Il vino nel brodo dei tortellini

Secondo un'antica usanza padana, un tocco di vino rosso aggiunto nel brodo dei tortellini può rendere il piatto ancor più speciale

Il vino nel brodo dei tortellini

Sappiamo tutti che il vino in cucina è un valido alleato in grado di dare aroma a pietanze di vario tipo, ma non va trascurato che un tempo il cosiddetto nettare degli dei facesse parte dell’alimentazione: scaldato e aromatizzato con erbe, spezie, frutta o miele, aiutava a proteggersi dai malanni in modo naturale e a fornire una carica di energia in una giornata di freddo o di duro lavoro. Ma che diremmo dell’idea di aggiungere il vino al brodo?

Ebbene, un'antica tradizione che si praticava nelle tavole di famiglia e nelle osterie della Bassa Padana era proprio quella di aggiungere il vino al brodo caldo; si otteneva così una bevanda che serviva da aperitivo prima di consumare un pasto ricco, credendo che potesse facilitare la digestione. Questa bevanda è chiamata bevr’in vin e le sue origini non sono certe; qualcuno ritiene che siano medievali, altri hanno invece ipotizzano che sia derivata dai consommé della cucina francese, dove si prevedeva non di rado l’uso del Cognac o del Porto.

L’aggiunta del vino coi suoi tannini acidi aveva lo scopo di correggere il sapore del brodo grasso, preparato con carne ed ossa di cappone, oppure con un misto di carni. In Romagna si adoperava il vino rosso Sangiovese, dall’aroma fruttato, con buoni tannini ed elevata acidità; oggi è stato sostituito dal Lambrusco, più morbido e amabile, anche perché il brodo non è più tanto grasso come quello delle tavole di un tempo.

La tradizione del bevr’in vin si è diffusa anche la Bassa ed è stata adottata da vari ristoratori e questo ha portato la bevanda al riconoscimento De.C.O., ovvero la Denominazione Comunale d’Origine, in relazione al comune di Mantova. Nel Mantovano si usava aggiungere il Lambrusco al minestrone come giusta ricompensa al termine di una intensa giornata di lavoro in campagna. Anche in Alto Adige tipico piatto invernale è la cosiddetta zuppa al vino, in cui ad una miscela di brodo e vino bianco si aggiungono panna e tuorli d’uovo e si fa sobbollire schiumando con la frusta il brodo. Si condisce con noce moscata, cannella e sale, e si serve in una scodella fumante insieme a crostini rosolati nel burro e aromatizzati con la cannella.

Nelle diverse città del territorio della Val Padana - che costeggia il fiume Po e anche oltre verso Nord - si può allungare con vino rosso il brodo di tortellini, cappelletti o anolini a seconda del tipo di pasta ripiena tipico del luogo, o semplicemente condire con solo vino e poca acqua di cottura i tortelli come si fa ancora oggi nel Bresciano. Il vino nei tortellini in brodo è quello che dal comune modenese di Mirandola si sarebbe poi diffuso in Emilia-Romagna; anche a Piacenza c’è però l'anvein al sürbì, tipico piatto di anolini serviti in brodo e vino; questa pasta ripiena si ritrovava già citata nel famoso ricettario di Bartolomeo Scappi; il nome anolino, derivato dal latino “anolus”, si riferisce alla forma ad anello del tagliapasta usato per confezionarli. Nel dialetto locale “anvein" vuol dire anolino, mentre “al sürbì” è relativo al sorbire il brodo.

Anche se gli anolini si possono condire con sugo di carne, anticamente e soprattutto nei giorni di festa si servivano nel brodo di terza, ossia quello fatto con carni di cappone, pezzi di carne bovina e costine di maiale; al tavolo questo brodo diventava violaceo grazie all’aggiunta di un tocco di vino rosso, che raffredda e dà aroma al brodo. Anticamente, oltre che con il Lambrusco, si usava allungare il brodo con il Clinto, un vino che per il suo alto contenuto di alcol metilico e antociani è prodotto a livello locale e solo per uso familiare (non immettibile in commercio, un pò come l'autentico vino fragolino), in quanto la Comunità Europea fin dal 1931 ne proibì la commercializzazione definendolo potenzialmente dannoso per la salute.

Nel Mantovano il “sorbir d’agnoli” è un antipasto che consiste di solo pochi anolini in brodo annaffiati col Lambrusco. Se cambia poi il tipo di pasta ripiena cambia anche il vino con cui si allunga il brodo. Sono pochissimi i ristoranti che vogliono conservare la tradizione si serve il primo piatto a base di tortellini, cappelletti o anolini in brodo insieme ad un bicchiere di vino rosso, lasciando ad ogni commensale la libertà di decidere la quantità di vino da aggiungere al brodo; questa pratica fu però criticata dal gastronomo giornalista Luigi Veronesi che nel suo libro dal titolo di “Bere giusto” ,pubblicato nel 1971, affermava che "l’aggiunta del vino al brodo dovrebbe in effetti essere compito del maître esperto che ben conosce come non far freddare troppo il brodo e conferire il giusto aroma":

Vi va di provare? Raccontateci la vostra esperienza di degustazione nei commenti!

Photo by Redazione Prodigus

Scritto da Redazione ProDiGus

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1 Commento

  1. guido cevolani17 febbraio 2025 alle ore 22:18

    articolo che mi ha fatto piacere leggere ....io abito in provincia di Bologna,e ne ho sentito parlare...ho provato una volta con dei tortellini in brodo ad aggiungere del lambrusco, ma la cosa mi ha lasciato indifferente, ........ comunque dalle mie parti,e sono nella bassa ,equidistante da Bologna,Modena e Ferrara è un'abitudine per quel che sento, ora desueta.. comunque in cucina,come mi ha insegnato Fabio....tutto è valido...Buon Lavoro A Tutti

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