L’estate si fa…tiki!

Sono all’ultima moda i locali che ricreano l’esotico dall’atmosfera al menu, senza trascurare i drink: ma cosa significa “cultura tiki” a tavola?

L’estate si fa…tiki!

Tiki bar, tiki cocktail, tiki food, sono termini che oggi sappiamo bene essere sempre più di tendenza. Ma di cosa si tratta realmente? In pochi sanno che la tiki culture ha una origine antichissima e lontana (arriva dall’Oceania e dalla Polinesia) e deriva da un concetto spirituale e mistico.

La cultura tiki, riproposta oggi con successo da diversi locali anche in Italia, che attraggono soprattutto la clientela più giovane, nasce nell’America degli anni Trenta del secolo scorso, e tutt’oggi è ben radicata nell’ambito del food e dei drinks. Per gli americani, infatti, il tiki è un vero e proprio stile di vita: chi sceglie la cultura tiki è ben riconoscibile nell’abbigliamento e nella scelta dei luoghi e dei locali che frequenta dove ordina e consuma cibo e bevande storicamente e tipicamente tiki. 

Da un punto di vista più strettamente storico e antropologico, invece, tutto ha origine nelle zone della Nuova Zelanda, della Polinesia francese e in generale dell’Oceania. Ovviamente il tiki che viviamo ora è quello degli inizi del XX secolo (quando Ernest Raymond Beaumont Gantt, Victor J. Bergeron e Miriano Licudine, pionieri di questa cultura pop di miscelazione, iniziarono a diffonderla nell’America che si apprestava ad uscire dal proibizionismo e dalla grande depressione), ed è diverso da quello originato dalla cultura indigena più di 2000 anni fa, quando tutto ebbe origine.

Il termine tiki significa letteralmente “immagine di qualcosa”, “effige”, e deriva proprio dalla pratica di riprodurre volti umani in forma di statue fatte di roccia lavica, legno e ossa che secondo la credenza spirituale e il misticismo polinesiano possedevano uno spirito proprio; le immagini e le sculture rappresentavano le divinità con sembianze umane.

Oggi la cultura tiki significa miscelazione, musica, cucina, danza e l’atmosfera che si respira sembra ancora rispondere al motto di Ernest Raymond Beaumont-Gantt, fondatore del primo bar ristorante dai richiami polinesiani, il Don the Beachcomber di Hollywood poi diventato Donn Beach (1931), che diceva «Se non potete arrivare al paradiso, lo porterò io da voi». 

I locali tiki moderni (dai bar ai ristoranti) ripropongono suppellettili e immagini tribali, come le tiki bowls e le popolarissime ed immancabili mug, raffiguranti idoli ispirati alle divinità polinesiane e sempre più amate per sorseggiare cocktails. Ma c’è anche chi si è spinto nella creazione di arredi a tema, riproponendo nel proprio esercizio scenari esotici incontaminati, tra suppellettili in bambù, arredi coloratissimi e fiori sgargianti, palme di cocco e altre piante vere a dar vita ad un ambiente in perfetto stile jungle, con la musica dell’ukulele in sottofondo. Tutto quanto invita a rilassarsi e distrarsi per immergersi in un mondo diverso dal reale!

Il format dei locali tiki, dopo un periodo di oblio, sta vivendo una seconda nuova ondata di popolarità tanto negli States quanto in Italia dove sono stati aperti importanti e famosi tiki bar da Bologna a Firenze, passando per Milano, Roma e Palermo. Gli ingredienti principali per le miscelazioni tiki  sono prevalentemente il rum (ma anche gin e brandy) unito a frutta, spezie e sciroppi; sono da non confondere, come spesso accade erroneamente, con i tropical o gli exotic drinks.

I tre storici cocktail della tiki culture che vi consigliamo di cercare e gustare almeno una volta nella vita (e ancor più con l’occasione dell’estate) sono il Mai Tai - mix di rum giamaicano, orzata, succo di arancia e lime - e ancora lo Scorpion - shakerato di rum chiaro e rum scuro, frutto della passione e succo d’arancio e lime. Infine, lo Zombie, cocktail a base di diversi tipi di rum che è valso a Don Beach, suo inventore, un posto nella storia della mixology internazionale, alimentandone la leggenda ancora oggi.

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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