Cannibali

Sul perché il cannibalismo esiste ed oltre i casi di cronaca nera ha fatto parte della storia dell’umanità

Cannibali

Non è mai facile - seppur puntando a solo pochi accenni mirati alla riflessione – scegliere di parlare di cannibalismo. È un argomento assolutamente tabù, poiché il solo leggere questo termine scatena incredulità, sdegno, ribrezzo. Eppure si tratta di un tema che troviamo talvolta trattato in film e passaggi di trame di libri e romanzi (da Dante Alighieri a Jules Verne), ma nonostante le sensazioni che anche qui suscita, lo percepiamo essere un atto del tutto lontano dalla realtà del possibile. 

Certo, occasionalmente anche la cronaca internazionale riporta casistiche fortunatamente isolate di cannibalismo, nella maggioranza dei casi riconducibili a soggetti affetti da psicopatologie che sfociano in brutali assassini, in alcuni casi documentati anche in relazione all’appartenenza a sette sataniche o all’essere in preda a personali possessioni demoniache. 

Ma siamo così certi che il pericolo dell’uomo-mangia-uomo si fermi a questo? Purtroppo no, perché il cannibalismo è in realtà una pratica che ha fatto parte del comportamento umano probabilmente sin dai suoi albori e fino a tempi insospettabilmente recenti. Dunque, la domanda provocatoria sorge spontanea: cannibali si nasce o si diventa?

Documentandosi un poco sull’argomento (prendendo un grande sospiro prima di lanciarsi nelle letture), si scopre infatti che la storia dell’umanità racconta sostanzialmente di tre tipologie di cannibalismo. Il primo è quello pocanzi citato, relativo ad atti compiuti da singoli individui in preda a problemi di natura psichiatrica che sfociano in una spesso recidiva criminalità. Tra i primi casi documentati ci fu quello di Peter Stubbe (1525 - 1589), detto Il lupo mannaro di Bedburg, che nel XVI secolo terrorizzò la Germania mordendo alla gola numerose vittime per poi berne il sangue. Fra i casi più sconvolgenti dell’epoca contemporanea, invece, figura indubbiamente quello di Jeffrey Dahmer, il Mostro di Milwaukee, statunitense condannato all’ergastolo nel 1992 per omicidi plurimi che contemplavano anche atti di cannibalismo (e morto in carcere due anni dopo per mano di un detenuto schizofrenico). 

Il secondo tipo di cannibalismo è invece quello che potremmo definire “rituale” ed ha interessato diversi popoli e tribù del mondo nei secoli. All'inizio dell'epoca coloniale, per esempio, gli africani Niam Niam (parola di origine dinka che significherebbe "grandi mangiatori") divennero noti come tra i più temibili mangiatori d’uomini. Il soprannome "Niam Niam" entra in uso nei testi arabi sin dal Medioevo, ed andò ad identificare nel tempo diversi popoli che si succedettero in Sudan, più in particolare nella zona del bacino del fiume Sue (inizialmente bantu provenienti dal Congo, poi anche popoli sudanici come Madi e Barambu, e infine gli Zande), tutti noti per la frequenza della pratica di riti cannibaleschi, nonché per le azioni bellicose atte a perpetuarli.

I rituali erano a volta legati al credo religioso, mentre in altri casi avevano scopi di guarigione (in tantissime comunità tribali, africane e non, gli organi interni umani avrebbero reso manifeste doti magiche e sovrannaturali una volta ingeriti dai vivi) ed in altri ancora rappresentavano un trasferimento di energia e tratti distintivi dell’animo “dal mangiato al mangiatore”. Popoli coinvolti in riti similari furono i nativi Anasazi americani, o ancora i Melanesiani e i Batta di Sumatra, mentre aborigeni australiani e brasiliani si nutrivano di vari organi delle vittime di morte naturale, ciascuno per le proprie credenze.  

C’è poi il terzo tipo di cannibalismo, quello fra tutti forse più “logico”, ma al contempo quasi mai preso in considerazione: è il cannibalismo dettato dalla fame. Il fatto di non pensare lontanamente alla possibilità della cosa riflette di certo la nostra abitudine attuale di dare per scontato l’avere a disposizione tutto il cibo di cui necessitiamo in ogni momento in cui lo desideriamo (a tal proposito, si potranno aprire ancor più gli occhi guardando il forte ma particolarissimo film “Il buco” del 2019, distribuito in Italia da Netflix e davvero denso di riflessioni). 

Per millenni l’uomo ha vissuto il bisogno del mangiare come un problema a partire dalla difficoltà di reperimento del proprio cibo. Si ipotizzano casistiche di cannibalismo sin dai tempi dell’uomo preistorico, privato non di rado di qualsivoglia sostentamento alimentare dall’avvicendarsi delle stagioni e da un’esistenza per lo più stanziale. Con il progredire dell’evoluzione umana tra agricoltura, allevamento e civiltà, le difficoltà sono andante via via attenuandosi, ma comunque mai per tutti, ciascuno in un momento della storia più o meno lungo, singolo o ripetuto nel tempo. 

Si pensi ad esempio alla pirateria, tra i mestieri più antichi del mondo, nato quasi in concomitanza con la navigazione stessa. In un precedente articolo (leggetelo qui) abbiamo citato casi documentati da fonti scritte di cannibalismo tra i membri delle ciurme dei pirati (talvolta capitani inclusi), riflettendo sulla drammaticità del rimanere isolati in mare aperto per mesi senza più alcun approvvigionamento al di fuori dell’acqua salata e del cuoio delle vesti (che si narra essere stato mangiato tritato e fritto dalla ciurma del corsaro gallese Henry Morgan), peraltro spesso persi (si pensi anche ai numerosissimi naufragi) e in preda ad un destino spesso inevitabilmente, e purtroppo consapevolmente fatale. 

Non per ultime vengono poi le carestie, durante le quali sono stati rilevati vari casi di “dieta” a base di cadaveri nel più motivato e primordiale tentativo di sopravvivere. Le fonti attestano il verificarsi del fenomeno soprattutto in casi di carestie improvvise e impreviste in cui il cibo manca del tutto; si legge di individui costretti a cibarsi di erba, cortecce e foglie degli alberi, nonché di rane e di topi, ma si sono verificati anche casi di alterazione psicologica che li hanno portati anche uccidere per mangiare la vittima (non si dimentichi che la devitaminizzazione estrema dell’organismo può portare ad allucinazioni ed atti di follia). 

E non dimentichiamo che il concetto di carestia non è poi così lontano nel tempo da noi: le ultime di grande rilievo sono infatti storia del Novecento. Atti di cannibalismo sono stati riportati dai sopravvissuti alla carestia russa del 1921-1923 e all'Holodomor ucraino del 1932-1933, dove si arrivò persino a mettere in commercio carne umana (spacciandola per animale) a prezzi altissimi. Oltre le carestie, episodi di cannibalismo si sono verificati nella storia purtroppo anche nel corso di alcune guerre, ove per reale carenza di cibo, ove per il diabolico gusto di infierire sul nemico in seguito alla sua sconfitta, accrescendo non di meno la fama e la paura verso quelli che furono veri e propri eserciti del terrore. 

Tutto questo porta il cannibalismo su un altro piano, che fa gridare al mai più ma sulla base di nuove consapevolezze: quelle sulla naturale variabilità dei comportamenti umani in situazioni estreme, che può spingere fino a compiere azioni assolutamente impensabili. 

Photo made in AI

Scritto da Sara Albano

Laureata in Scienze Gastronomiche , raggiunta la maggiore età sceglie di seguire il cuore trasferendosi a Parma (dopo aver frequentato il liceo linguistico internazionale), conseguendo in seguito alla laurea magistrale un master in Marketing e Management per l’Enogastronomia a Roma e frequentando infine il percorso per pasticceri professionisti presso la Boscolo Etoile Academy a Tuscania. Dopo questa esperienza ha subito inizio il suo lavoro all’interno della variegata realtà di Campoli Azioni Gastronomiche Srl, , dove riesce ad esprimere la propria passione per il mondo dell'enogastronomia e della cultura alimentare in diversi modi, occupandosi di project management in ambito di marketing e comunicazione e consulenza per il food service a 360°, oltre ad essere il braccio destro di Fabio Campoli e parte del team editoriale della scuola di cucina online Club Academy e della rivista mensile Facile Con Gusto.

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