Il nostro chef-inviato da Hurghada racconta i migliori piatti di mare del luogo
Nasce una certificazione per i ristoranti italiani all’estero, per combattere il fenomeno di copia di nomi e format nazionali
Sembra italiano ma non lo è. Non si tratta più soltanto di prodotti alimentari o di capi d’abbigliamento. L’italian sounding è un fenomeno che si allarga a macchia d’olio, andando sempre più a comprendere anche locali come bar, ristoranti e pasticcerie. Offrono servizi che sono del tutto simili a quelli degli originali locali italiani, e si spingono persino oltre, mettendo in atto veri e propri plagi.
Ristoranti e pasticcerie che hanno lo stesso layout di quelli presenti nelle metropoli del nostro paese, gli stessi loghi, la stessa offerta. Almeno sulla carta. In realtà i menu di questi pseudo “italian restaurant” non hanno nulla a che vedere con quelli che pretendono di imitare, senza conoscerne la qualità.
A lanciare l’allarme è la FIPE, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, che ha smascherato impostori sparsi un po’ in tutti i continenti. Esiste, infatti, in Corea, un locale che si chiama esattamente come l’originale fiorentino, mentre ci sarebbero, tra Tokyo e New York, ben cinque cloni di una famosa osteria toscana, riconoscibile anche per i suoi interni in legno e i soffitti a volta.
“La ristorazione è un settore che in Italia vale 85 miliardi di euro e non si può lasciare che i nostri brand più famosi vengano usati impropriamente all’estero”,
dichiarano i rappresentanti Fipe.
Senza attendere l’intervento di una legge strutturata, che pure è necessaria, un’azienda italiana è corsa ai ripari, avviando un percorso mai avviato prima. Si chiama Asacert e certificherà tutti quei ristoranti che all’estero si dichiarano italiani. Esperti certificatori sono pronti ad attribuire un bollino a tutti quei locali che, nel mondo, usano in modo appropriato i riferimenti all’italianità.
Questa operazione dovrebbe far venire a galla le situazioni ambigue, i falsi d’autore, tutta quella imprenditoria disonesta che si appropria del marchio Made in Italy, proponendo prodotti di dubbia qualità e assai lontani dalle eccellenze di casa nostra. Danneggiando, di conseguenza, la credibilità degli imprenditori locali, l’intera filiera produttiva italiana.
L’impresa di certificazioni già citata ha sottoscritto con il Ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, con Coldiretti e con la Filiera agricola italiana, il progetto Ita0039. Lo scopo dell’accordo è la diffusione della politica delle certificazioni, arrivando ad individuare 7 mila esercizi di ristorazione all’anno, che meritano di essere riconosciuti come italiani.
Si stima che per le vie delle città americane, giapponesi, thailandesi, eccetera, più di 90 mila ristoranti si fregino di un marchio che non meritano. Il patrimonio rappresentato dal Made in Italy ha bisogno di essere tutelato, ora più che mai.
Fonte: ANSA
Scritto da Redazione ProDiGus
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