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John Chapman "Appleseed" -italianizzato in Giovannino Semedimela - fu un'eroe popolare del folklore americano: ecco la sua storia
John Chapman è divenuto un eroe popolare del folklore americano noto con il soprannome, a lui non molto gradito, di Johnny Applessed, “l’uomo dei semi di mela” (italianizzato in Giovannino Semedimela). La sua storia si affianca alle cosiddette tall tales, i racconti americani esagerati che tra storia e fantasia portano a fare di un personaggio un mito. Chapman è descritto come un l’ambientalista convinto che affrontando le terre inesplorate e selvagge del West degli Stati Uniti, lungo il cammino sparge i semi di mela e coltiva le piante per segnare un sentiero sicuro da percorrere ai pionieri d’America.
A lui si attribuisce anche il merito di aver diffuso gli alberi di mele nel Nuovo Mondo. Chapman nacque in Massachussets nel 1774, in un periodo in cui il consumo del sidro nelle campagne superava quello del vino e della birra, persino quello dell’acqua. La sua fama si deve alla scelta di vita che lo portò giovanissimo a piantare i semi di mela e coltivare le piante spostandosi a piedi dalla Pennsylvania fino all’Ohio, all’Indiana e parte dell’Illinois attraverso territori selvaggi, coprendo una superficie di centinaia di chilometri quadrati nella attuale regione del Midwest.
Johnny Appleseed era un uomo mite che viveva a contatto con la natura; indossava un sacco di iuta con dei fori per inserirvi la testa e le braccia, era scalzo o indossava scarpe usate e logore, portava come cappello una pentola e aveva sempre con sè una borsa con i semi di mela che si procurava presso i produttori di sidro .Pare anche che all’occorrenza lui cedesse i semi delle mele o le giovani piante di melo in cambio di abiti dismessi o generi di necessità .Questo è ciò che dice la leggenda trasmessa per generazioni attraverso racconti e testimonianze e riportata in un articolo della rivista mensile Harper’s Magazine apparso nel 1871, diversi decenni dopo la morte di Chapman.
Il personaggio e pure il nome di Johnny Appleseed hanno ispirato canzoni popolari, film e cartoni animati, fumetti e romanzi americani, e persino immagini e video promozionali dell'azienda Apple. Nel 1948 la Walt Disney Production dedicò a Chapman l’episodio “The legend of Johnny Appleseed” all’interno del lungometraggio intitolato “Lo scrigno delle sette perle”; qui si ripercorre tutta l’esistenza dell’eremita che si avventurava nelle terre selvagge del Far West col suo sacco e la sua Bibbia.
Il giramondo buffo dagli occhi azzurri e i capelli chiari è stato anche definito il “san Francesco americano” per il suo profondo rispetto per la natura e soprattutto per gli animali. Chapman era inoltre profondamente devoto agli insegnamenti del teologo svedese Emanuel Swedenborg e divenne un predicatore di questa nuova religione arrivata negli Stati Uniti alla fine del XVIII secolo; durante i suoi viaggi portava notizie da un luogo all’altro e distribuiva gli scritti del teologo .
L’incontro con i nativi indiani non fu per Johnny Appleseed tanto sereno e amichevole come è stato descritto; spesso era guardato con diffidenza e sospetto, ma viaggiava pur sempre disarmato percorrendo chilometri al giorno e dormendo all’aperto, riuscendo a farsi accettare dai nativi anche perché conosceva le virtù terapeutiche delle erbe. Ma Chapman non innestava le piante di melo nate da seme perché la sua religione lo impediva, e perciò i loro frutti non erano così invitanti come quelli del film disneyano, ma piccoli e aspri.
Seppure poco gradevoli al palato, però, quelle mele servivano per fare l’aceto molto utile come conservante e detergente ai pionieri che andavano ad appropriarsi della terra, e servivano anche a nutrire i maiali oltre a fare il sidro, la bevanda alcolica che insieme al suo derivato di allora, l’applejack, poteva sostituire l’acqua spesso contaminata del selvaggio West. I meli tuttavia servivano anche ad altro.
Dal 1792 la Ohio Company of Associates aveva stipulato un accordo coi colonizzatori delle nuove terre in base al quale sarebbero divenuti proprietari di 100 acri di terra oltre frontiera se vi avessero costruito una fattoria; per attestare lo stanziamento, essi dovevano piantare nell’area scelta 50 alberi di melo e 20 di pesco in tre anni. E’ quindi molto probabile che l’impresa leggendaria ed apparentemente folle di Chapman che percorse in vita quasi 100.000 miglia attraverso il Midwest avesse in realtà un fine economico piuttosto che ambientalistico. Lui infatti precedeva l’arrivo dei coloni nelle terre, vi seminava i meli e qui coltivava le piantine per poi rivendere la terra ma anche semi e piante ai nuovi arrivati
Detto ciò, a questo punto, sarebbe meglio definire Johnny Appleseed un imprenditore frutticoltore piuttosto che un ascetico vivaista; quando morì nel 1845 all’età di settant’anni, possedeva ancora più di 1200 acri di terra. Ma è comunque degno di lode il fatto che Chapman abbia impiegato cinquanta dei suoi anni camminando instancabilmente su terreni incolti e desolati per seminare e prendersi cura dei suoi preziosi alberi di melo, ma anche di aprire la strada ai pionieri che si spingevano nelle terre selvagge .
Molti di quegli alberi furono abbattuti durante il proibizionismo ma la riproduzione dei meli per seme ha permesso nel XIX secolo la creazione di nuove cultivar come la resistente mela americana, che possiede le caratteristiche idonee per crescere nel Nuovo Mondo. In una fattoria dell’Ohio si racconta sia rimasto un albero di melo piantato da Johnny Appleseed a memoria di colui che diffuse il melo in America.
Photo made in AI
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