La granita

La specialità ghiacciata di origine araba che è diventata patrimonio internazionale (e come prepararla facilmente a casa)

La granita

Ancora una volta sono di scena gli Arabi, popolazione dura nella dominazione, ma anche tanto intelligente sia nelle diverse branche scientifiche (matematica, fisica, chimica, astrologia, ecc), sia nelle soluzioni che potevano rendere più dolce la vita, all’epoca molto faticosa sia per i dominatori che per i dominati.

Stiamo parlando della dominazione araba in Sicilia, dal 827 d.C. al 1091, periodo caratterizzato da un grande fiorire dell’arte in tutte le sue manifestazioni, ma anche dell’acquisizione da parte degli isolani delle usanze alimentari arabe, tutte dettate dalla natura desertica delle aree di origine di questo popolo. Tra le prelibatezze arabe adottate di buon grado dai siciliani (e da tutta l’Italia dopo) ricordiamo la pasta fresca (Trija), la pasta reale, il gelato, la cassata, il sorbetto e la granita, buona in estate per tutti, ma anche in inverno in tanti luoghi siciliani.

Una vera delizia che attrae tantissimo gli occhi con i suoi colori, che da soli fanno pregustare la freschezza in bocca e la dolcezza al palato, oltre all’acquolina generata dal pensiero del gusto della componente speciale della granita (latte di mandorla, orzata, caffè, aranciata vera, limonata, cedrata, ecc.; ma purtroppo occorre anche ricordare che le calorie non sono da sottovalutare, vista la presenza di zucchero – per non parlare poi dell’accompagnamento in Sicilia con la tipica brioche!

Ma tornando agli arabi: furono proprio loro a introdurre nell’isola il consumo dello sherbet, una bevanda molto fresca fatta da succo di frutta aromatizzato con acqua di rose, ghiacciando poi il tutto. La freschezza veniva ottenuta usando il ghiaccio prelevato dalle neviere, cioè costruzioni particolari in pietra, nelle quali si portava la neve prelevata dai monti circostanti. Le neviere venivano costruite sopra grotte naturali in modo che la temperatura al loro interno rimanesse sempre bassa, tale da non far sciogliere la neve ma da farla solidificare in ghiaccio.

Quando arrivava l’estate si prelevavano lastre di ghiaccio dalle neviere, e con queste si faceva la grattata o rattata, base della granita, usando ricoprire con sciroppi (quindi zucchero, anche inizialmente era miele perché lo zucchero cominciò ad essere prodotto dalla barbabietola in epoca Napoleonica) di frutta o di fiori come le rose o il gelsomino.

L’uso è rimasto per tanti anni in tutto il sud italiano, con la famosa grattachecca romana e la gratta gratta di altri luoghi meridionali, sollievo per tanti nella calura estiva di queste zone, dolce semplice e povero ma al contempo tanto desiderato da grandi e piccini, con l’impagabile piacere di scegliere il tipo di sciroppo di frutta o altro da far versare al venditore della rattata. Bisogna però precisare che grattachecca e gratta gratta non si possono definire granite in quanto questa prevede la lavorazione di ghiaccio tritato e altri componenti contemporaneamente.

Nel 1500 fu introdotta una novità tecnica nella preparazione della granita: la neve da ingrediente della preparazione divenne mezzo per produrre la granita. Fu introdotto infatti l’uso di una sorta di attuale gelatiera, chiamata pozzetto: si trattava di un manufatto in legno a forma di piccolo tino (come quelli per  far fermentare il mosto d’uva), che aveva al suo interno un contenitore di zinco da far girare con una manovella.

Nell’intercapedine veniva posto il ghiaccio insieme al sale (l’unione abbassa molto il punto di congelamento della miscela, rispetto a quella dei singoli componenti) e questo consentiva al contenuto del secchiello di zinco di congelare lentamente (perché la miscela ghiaccio sale per fondersi assorbiva il calore dal contenuto del secchiello) senza formare cristalli di ghiaccio grossi (che altererebbero la nota granulosità minuta della granita e risulterebbero solo ricchi di zucchero e non di succo di frutta), anche perché durante il congelamento il secchiello veniva fatto ruotare. Fu applicato quindi un principio che per decenni hanno usato i gelatai e i baristi per la preparazione delle granite e dei sorbetti, fino a quando l’industria non ha posto in vendita le gelatiere elettriche, basate comunque sullo stesso principio del pozzetto.

Possiamo quindi definire la granita come un dolce al cucchiaio, tipicamente freddo ma non ghiacciato, da non confondere con il sorbetto che si presenta meno granuloso della granita, più pastoso e cremoso. La granita è tipica della Sicilia, ma si può tranquillamente affermare che è diffusa in tutto il nostro Paese e anche all’estero: resta però una profonda differenza tra la qualità e le caratteristiche di quella siciliana su tutte le altre.

Continuando nella definizione della granita, aggiungiamo a quanto già detto, che la preparazione è fatta con acqua, zucchero, succo di frutta oppure altro come latte di mandorla, latte di pistacchio o i due insieme, caffè, cacao): il prodotto finale è del tipo semi congelato. Dicevamo in apertura che la croce delle granite è l’apporto calorico dovuto allo zucchero che si aggiunge, aumentato poi da quello degli sciroppi di frutta. A tal proposito i produttori, specialmente delle granite industriali che hanno un mercato più ampio ed esigente da soddisfare, hanno ridotto la percentuale di zucchero dall’originario 25-35% in peso, all’attuale 18-20%. Tuttavia, non dimentichiamo che spesso su larga scala le ricette prevedono l’uso di coloranti e aromatizzanti, i quali, anche se di origine naturale, si allontanano dal gusto, dalla tipicità e dalla qualità stessa della ricetta originale.

Il composto base a cui si sono ispirati tutti in Italia e nel mondo e quello della granita siciliana: acqua, zucchero e frutta. Il composto viene lavorato facendolo raffreddare ma mai congelare, mescolando di continuo, formando una sorta di crema con minutissimi cristalli di ghiaccio. Anche i gusti siciliani sono quelli di base a cui gli altri si sono ispirati: al limone, alle mandorle, alla fragola, al pistacchio, al caffè. Questo tipo di granita (non gli altri) viene per tradizione consumata con pane fresco o con una brioche col tuppo, cioè rotonda e con una seconda sfera più piccola superiore. Molti usano mettere la granita nella brioche col tuppo in alternativa al consumo contemporaneo dei due ma senza fusione. Sempre in Sicilia la granita si usa a colazione o per uno spuntino durante la giornata; mai a fine pasto, non solo come prassi regionale ma anche perché l’abbassamento della temperatura nello stomaco non favorirebbe la digestione ma la ostacolerebbe.

La granita è talmente rappresentativa del territorio siciliano e della sua storia araba, da essere diventata un vero emblema dell’isola e aver convinto le autorità locali ad inserire la granita di gelsi neri e quella di mandorla nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (in sigla PAT). Certo, se siamo in Sicilia siamo nel regno delle granite e sarà difficile trovarne una che non sia all’altezza della fama. Ma se siamo altrove troveremo solo granite fatte con ghiaccio tritato e un po’ di sciroppo industriale, tutto coloranti, conservanti e zucchero. Se poi scegliamo un prodotto industriale, certamente non avvertiremo alcun piacere nella degustazione. Se siamo a casa sarà possibile preparare una granita a nostro piacimento, con una ricetta semplice semplice che riporto.

 

Granita siciliana alle mandorle

Ingredienti

  • 120 g mandorle pelate o meno (a seconda dei vostri gusti…saranno “diversamente buone” entrambe”)!
  • 60 g zucchero semolato
  • 450 g acqua

Istruzioni

  1. Frullare le mandorle con lo zucchero in un tritatutto o attrezzo simile per 20-30 secondi: le mandorle rilasceranno il loro olio e tenderanno a formare delle grosse briciole.
  2. Aggiungere l'acqua alle mandorle e frullare per altri 10 secondi, in modo da amalgamare i due composti.
  3. Versare l'acqua di mandorle in un contenitore con coperchio e mettere in freezer. Mescolare ogni 30 minuti per le due ore successive.

Prima di servire la granita, se necessario, passarla al mixer per pochi secondi in modo da renderla morbida e vellutata al palato.

Ancora un segreto? Per ottenere granite giustamente cremose in casa, aggiungetevi una quantità di alcol, che influirà sul punto di congelamento della mistura. Lo consiglia lo stesso Fabio Campoli, celebre anche per le sue granite a base di prosecco; ma potrete usare anche vodka, brachetto, e addirittura la birra per ottenere granite dal gusto nuovo, insolito e speciale.

 

Note bibliografiche e sitografiche

Scienza e tecnologia di granite e sorbetti, Ed. Hoepli

A. Boni, Il talismano della felicità, C. Colombo Editore 1954

www.wikipedia.it

www.lacucinaitaliana.it

www.ilgiornaledelcibo.it

Scritto da Luciano Albano

Laureato con lode in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Bari nel 1978, ha svolto servizio come dirigente del servizio miglioramenti fondiari della Regione Puglia presso l’Ispettorato Agrario della città di Taranto. Appassionato di oli e vini, ha conseguito il diploma di sommelier A.I.S. e quello di assaggiatore ufficiale di olio per la sua regione

Specializzato in Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli presso il C.I.H.E.A.M. di Bari (Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Mediterraneennes)" . Iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi della Provincia di Taranto. Iscritto nell'Albo dei C.T.U. del Tribunale Civile di Taranto

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