottenuto con la frollatura con il metodo wet

Alcuni macellai proseguono ancora nella frollatura a secco e dopo 20 – 30 giorni espongono nella piccola cella frigorifera pezzi di carne asciutta (continua la perdita di acqua fino al 15% del peso), secca, opaca, rinsecchita, con striature bianche, grasso secco e ingiallito, ma dalla tenerezza unica e dal sapore di carne speciale, completamente lontano dalla carne frollata classicamente e da quella frollata sottovuoto che troviamo in vendita attraverso la GDO. 

L’ultima categoria di macellai "ossessionati" dalla frollatura a secco e quella che porta fino a 120 giorni tale procedimento. La carne allora si presenterà veramente come deprecabile oggetto esposto nella macelleria (nette striature e chiazzature di muffa, quasi una crosta su carene e grasso visibile, scura, asciutta per la perdita del 30 – 40% di acqua), ma in realtà sarà tenerissima, ricchissima di sapore e profumo, ancora superiore a tutte le precedenti. Vien da sè che più dura la frollatura e più aumenta il prezzo della carne, considerato che per attuarla occorre tanta esperienza e bravura oltre che energia di mantenimento delle celle di conservazione: ma un gourmet non bada al prezzo quando si trova di fronte ad una carne davvero ben frollata! 

Note bibliografiche
Bittante - Andrighetto - Ramanzin, Tecniche di produzione animale, Ed. Liviana
Disselhorst - Mangold, Compendio di anatomia e fisiologia degli animali domestici, Ed. Ambrosiana
Lawrie - Ledward, Scienza della carne, Edagricole   

Photo by Sara Albano

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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