L’avvincente storia di una famosa chef che abbandona la sua vita in Francia per viverne un’altra, rinnovata nei suoi valori
Da quelle di emù e di lumaca, fino all’uovo centenario: le uova più strambe che potrebbe capitarvi di assaggiare in giro per il mondo
In Italia se ne consumano oltre 12kg pro capite l’anno, e la loro produzione viene assicurata da più di 40 milioni di galline allevate sul territorio nazionale: stiamo parlando delle uova! Ma se nella nostra tradizione siamo abituati a mangiare principalmente quelle di gallina, o al massimo di quaglia, viaggiando nella gastronomia di altre nazioni del mondo è possibile scoprire che in realtà “paese che vai…uovo che trovi”!
Partiamo dall’immagine che abbiamo scelto di associare a questo articolo: le bellissime uova dal colore blu, e dal peso medio di circa 1kg ciascuno, sono prodotte dall’emù, uccello appartenente alla famiglia dei Dromaidi e a volte confusi con gli struzzi per l’aspetto similare. Un uovo di emù equivale a circa 14 uova di gallina – rendendosi adatto a sfamare anche 6 persone - ed è molto comune ritrovarlo sulle tavole australiane e della Tasmania, territori in cui l’animale trova il suo habitat naturale.
Nel panorama delle prelibatezze prodotte dagli uccelli, sono annoverate anche le uova di gabbiano: il pensiero di mangiarle forse lascerà perplessi, ma in diversi paesi è del tutto normale nutrirsene, siano esse sode, fritte, strapazzate o servite con la carne. Cremose e più leggere da digerire rispetto alle uova di gallina, a Londra vengono servite in ristoranti di lusso a caro prezzo, per via delle limitazioni nella raccolta.
Sull’onda del tema “scottante” dell’entomofagia, val la pena citare anche le uova di formica: conosciute anche con il soprannome di caviale messicano (escamoles nella lingua locale), chi le ha assaggiate le decanta come vera e propria prelibatezza. In Messico vengono servite nei tacos o come guarnitura commestibile di patatine e salsa guacamole. Sono popolarissime anche in Thailandia, e presto potrebbero conquistare anche il mercato statunistense, grazie al loro altissimo contenuto proteico (14g/100g di prodotto, a fronte dei 6,3g contenuti tra albume e tuorlo nell’uovo di gallina).
Seguono le uova di lumaca, il cui consumo non è tuttavia una novità, dal momento che sembra fosse in voga già in epoca precedente a quella romana. Anche in questo caso si preferisce parlare di “caviale di lumaca”, dal momento che il suo aspetto consiste in tante piccole sfere di colore bianco (o rosa in alcune specie). Si consuma in Francia, in Polonia ma anche nel nostro territorio, dove è anche un prodotto sempre più proposto del settore crescente dell’elicicoltura nazionale.
Val la pena concludere citando l’uovo centenario, sottoposto ad un metodo di conservazione tradizionale della cucina cinese, che costituisce una vera specialità gastronomica. E’ frutto di un particolare processo di fermentazione: infatti, la preparazione di queste uova, tipicamente d’anatra, prevede che siano lasciate per un lasso di tempo di circa 100 giorni a fermentare, appunto, sotterrate da un composto di acqua, sale, carbone e ossido di calcio. Durante questo periodo, il guscio viene dissolto dalla soluzione salina, il bianco d’uovo si trasforma in gelatina di colore ambrato, mentre il tuorlo assume una colorazione verde scuro. Attendiamo commenti e racconti di coraggiosi assaggiatori!
Fonte: Focus
Scritto da Redazione ProDiGus
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Ciao!!! sempre molto interessante quello che scrivi,appena finito di leggere ti viene subito voglia di provare a cucinare e sperimentare. Detto fatto oggi proverò quelle di lumaca con una bruschetta di pane sciapo(io sono Umbro)una struffata di aglio e il nostro olio di Trevi.Grande Chef grazie
Grazie infinite a lei, è la notizia più bella sapere che stimoliamo la vostra mente tra cultura e fantasia a tavola!