Un nuovo strumento per scoprire quali cibi generano intolleranze
Sono davvero “migliori” e più adatti agli intolleranti al glutine?
Chi non avrà notato che negli ultimi anni hanno fatto ingresso sul mercato alcune varietà di grani, cosiddetti “antichi”?
Leggendo sulle confezioni di farine, paste alimentari e prodotti da forno si leggono nomi come Tumminia, Saragolla, Senatore Cappelli, Russello, Bidì, Biancolilla, Ardito, Maiorca ePerciasacchi: tutte parole che indicato varietò presentate come più autentiche, meno raffinate, più digeribili e anche meno ricche di glutine rispetto al grano coltivato oggi. Queste varietà sono conosciute appunto come “antiche” perché erano molto coltivate fino ai primi decenni del Novecento, ma in seguito le basse rese di produzione le hanno fate scomparire quasi del tutto dai nostri campi.
Ma i grani antichi sono migliori di quelli moderni dal punto di vistanutrizionale?
Ed è possibile che questi prodotti siano “tollerati” maggiormente da chi non potrebbe assumere glutine? L’Istituto Superiore di Sanità ha risposto a queste domande con un articolo pubblicato su ISSalute, per contribuire a sfatare miti e fake news.
Viene sfatato il mito, per esempio, che i grani antichi siano più autentici, in quanto non sottoposti a selezione genetica. In realtà, i grani antichi, proprio come quelli moderni, sono stati selezionati mediante incroci e ibridazioni, a partire da varietà provenienti da altri paesi del bacino del Mediterraneo.
È il caso della varietà Jeanh Rhetifah di origine tunisina da cui ebbe origine la famosa varietà Senatore Cappelli.
Per quanto concerne la questione glutine, nell’articolo si afferma che non sia vero che i grani antichi ne contengano meno di quello moderno.
Diversi studi scientifici hanno studiato la composizione e il potenziale allergenico del glutine nei grani antichi, ma i risultati ottenuti sono stati contraddittori. Inoltre, gli studiosi non sono ancora concordi all’unanimità nel confermarne i potenziali effetti benefici su alcuni parametri cardio-metabolici ed infiammatori. Non vi sono dunque attualmente prove scientifiche che il consumo di grani antichi sia da preferire a quelli moderni.
Fonte: Il Fatto Alimentare
Scritto da Redazione ProDiGus
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