Esistono tante scuole di cucina valide nel nostro paese, ma l’importante è non lasciarsi abbagliare dai sogni
Il borgo lucano che affaccia Parco Nazionale del Pollino ospita ogni giugno la Sagra della Pitu, evento da non perdere (anche per i buongustai)
Rito arboreo antichissimo, probabilmente di origine celtica e collegato al rapporto di giusto equilibrio fra uomo e natura, la "Sagra della Pitu" rappresenta l’anima dello spirito rotondese e per certi versi, lucano.
Il rito inizia nel mese di maggio con il taglio del vecchio albero innalzato l’anno precedente a fianco della casa comunale, per poi procedere all’inizio del mese di giugno con il lungo percorso nelle alte montagne del Pollino, per la ricerca e il taglio della nuova pianta. Purtroppo, a causa della grave carenza di documentazione di archivio, i primissimi dati in possesso della comunità sulle modalità di svolgimento del rito si possono riscontrare quasi esclusivamente dalle prime fotografie scattate all’inizio del XX secolo.
Quello che dai rotondesi è definito la “Pitu” è in realtà l’unione di un grande tronco di faggio secolare con la punta di un abete ("rocca"), che secondo l’antica cultura locale, dando l’immagine della forma di un membro maschile può considerarsi propiziatorio per i raccolti in tutto il territorio circostante. Il culmine della festa arriva il giorno 12 giugno, momento in cui la pianta trainata da 13 coppie di buoi arriva fino in paese e viene innalzata a spalla dai rotondesi, che la trasportano al luogo prefissato per l’innalzamento del giorno successivo.
Durante la mattina del 13 giugno, l’albero è innalzato e il “matrimonio” delle due parti arboree è compiuto: non resta che festeggiare con canti e balli popolari della storia secolare che da generazioni riescono a coinvolgere tanto i più anziani quanto i più giovani, i cittadini del borgo e molti turisti. Inoltre, per chi non è presente nei giorni della festa, il MUB - Museo Del Borgo sito nel centro storico di Rotonda permette tramite documentazione video e fotografica di riviverne ottimamente i momenti salienti.
Altro elemento essenziale e caratteristico di tutto il tempo della festa - che nel periodo medievale venne intitolata a Sant’Antonio di Padova, a proposito del quale una leggenda racconta che apparve ad un pastore in pericolo che ne richiese l’aiuto salvifico - sono naturalmente i cibi tradizionali del luogo. A partire dai due famosi prodotti DOP di Rotonda, ossia il fagiolo bianco e la melanzana rossa, che ne rappresentano l’identità quanto la festa stessa.
È infatti compito del cibo rinvigorire gli animi e i corpi dei tanti uomini e donne che si addentrano nella natura incontaminata del Parco Nazionale del Pollino, in cerca del giusto albero da immolare alla divinità. Grandissime tavolate vengono imbandite nelle varie giornate, pronte ad accogliere chi ormai compie il rito da tutta una vita e chi invece per la prima volta si appresta a provare nuove emozioni che di certo non scorderà. Oltre la pasta, rigorosamente fatta in casa (a partire dai cavatelli preparati con sola acqua e farina) e ai rinomati insaccati della zona, anche il vino fa la sua parte, realizzato dalle uve locali provenienti dai vigneti in alcuni casi plurisecolari delle campagne del paese, e trasformato dal frutto in bevanda deliziosa dalle sapienti mani della gente del posto.
Il cibo "profano" è accompagnato dai tradizionali panetti di S. Antonio, cibo semplice distribuito al termine della celebrazione eucaristica. Di sicuro l'occasione perfetta per il turista buongustaio che ama vivere momenti che riportano ad un tempo passato, del quale sempre più spesso rimangono solo ricordi, attraverso un rito antico capace di sopravvivere indenne a un gran numero di cambiamenti religiosi sociali e politici.
Il paese di Rotonda infatti, vanta una storia lunga e travagliata, anche se ancora poco chiara soprattutto nelle sue origini. Il paese, più che da un castello rotondo, come a lungo ipotizzato da storici locali e avventurieri e del passato, dovrebbe trarre la sua origine dalla conformazione dell’abitato attorno a una dimora baronale, che in lontananza sembrava di forma circolare per adattarsi al grande sperone calcareo sul quale ad oggi sorge ancora il centro storico del borgo.
L’antico centro era sito in località Madonna del Rosario e la parte sottostante del paese, dove oggi viene innalzata la Pitu, doveva apparire come un luogo selvaggio e paludoso, libero dalle presenze umane e dall’urbanizzazione, che oggi accentuano notevolmente il divario tra uomo e natura. Forse l’unica costante di queste tradizioni è il buon cibo tradizionale, che come spesso accade, travalica le barriere del tempo e dello spazio e si può degustare in diversi locali del borgo. Cenno di modernità è proprio la melanzana rossa DOP di Rotonda, che rappresenta una sorta di new entry, storicamente parlando, nella cucina rotondese in quanto portata in Italia durante i conflitti in Etiopia.
Rimasta a lungo relegata ad elemento della cucina povera locale, negli ultimi anni questo prodotto è stato riscoperto nelle sue caratteristiche, oltre che culinarie, anche benefiche per la salute. Ad oggi infatti è possibile trovare questo prodotto non solo in territorio lucano o nazionale, ma anche sugli scaffali dei grandi centri e sulle tavole dei ristoranti di tutta Europa.
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Scritto da Gianni Mazza
Laureato in Scienze dei Beni Culturali nel 2021 con Lode presso l'Università degli Studi di Salerno, attualmente è Vicepresidente della Proloco di Rotonda. Ha partecipato come divulgatore ad eventi e fiere del turismo nazionale e internazionale.

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