Il formaggio Schiz

Una specialità fresca del latte che proviene dal Veneto e promette emozioni: scopriamo la storia e i migliori usi in cucina dello Schiz

Il formaggio Schiz

La tradizionale e secolare saggezza contadina per evitare gli sprechi degli alimenti, in ossequio sia alla bontà divina (per chi crede) sia alla magnanimità di madre natura che fornisce la materia prima, e ancora all’intelligenza umana che la trasforma e la valorizza per sfamarsi senza fare torto a nessuno, trova in Veneto una delle sue massime espressioni nel settore caseario. Lo dimostra la presenza nella regione di ben 46 specialità casearie tra formaggi tra DOP (10) e PAT (35, di cui 3 ricotte). 

Spicca tra tutti, per semplicità e strettissima correlazione con la parsimonia e la povertà di un tempo, tanto diffusa tra i contadini e le loro famiglie, il formaggio Schiz, il cui stesso nome è emblema indiscutibile di fame da saziare con tutto ciò che in azienda si produceva, scarti compresi. Infatti la parola Schiz, equivalente all'abbreviazione dialettale di schizzo/schizzare, indicherebbe semplicemente che quando la fetta di formaggio si cuoce in padella emette goccioline acquose che si trasformano in veri e propri schizzi (per evaporazione immediata dell’acqua contenuta nelle gocce di siero interno); meno accettata è l’ipotesi che Schiz derivi dall’atto dei malgari di ritagliare le frange di cagliata (o cordere) di altri formaggi durante la pressatura nelle forme (fascere) - come l’Agordino di Malga e il Malga bellunese – ricordando ai lettori che malga vuol dire alpeggio estivo - autunnale dei bovini (in montagna, quindi oltre i 700 m s.l.m per quanto riguarda il Nord Italia), oltre che indicare una struttura in pietra e legno che ospitava animali e pastori nel detto periodo, dotata anche di locale per la produzione di formaggio.

Le strisce di formaggio ritagliate si usavano in giornata o il giorno dopo (in mancanza dei sistemi di refrigerazione moderni), cuocendole in padella e affiancandole alla polenta, per un pasto nutriente, economico, riciclando qualcosa che forse altrove sarebbe stato eliminato, mentre con grande soddisfazione i malgari se ne cibavano. 
In passato si pensava allo Schiz come a semplici ritagli di cagliata calda, mentre con l’attuale normativa sui formaggi è considerato un vero e proprio formaggio (non stagionato ma da consumare appena pronto), con una sua specifica tecnica di produzione, tanto apprezzato da essere riconosciuto dalla Regione Veneto quale PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale).

È stato anche inserito da Slow Food nell'Arca del Gusto, viene fatto degustare (con altri formaggi) da chi si avventura sulle Strada dei formaggi e dei sapori delle Dolomiti bellunesi (istituita nel 2006) ed è annoverato nella Carta Qualità del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi (istituito nel 1990, esteso 31.512 ha, comprendente 15 Comuni in un contesto, quello delle Dolomiti, inserito nel Patrimonio dell’Umanità UNESCO). La zona per la produzione dello Schiz è quella della provincia di Belluno, in particolare nei comuni di Belluno e Feltre. Lo Schiz storicamente era tipico formaggio di malga, oggi lo si produce tutto l’anno e non più solo nelle malghe.

La razza bovina che fornisce il pregiato latte è (in prevalenza) la Bruna Alpina, con alimentazione al pascolo in alpeggio durante l’estate-autunno (quindi con essenze vegetali profumate, in pascoli e prati naturali ricchi di tante specie botaniche, che trasferiscono al latte caroteni e tanti altri composti dal profumo e sapore inconfondibili), con fieni e mangimi durante l’inverno in stalla di pianura. Il latte per lo Schiz viene possibilmente lavorato subito dopo la mungitura, in modo da produrre un formaggio freschissimo.

Intero o parzialmente scremato (per affioramento, quando il latte viene lavorato la mattina successiva alla mungitura serale del giorno precedente), il latte può essere lavorato crudo (cioè riscaldato a 32 – 38°C) oppure pastorizzato a temperatura non elevata, in quanto tradizione vuole che nel latte crudo per lo Schiz non si aggiungano colture batteriche di laboratorio, né lattoinnesto o sieroinnesto, ed è perciò necessario preservare la valida carica di lattobacilli presenti naturalmente nel latte (provenienti dalle vacche e quindi correlata a erba dei pascoli, acqua purissima, genetica della razza), eliminando solo i batteri dannosi per la salute umana e per la riuscita del prelibato Schiz (una ulteriore selezione sarà operata quando verrà cotta anche la cagliata). Nel caso di latte pastorizzato, la prassi vuole che si possa aggiungere del sieroinnesto, dato l’abbattimento di una quota maggiore di lattobacilli operata dalla pastorizzazione (operazione relativa al latte che non ha caratteristiche tali da poterlo lavorare crudo).

Dopo 15 - 20 minuti dall’aggiunta del caglio di vitello (liquido o in polvere) si forma la cagliata, che sarà rotta con apposito attrezzo, formando particelle della grandezza di un chicco di grano. Dopo 10 minuti di riposo la cagliata viene riscaldata a 41 – 42°C, rimestando continuamente, dopo di che, spento il fuoco, la si fa un po’ raffreddare, per poi estrarla ed immergerla in acqua fredda per 10 minuti, al fine di bloccare l’aumento di acidità.

Adesso la cagliata è pronta per essere posta in forma, cioè in cestelli a forma di parallelepipedi (20x10 cm di scalzo, altezza di 4-10 cm), oggi di plastica forata, un tempo di vimini o altri materiali d'origine vegetale di montagna, capaci anche di apportare il loro odore caratteristico (ovviamente tale da non essere invadente per non alterare le caratteristiche olfattive dello Schiz). La cagliata viene quinti lievemente pressata per favorire lo sgrondo del siero che contiene. Non si procede alla salatura, dato che questo formaggio freschissimo sarà consumato subito o al massimo dopo 1-2 gg per non perdere le sue caratteristiche di freschezza, odore e sapore, molto delicati e tenui che certamente sarebbero soverchiati dal sale (se non consumato presto si noterà la formazione di una sottile pelle, a causa della perdita di acqua dalla superficie con conseguente lieve ispessimento della stessa).

A questo punto il formaggio Schiz è pronto, e si presenta come un parallelepipedo del peso di circa 2 kg, di colore bianco, senza crosta (superficie liscia); tagliandolo si noterà che la pasta è bianca, compatta, omogenea, elastica (secondo alcuni gommosa), con occhiatura appena percepibile; tagliata la fetta si avvertirà al naso un sottile odore di latte fresco e burro; gustandolo si apprezzerà il sapore dolce del latte e la delicatezza del burro, (specialmente in quello prodotto da latte intero), grazie anche alla totale assenza di sale. Lo Schiz è un formaggio di tipo semicotto (cagliata cotta a T ≤ 48°C), semigrasso (sostanza grassa su s.s. ≥ 20% - ≤ 42% da latte parzialmente scremato) o grasso (≥ 42% s.s, da latte intero), semiduro (umidità ≥ 40% - ≤ 45%), che si può conservare in frigorifero per una settimana se da latte pastorizzato, due - tre giorni se da latte crudo. Lo Schiz si vende a fette, pronto da cuocere in vari modi.

L’apporto di nutrienti di 100 g di Schiz è così riassumibile: kcal 350, proteine 20 g, grassi tot. 25 g di cui saturi 17 g, carboidrati 1 g di cui amido 0,1 g e zuccheri 1g, colesterolo 70 mg, sale (del latte) 0,005 g. Si nota subito il notevole apporto calorico, mentre moderato è quello di colesterolo per cui sarà bene non esagerare con lo Schiz, evitando di considerarlo un “piattino” leggero di fine pasto, perché ogni formaggio è un “pasto completo”. Questo aspetto era stato certamente compreso dai pastori e contadini consumatori in primis dello Schiz, tanto che lo consumavano (come anche oggi si fa) solo cuocendolo e affiancandolo classicamente alla polenta, con funghi se possibile, proprio per creare un piatto unico completo (in padella a fette alte 1 cm, con un po’ di sale sul fondo, facendo rosolare le due facce della fetta e mangiandola calda; oppure disponendo sul fondo della panna e poco burro). 

Oggi con questo formaggio freschissimo si preparano anche molti piatti: viene impanato e fritto (in pastella fatta con uovo sbattuto e farina e poi in pangrattato), si adopera per condire la pasta, per preparare versioni alternative dell'intramontabile mozzarella in carrozza, per arricchire le insalate (specialmente estive), o ancora per rifinire il gusto di vellutate vegetali (ad esempio di patate e zucca), delle frittate di uova con vegetali (es. zucchine), o ancora lasciato fondere su crostoni di pane abbrustoliti, alla bellunese. Alcuni utilizzano lo Schiz persino per preparare dolci, come le ciambelle arricchite con frutta (es. pere, mele). 

Note bibliografiche
Mucchetti - Neviani, Microbilogia e tecnologia lattiero casearia, Ed. Tecniche Nuove
Fidanza - Liguori, Nutrizione umana, Ed. Idelson
Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali ai sensi dell’articolo 12, comma 1, della legge 12 dicembre 2016, n. 238 Allegato I (di cui all’art. 1 comma 1)
Banca Dati di Composizione degli Alimenti per Studi Epidemiologici in Italia (BDA)

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Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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