Il pistacchio

La frutta secca più in voga del momento, che cela un sapore morbido, delicato e versatile in cucina: conosciamo i pistacchi

Il pistacchio

In passato, quando ogni domenica si acquistava frutta secca per il fine pasto, sulle bancarelle si trovavano arachidi, mandorle, nocciole, castagne secche; negli anni ottanta fecero la loro comparsa tra la frutta secca le noci brasiliane, seguite dopo un po’ dai pistacchi tostati e salati, e la compagnia fu finalmente completa e perfetta! Praticamente tra una chiacchiera e l’altra e un bicchiere di vino, i pistacchi insieme all’altra frutta secca andavano via che era un piacere… senza ahinoi pensare troppo però agli effetti sulle calorie introdotte dopo il pasto domenicale o festivo, già di per sé lauto!

Quando parliamo del pistacchio (nome che deriverebbe dal greco bistachion, o pistakia o pistakion) stiamo praticamente parlando della specie Pistacia vera, appartenente alla famiglia della Anacardiacee, di cui fanno parte anche il terebinto (Pistacia terebinthus) e il lentisco (Pistacia lentiscus). L’origine della specie è controversa perché alcuni studiosi la ritengono proveniente dal Turkestan (regione dell’Asia centrale con porzioni rientranti in diversi Stati), mentre altri dall’Iran e dalla Turchia.

La pianta era nota ad Assiri, Egiziani, Greci e i frutti comparivano sulle tavole di re e faraoni. Dalla Grecia giunge in Italia con la dominazione Romana, durante il governo dell’imperatore Tiberio; la pianta trovò l’ambiente più favorevole in Sicilia e fu valorizzata dagli Arabi durante il loro dominio dell’isola. In Iran il pistacchio è detto seme che sorride, mentre in Cina è detto “seme felice”.

La specie è diffusa in Asia e nel bacino del Mediterraneo, mentre la produzione mondiale si attesta intorno al milione di tonnellate. In Italia è coltivato prevalentemente in Sicilia nelle province di Catania, Caltanissetta e Agrigento. Il maggiore produttore di pistacchi è l’Iran, seguito nell’ordine da USA, Turchia, Cina, Siria, Grecia, Italia, Afghanistan, Australia e Tunisia.

Il pistacchio è un albero dalla modesta statura e sviluppo, con un solo tronco, foglie che cadono in autunno, molto lento nell’accrescimento. La specie è dioica, per cui i fiori femminili e quelli maschili  sono portati da piante diverse, con impollinazione anemofila. I frutti sono delle drupe (come la noce, la pesca, l’albicocca, la susina, la prugna, l’oliva), di piccole dimensioni e contenenti un solo seme (quello che noi mangiamo con tanto piacere) sotto la buccia viola, ovoidale, allungato, verdognolo e molto ricco di olio (perciò attenzione a non esagerare, anche se, come le ciliegie, un pistacchio tira l’altro).

Le cultivar di pistacchio si dividono in due gruppi: a frutto convesso dotato di punta piccola (Minnulara, Fastuca, Fascinedda), a frutto tendenzialmente cilindrico, acuminato in punta e dotato di seme grosso (Napoletana, Femminella, Agostara). Le cultivar sono praticamente tutte siciliane: Napoletana o Bianca o Nostrale la più diffusa (con frutti indeiscenti e a pasta verde), Agostara (matura nella seconda metà di Agosto), Femminella (matura tardivamente in Settembre), Bronte (dall’omonimo paesino) e Ghiandalora (entrambe diffuse in aree  limitate).

Vengono coltivate anche cultivar straniere, tra le quali risaltano la Larnaka e la Kerman, oltre a Kern, Red Aleppo. In Italia vi è una coltivazione di nicchia che si effettua a Bronte e Adrano sulle pendici dell’Etna, tutelata con il marchio DOP “Pistacchio verde di Bronte” nel 2010.

In California la pistacchicoltura si basa su impianti arborei creati dall’uomo, con piante sistemate in quadro a m 6x6, mentre in Italia la coltivazione del pistacchio si basa sia su piante nate spontaneamente e che dall’agricoltore vengono innestate con le cultivar citate sopra, sia su impianti moderni, come quelli californiani.

Il pistacchio produce ad anni alterni (produzione biennale) e la raccolta dei frutti viene eseguita manualmente negli impianti su base spontanea, man mano che maturano (dalla fine di Agosto a tutto Ottobre), quindi in più volte; i frutti della prima raccolta si chiamano primo fiore” “prima mano” “biancocon bassa incidenza di frutti vuoti, mentre quelli della seconda e terza raccolta vengono chiamati russi e sono di minore pregio

Dopo la raccolta i frutti vengono liberati dal mallo (smallatura), poi essiccati naturalmente o in corrente di aria calda e, infine, conservati in ambiente asciutto e ben ventilato. Eventualmente si  può anche fare la sgusciatura e la pelatura, a seconda del mercato di collocazione del prodotto. Nei pistacchieti specializzati, invece, la raccolta avviene in una sola volta ed è totalmente meccanizzatacome per le mandorle. La produzione media è di 600 – 800 kg per ettaro massimo 10.

Dal punto di vista nutrizionale, 100 grammi di pistacchi apportano 562 kcal, con 45 g di grassi (per la maggior parte monoinsaturi e polinsaturi), 28 g di carboidrati (di cui 10 come fibra e 8 come zuccheri), 20 g di proteine, per il resto vitamine A, C, B6, calcio, ferro e magnesio, luteina, betacarotene e tocoferoli. Si nota quindi una composizione di estremo interesse, la quale se da un lato ci induce a controllare il consumo di pistacchi per via delle calorie, dall’altro ci conforta con la rilevante presenza di acidi grassi mono e polinsaturi (38 g su 45 di grassi).

Il seme viene usato principalmente nell’industria dolciaria per preparare gelati, torroni, creme e bevande e solo in piccola parte destinato al consumo diretto (quello che più ci piace!). I pistacchi vengono usati anche in salumeria (vedi mortadella), ma anche per preparare primi e secondi piatti. Sono ottimi per la presenza di antiossidanti (influenza positiva sul sistema cardiocircolatorio e sulla colesterolemia), quindi vanno consumati spesso, ma senza esagerare nelle dosi (così come si dovrebbe fare con noci, nocciole e mandorle) specialmente se salati.

In cucina i pistacchi si prestano ottimamente sia per preparazioni dolci che salate, conferendo un sapore inconfondibile e donando alla pietanza un tocco di eleganza, spesso insospettata da chi la consuma. Basti pensare al pesto di pistacchi, il tonno scottato in una panatura di pistacchi, le polpette al limone e pistacchi, e ancora la crema pasticcera o il gelato ai pistacchi, la torta al pistacchio, lamponi e cioccolato bianco, il semifreddo al pistacchio e cioccolato fondente.

Note bibliografiche

  • E. Baldini e B. Marangoni, Coltivazioni arboree, Edizioni THEMA
  • R. Valli e S. Schiavi, Coltivazioni arboree, Edagricole
  • Tassinari, Manuale dell’Agronomo, Edizioni REDA
  • I. Faro Pellegrino, L’oro verde di Sicilia, Edizioni Il Lunario

Photo made in AI

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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