Sapote: il frutto che si fa in 4

Dalla terra dei Maya e degli Aztechi, 4 dolcissimi frutti esotici tutti da scoprire (accomunati da uno stesso nome)

Sapote: il frutto che si fa in 4

Mammey sapote, sapote nero, sapote bianco, sapotiglia (o sapodilla): 4 varietà di frutti, tutti accomunati dal nome sapote che significa frutto dolce. Esotici nel nome, interessanti per il colore e per il gusto, dolci, dolcissimi e tipici dell’America centrale (l’origine della coltivazione e del consumo risale ai Maya e agli Aztechi), questi frutti quasi ancora del tutto sconosciuti in Europa e in Italia meritano di essere scoperti. 

Il mamey sapote o pouteria sapota è nativo dell’America centrale e dei Caraibi, appartiene alla famiglia delle sapotaceae e oggi è coltivato in tutta l’America Latina, in alcune zone degli Stati Uniti e in Australia. Il frutto ha dimensioni variabili dagli 8 ai 20 centimetri (cosa che gli vale l’appellativo di sapote enorme, gigante), la buccia coriacea di color marrone terra (che ricorda quella del kiwi) e la polpa dal colore rosa salmone al rosso intenso. Il frutto va consumato ben maturo, perché altrimenti risulta allappante e immangiabile per la durezza. Al giusto grado di maturazione, la sua polpa diventa morbida e cremosa, dal sapore dolce e dalla consistenza un po' sabbiosa per via di una specie di granuli in essa contenuti.

I palati più raffinati ne avvertono sentori di mandorla e cioccolata. Tagliato in due e rimossi i grandi semi neri, la polpa cremosa si mangia con il cucchiaino o lavorata in frullati, gelati, frappè o confettura. Anche a livello nutrizionale il mamey sapote è molto interessante soprattutto perché è uno dei frutti con la più alta percentuale di vitamina B6 in una forma altamente digeribile; è inoltre ricco di vitamina B3, B2, C ed E. Oltre ad essere un buon integratore vitaminico contiene anche potassio, manganese e fibre solubili e non; queste ultime gli conferiscono la capacità di dare un prolungato senso di sazietà, rendendolo ideale per il controllo del peso. Dal seme grande nero e lucido che si trova all’interno si ricava un delizioso olio dal sapore simile a quello delle mandorle, dall’alta concentrazione di vitamina C.

Un altro membro acquisito della famiglia è il sapote nero (nome botanico Diospyros nigra) che in realtà appartiene alla categoria delle Ebenaceae. Questo frutto dalla forma rotondeggiante, polpa nera e buccia verde ha una consistenza leggermente appiccicosa e viene chiamato kaki nero, kaki cioccolato o frutto budino al cioccolato per le sue tipicità. La polpa, infatti, quando completamente matura è di colore marrone scuro e consistenza cremosa, con un gusto che ricorda quello del cioccolato con un lieve retrogusto di banana.

Nonostante la dolcezza della polpa, i frutti contengono il 70% di acqua, zero grassi e solo 45 kcal per 100 grammi; sono ricchi di fibre, minerali (ferro, rame, potassio, fosforo, rame) e vitamine (A, B1, B2, B3, C e K) e sono usati come coadiuvanti della digestione. In cucina si possono consumare tal quali al cucchiaio, spalmati sul pane o per la preparazione di dolci, anche al posto del cioccolato per preparare mousse, budini, biscotti, torte, frullati e granite.  Spesso è consumato con l’aggiunta di vino Porto o di altri liquori tipo rum e brandy o con l’aggiunta di zucchero di canna e cannella. Gustosa anche la versione con il succo d'arancia o il latte.

Anche il sapote bianco, a dispetto del nome, non è il frutto di una Sapotacea ma appartiene alla famiglia delle Rutaceae. Originario della Costa Rica e del centro America, è comunemente chiamato frutto della narcosi (i semi, infatti, hanno proprietà narcolettiche). La pianta, sempreverde, produce una drupa di medie dimensioni, simile nell’aspetto ad una mela verde che diventa gialla con la maturazione. La buccia non è commestibile, ma la polpa è dolce e ricorda il sapore della banana rossa con sentori di vaniglia. Il sapote bianco è interessante per le sue proprietà benefiche attribuitegli dai composti farmacologicamente attivi presenti nei semi e nella polpa. Contiene infatti flavonoidi e zapotina che agiscono come neurotrasmettitori svolgendo una funzione antiossidante. Sebbene si tratti di un frutto ancora poco conosciuto, risultano interessanti alcuni tentativi di coltivazione del sapote bianco fatti in Sicilia, Puglia e Calabria.

La sapotiglia (o sapodilla) appartiene di diritto alla famiglia delle Sapotacee: si tratta di una pianta delicata, originaria del Messico. La delicatezza dei suoi frutti la rende inadatta al trasporto e questo giustifica la sua presenza nei soli mercati dell’America centrale, della California e dell’Australia, zone in cui viene coltivata. La polpa è leggermente granulosa e ricorda la consistenza della pera anche se molto più succosa e profumata. Dal sapore così dolce da essere paragonata al miele, deve essere consumata matura perché la presenza di tannini rende il frutto acerbo sgradevole al palato. Dai semi si ricavano infusi e tisane, mentre dal latticello bianco che secerne quando è ancora acerbo – chiamato cichlé - si ottengono le gomme da masticare (da qui il termine “cicche”). E’ una buona fonte di vitamina C, A, ferro, potassio e rame, ha proprietà antiossidanti e leggermente lassative. Si può consumare al cucchiaio o aggiunta alle macedonie, frullata, per la preparazione di gelati, sorbetti e confetture.

In Italia questi frutti non sono ancora diffusi nei mercati e quasi inesistenti sono i tentativi di coltivazione, tuttavia, le loro peculiarità e la curiosità sempre frizzante per tutto ciò che è esotico li rende al momento tra i frutti più ricercati e cliccati in rete. Non perdete l'occasione di gustarli in previsione di un bel viaggio oltreoceano!

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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