Quante orzate?

La denominazione “orzata” accomuna diverse bevande, a base di mandorle e non: scopriamole di paese in paese

Quante orzate?

Paese che vai… orzata che trovi! Benché tutto parta da un antico elisir, oggi in giro per il mondo esistono tante bevande accomunate dal nome “orzata” ma in realtà diverse per composizione e sapore.  

In questa famiglia variegata di bevande, dal sentore fresco e profumato, tutte risalgono ad una antichissima preparazione da bere di origine romana a base di orzo, da cui proviene il nome (hordeum, orzo e hordeata, “bevanda a base di orzo”). All’orzo - coltivato abbondantemente in Europa e nel vicino oriente - venivano attribuite proprietà rinfrescanti tanto che Ippocrate consigliava l’acqua d’orzo, idratante e ricca di sostanze nutritive, sia per i malati che per i sani (fu sempre lui a pronunciare la celebre massima “lascia che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo”). 

Ottenuta facendo bollire l’orzo in acqua, questa bevanda aveva poco sapore e veniva così addolcita con il miele e aromatizzata con erbe fresche. Le lodi dell’acqua d’orzo arrivarono anche da Catone il Vecchio che, nel suo De Agricoltura, la consigliava nelle calde giornate soprattutto per i bambini; più tardi anche Galeno la riconobbe come nutriente nel suo De alimentorum facultatibus

Dall’antica Roma l’orzata ha viaggiato per terra e per mare adattandosi e trasformandosi in quelle che conosciamo oggi come le sue varianti a base di cereali, frutti e semi diversi. Oggi troviamo l’orzata, oltre che qui da noi, anche in Francia, in Spagna, in Inghilterra per arrivare sino al sud America, ognuna con caratteristiche proprie. Partendo dall’Italia è necessario per prima cosa correggere un errore che spesso confonde, nell’immaginario del gusto, l’orzata con il latte di mandorla; non sono affatto la stessa bevanda, hanno infatti carattere e storia ben distinti. Il latte di mandorla è prodotto con mandorle dolci sminuzzate e tenute in infusione a freddo in acqua e successivamente spremute; l’orzata invece è uno sciroppo e come tale, essendo concentrato, va consumato diluito e soprattutto non contiene mandorle se non in forma di aroma (che conferisce appunto il tipico profumo intenso).

L’orzata “moderna” (quella cioè che ha perso l’orzo come ingrediente base, mantenendone solo il nome) è una bevanda analcolica di origine vegetale ottenuta a partire dal benzoino (la molecola presente nell’olio di mandorle amare) deacidificato, essenza di mandorle amare, estratto di vaniglia e fiori d’arancio. Venduta come sciroppo, va consumata diluita con acqua o latte, aggiunta di menta o caffè, ed è tipica dei mesi estivi, ideale per i bambini, ricercata dagli adulti come bevanda vintage.

Anche la Spagna ha la “sua” orzata, chiamata horchata de chufa. La chufa, o noce tigre (zigolo dolce in Italia), è un tubero originario del nord Africa, introdotto in terra spagnola dai Mori, dal sapore dolce che ricorda proprio le mandorle e molto profumato. Una leggenda narra che nel XIII secolo il re Giacomo I di Spagna bevendo una tazza di una sconosciuta bevanda rinfrescante offertagli da una giovane contadina esclamò, in dialetto valenciano, “això es o, xata” ("questo è oro, bella ragazza"); è di quei decenni, inoltre, un libro di ricette catalano che propone proprio il latte di chufa, questa miscela di noci tigre imbevute e macinate, zuccherate e aromatizzate con cannella e scorza di limone.

Da allora la bevanda è popolare e amata in tutta la penisola iberica. Valencia è rimasta la città simbolo dell’horchata, preparata e venduta in tutti gli angoli delle vie e nei vicoli, dove la si trova in tutti i periodi dell’anno e a tutte le ore del giorno. In Inghilterra, nel XVIII secolo, l’orzo fu abbandonato come ingrediente base per produrre con le mandorle una bevanda chiamata orgeat, preparata con l’aggiunta di zucchero e fiori d’arancio e servita fredda. Oggi l’orgeat è uno sciroppo utilizzato per preparare cocktails.

Oltre oceano, l’orzata giunge fino in Messico (portata dai conquistadores spagnoli) dove se ne hanno le prime tracce nel XVI secolo; quella messicana è chiamata anche agua fresca, ed è una bevanda dolce e leggermente cremosa (dalla consistenza di un budino leggero), ottenuta lasciando per alcune ore il riso bianco (che prende il posto dell’orzo) in una miscela di acqua, cannella, lime e zucchero. Anche questa versione, bevuta fredda, è rinfrescante e perfetta nelle calde giornate estive.

Nelle zone settentrionali del paese, ne esiste un adattamento chiamato horchata de cebada (letteralmente bevanda fatta con orzo che richiama la versione originaria dell’elisir di romana memoria). Nella versione venezuelana e portoricana troviamo, invece, i semi di sesamo, in quella salvadoregna i semi macinati di morro (un frutto verde dal guscio duro appartenente alla famiglia dei calabash), noce moscata e coriandolo.

Meritano di essere citate anche la rozata tunisina servita spesso in versione piccante e aromatizzata alla frutta, e la ruggata maltese aromatizzata con cannella e chiodi di garofano. Non più solo a base di orzo, espressione delle tradizioni locali e delle contaminazioni geografiche, l’orzata è dissetante, rifrescante, non contiene caffeina ed è generalmente priva di glutine, dunque perfetta per tutti, soprattutto nei periodi caldi (pur sempre prestando attenzione agli zuccheri contenuti: occhio ai dosaggi degli sciroppi di orzata e alla lettura delle loro etichette).
 

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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