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Un piatto, un film e un museo che ogni buongustaio internazionale non dovrebbe lasciarsi sfuggire!
“Una ciotola di Ramen contiene un intero universo, la vita dal mare, dalle montagne e dalla terra. Tutte queste vite insieme fanno il Ramen. Tutte esistono in perfetta armonia. E tutto viene tenuto insieme dal brodo, che dà vita al Ramen”. Così recita una frase del film The Ramen Girl: perché questo piatto semplice ma estremamente saporito della cucina orientale è proprio ciò a cui ruota attorno l’avvincente storia della rivincita professionale e spirituale di una giovane americana a Tokyo.
The Ramen girl è un film uscito nel 2008 e diretto da R. A. Ackerman. La sua protagonista Brittany Murphy, (prematuramente scomparsa l’anno seguente alla giovane età di 32 anni), in questo film interpreta il ruolo di Abby, che si trasferisce di sua spontanea scelta a Tokyo nel tentativo di mantenere viva la sua relazione amorosa a distanza. Passano solo poche settimane di permanenza in Giappone, però, per far succedere il peggiore degli imprevisti: Abby viene lasciata dal suo fidanzato. Alla sua iniziale condizione di infelicità e sconforto - unita al non trascurabile dettaglio di non conoscere la lingua giapponese e sentirsi per questo ancor più spaesata - presto si sostituisce la tenacia e la voglia di dare una svolta alla propria vita. Responsabile di questa crescita personale e professionale sarà la cucina, sotto l’influenza del fascino del ristorante di ramen che si trova proprio sotto casa sua, quello in cui entra una sera tardi in lacrime e le viene offerta proprio una ciotola di questo celebre piatto locale, nonostante l’esercizio sia chiuso.
Il ristorante è gestito dallo chef Maezumi (interpretato dal noto attore giapponese Toshiyuki Nishida) e da sua moglie. Il burbero chef, che ricorda un po' il maestro Miyagi del film Karate Kid, non conosce affatto l’inglese, come Abby non conosce la sua lingua: nonostante ciò, l’insistenza della ragazza a voler imparare a preparare il ramen e dare un senso alla propria vita viene accolta. Certo, gli inizi la vedono fare le pulizie e qualsivoglia lavoro “sporco” che lo chef non sembra risparmiarle (e vuole che vengano svolte a dovere, adirandosi ogni volta che si accorge che Abby non ci mette il giusto impegno e amore). Lo chef non le consente per lungo tempo neanche di avvicinarsi alle pentole che ribollono nella sua cucina: ha bisogno di far capire ad Abby che preparare il ramen non rappresenta semplicemente impararne la tecnica e gli accostamenti di ingredienti, ma occorre aggiungerci un tocco del proprio spirito interiore. Solo in questo modo rappresenterà un vero dono per i clienti che lo assaporeranno.
Dopo diverse settimane finalmente Abby, dopo l'incontro con una persona speciale, riesce a creare il suo piatto di ramen ricevendo l’approvazione dello chef. Quando diverse settimane dopo riparte per l’America viene salutata calorosamente da tutto il suo quartiere. Abby aprirà un suo ristorante nella terra natìa, chiamandolo appunto “The Ramen girl”, che all’ingresso ha in bella mostra la lanterna luminosa di carta regalatale dal suo maestro chef.
Cinematografia a parte, siamo certi che negli ultimi anni avrete sentito nominare questo piatto, soprattutto dai più giovani e più in generale da tutti gli appassionati della cucina giapponese, da chi ha avuto la fortuna di poterlo assaggiare in un viaggio nella sua terra d’origine a chi ricerca il piatto nei ristoranti etnici sempre più in voga nelle nostre città. Ma cos’è il ramen? Si tratta di una zuppa calda con noodles, tradizionalmente consumata con le bacchette, e con il brodo che può essere sorseggiato aiutandosi con un cucchiaio o avvicinando la bocca direttamente al piatto. Esistono decine e decine di varianti della ricetta, di carne o di pesce, ma anche con sole verdure, il tutto esaltato da sapienti misture di spezie.
In Giappone ogni regione ha la propria variante tipica, e nel mondo intero il ramen sta diventano più amato e popolare perfino del sushi e della tempura. In realtà questo piatto ha origini cinesi, e sembra essere stato diffuso da uno studioso confuciano in Giappone. Il primo motivo per “innamorarsi” del ramen sta proprio nel brodo: c’è chi ama berlo prima e chi dopo dei noodles contenuti al suo interno, e ogni chef esperto di questo piatto ha la sua ricetta segreta. I noodles, che non sono altro che la “pasta orientale”, possono essere di varia tipologia in base alla farina utilizzata per produrli (di grano, di soia, di riso) ma nel caso del ramen originale, nonostante le varie interpretazioni occidentali, sono di una specifica tipologia (ovvero il loro impasto prevede la presenza farina di frumento e uova) e possono avere diverse forme. Prendono il nome di Hosomen i noodles dritti e sottili, Chubosomen quelli leggermente arricciati, Futomen quelli un po' più spessi.
Il museo Shin Yokohama Raumen
Nello stesso film The Ramen Girl, durante il suo soggiorno a Tokyo, Abby scopre (grazie alla conoscenza di quello che si rivelerà essere il suo nuovo amore, Toshi) l’esistenza del museo Shin Yokohama Raumen, un parco a tema raggiungibile dalla città con un breve viaggio in treno, dove si trovano tutti i tipi di ramen famosi in Giappone. Il museo è stato fondato il 6 marzo 1994 e vanta di essere stato il primo parco di divertimenti a tema alimentare al mondo. Nell’edificio si trovano ricostruzioni di vie e negozi stile anni ’60, che consentono di rivivere la storia e l’evoluzione della pietanza, e ci sono anche 9 ristoranti che offrono le diverse varietà di ramen che hanno differenze sia geografiche che specifiche degli stili degli chef.
Fa parte del museo anche la ricostruzione dei Dagashi-ya, negozi di dolciumi in cui in tempi remoti i bambini giapponesi si riunivano all’uscita da scuola. Ma il museo offre ai visitatori un’altra opportunità, ovvero quella di preparare da soli dei noodles applicando la tecnica tradizionale Aodake Teuchi, che prevede il mescolamento dell’impasto attraverso un bastone di bambù verde, tecnica ancora oggi praticata presso molti ristoranti tipici che fra l’altro garantiscono una consistenza più morbida e liscia dei noodles, perché questa tecnica imprigiona delle bollicine d’aria nell’impasto.
Il ramen viene definito da alcuni come “cibo dell’anima giapponese”, in quanto la sua essenza viene considerata come una metafora per ciò che si vuole fare della propria vita: perché, se con dedizione e impegno si lavora sodo per l’ottenimento del “perfetto brodo” e dei “perfetti noodles”, si sarà raggiunto un obiettivo che farà felice non solo l’io ma anche tutti coloro che beneficeranno di qualcosa che deriva dal fatto che l’individuo singolo sia arrivato fin lì. Per questo chi guarda i cuochi prepararli in questo parco a tema si immedesima facilmente in loro: perché si viene affascinati dalla loro forza, costanza e caparbietà, che da una “semplice” ricetta si trasforma in messaggio che ricorda a tutti che nella vita ciascuno ha un obiettivo da raggiungere, e l’impegno e la conoscenza che risiedono in un buon ramen (artigianale dalla A alla Z) ci aiuterà insospettabilmente ancor meglio a focalizzarlo e renderlo realtà.
Potrete vedere il film The Ramen Girl anche su YouTube! https://www.youtube.com/watch?v=3ArHp33l4_w
Fonti sitografiche
- sciencedirect.com
- vadoingiappone.it
- tokyofox.net
Scritto da Elena Stante
Laureata in Matematica nel 1981 presso l’Università degli Studi di Bari, dal 1987 insegna Matematica e Fisica presso il Liceo Ginnasio Aristosseno di Taranto .
Ha partecipato ai progetti ESPB, LabTec, IMoFi con il CIRD di Udine e a vari concorsi nazionali e collabora, con la nomina di Vice Direttore, alla rivista online Euclide, giornale di matematica per i giovani.

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