Dalla pianta, ai semi... fino alla prelibata salsa: scopriamo tutto sulla senape dal campo alla tavola
Un dolce dall'aria partenopea., che è parte della tradizione siciliana soprattutto in occasione della festa dei defunti (e non è il solo)
Nonostante il nome, le rame di Napoli sono una delizia della pasticceria siciliana e a di quella catanese. Secondo alcuni è probabile che “Napoli” fosse il cognome del pasticciere padre della ricetta, oppure che egli stesso provenisse da una famiglia partenopea.
Diverse sono infatti le versioni della storia di questi dolci. Tra le ipotesi c'è quella che vede le rame di Napoli nascere come segno di ossequio omaggiato dai siciliani ai borbonici in occasione del nascente Regno delle due Sicilie, ma l’ipotesi più attendibile si fonda sul loro nome, le rame, in associazione al conio di una nuova moneta da parte dei borbonici nel 1816, anno dell’unificazione del Sud Italia nel Regno.
La moneta sostituiva quelle più preziose in oro e argento, ed era costituita di una lega meno preziosa di metalli vari, tra i quali c’era il rame. Tra l’altro, la composizione tradizionale dell’impasto delle rame prevedeva l’aggiunta di avanzi di pasticceria e questo aspetto è in analogia con la natura mista della nuova moneta. Le rame di Napoli nella ricetta base originale prevedono l'unione di farina, uova, zucchero, cacao amaro, miele e la marmellata di arance; immancabili le spezie, tra le quali spiccano cannella e chiodi di garofano.
L’impasto viene disposto con un cucchiaio su una placca da forno, così che le rame assumano una forma leggermente ovale; una volta cotte, si lasciano raffreddare e quindi si ricoprono con una glassa tiepida al cioccolato fondente e si cospargono di pistacchi tritati. Col trascorrere del tempo e da una città all’altra, la ricetta ha subìto delle modifiche e le rame si trovano oggi in Sicilia anche farcite con crema spalmabile alle nocciole o crema al pistacchio o ancora con vari altri tipi di marmellate e composte.
In particolare ad Acireale il nome di questi morbidi e golosi dolcetti diventa “nucatuli”; in questa versione c’è la zuccata, una marmellata fatta con la zucca e arricchita da scorze di agrumi. Ma quando si consumano le rame di Napoli? Per tradizione il giorno di Ognissanti e il seguente, la festa dei cari defunti. In tutta la Sicilia i dolci della festa dei defunti sono destinati ai bambini che li ricevono simbolicamente assieme a piccoli doni dai loro cari ormai scomparsi come premio per la buona condotta che hanno tenuto nell’intero anno.
Molti altri dolci colorano le pasticcerie siciliane: un gusto per occhi e palato, e come ben sappiamo non solo in questi giorni, che conoscono tuttavia tante altre tipicità locali. Ci sono altri biscotti, i tetù e i teio (che si potrebbe tradurre in uno a te e uno a me) che appartengono allo stesso periodo e tra i loro ingredienti, come per le rame, ci sono vari rimasugli di pasticceria. I tetù e i teio sono tipicamente croccanti fuori e morbidi dentro: i primi sono ricoperti da una glassa fatta di cacao e zucchero, i secondi invece di una semplice glassa bianca. Ingredienti di base sono la farina , un trito di mandorle e strutto e poi i ritagli di altri dolci fino a raggiungere una giusta consistenza del composto per biscotti né troppo duri né troppo morbidi.
La pasticceria siciliana è famosa nel mondo e la festa dei defunti viene qui celebrata anche con le ossa dei morti, i biscotti di san Martino, la frutta martorana, gli n’zuddi, le taralle e le reginelle.Tutti questi dolci, ma anche caramelle e cioccolatini, a Palermo riempiono “u’ cannistru” , il cesto dei morti per la gioia dei piccoli. Non può mancare nel centro del cesto la pupazzera, un pupo di zucchero che in passato rappresentava il busto di pupo siciliano, una dama o un cavaliere, mentre oggi nel centro del cesto può esser posto anche un personaggio dei cartoni animati, per incentivare la gioia dei piccoli.
Photo via Canva
Scritto da Redazione ProDiGus
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