Il ghiottone errante

La riedizione della pubblicazione del 1935 di Paolo Monelli, ancora oggi tutta da leggere come prima testimonianza di storytelling gastronomico

Il ghiottone errante

Paolo Monelli, “Il Ghiottone errante. Viaggio gastronomico attraverso l'Italia”, Slow Food Editore

Partiamo da lontano, dal Rinascimento italiano che ha segnato la cultura del mondo con i suoi artisti e, vogliamo aggiungere perché molto meno noto, con i suoi cuochi. Nel 1548, Ortensio Lando, una figura interessante e originale, un erudito milanese, scrive il Commentario delle più notabili e mostruose cose d'Italia e d'altri luoghi. Lando ricorre ad un arguto espediente narrativo e immagina che un oste decanti le specialità gastronomiche ed enologiche per scoprire l'Italia attraverso un viaggio tra i suoi prodotti e le sue cucine. Forse è il vero antesignano delle guide gastronomiche, oggi ben troppe e spesso di non certa affidabilità e di poco spessore culturale.

Facciamo un grande balzo di secoli e arriviamo a metà degli anni Trenta del Novecento, quando il paese si modernizza. Gli italiani viaggiano in auto, i treni arrivano in orario come da retorica fascista, leggono i quotidiani, ascoltano la radio e le donne, almeno nelle città, cominciano ad entrare nel mondo del lavoro. L'orizzonte della cucina di casa diventa sempre più stretto e comincia a stancare. Non è un caso se già nel 1929 a Milano esce la gloriosa rivista La cucina italiana.

Nel 1910, dopo l'edizione in Germania di due anni prima, viene pubblicato, con la prefazione del grande opinion leader dell'epoca Gabriele D'Annunzio, esteticamente interessato al cibo, Osteria. Guida spirituale alle osterie italiane da Verona a Capri di Hans Barth.  Letto oggi, nella riedizione del 1998 di Franco Muzio Editore, rivela il clima culturale dell'epoca. L'opera è una rivisitazione del Gran Tour. Molto spesso le descrizioni delle osterie sono per lo più dei quadretti di colore e quasi mai parlano del cibo e si risolvono in brevi cenni sul vino. Di ben altro spessore è la Guida Gastronomica d'Italia, pubblicata nel 1931 dal Touring Club. Un successo che, nella nuova versione riscritta nel 1949 da Giuseppe Cavazzana, è quella che più si avvicina ad una interpretazione moderna del viaggio gastronomico.

Sull'onda di questi crescenti interessi del pubblico, La Gazzetta di Torino affida, nel 1934, al giovane Paolo Monelli, mandandolo in giro per l'Italia, una rubrica che racconti i prodotti, i piatti, gli osti, le cuoche, le tradizioni e i territori del Bel Paese. Un viaggio che farà assieme ad un bravo illustratore come Giuseppe Novello. Due temperamenti e due fisici diversi, che spesso, bisticciando, animano la narrazione e rendono ancor più simpatiche e credibili i racconti delle loro tappe. Monelli e Novello, strizzando l'occhio ad una coppia del tipo Don Chisciotte e Sancho Panza, descrivono un vero viaggio e non solo i momenti in cui siedono a tavola. Nel 1935, i vari articoli della rubrica, opportunamente curati, diventeranno Il Ghiottone errante, che non è per niente esagerato definire la prima guida gastronomica pensata con criteri innovativi, offrendo una grande lezione sul modo con cui parlare del cibo.

Il Ghiottone inventa un nuovo modo di raccontare le cucine d'Italia, attento ai particolari, al gusto, ai prodotti che compongono un piatto. Lo fa da letterato qual è, senza retorica e falso tecnicismo, descrivendo luoghi e atmosfere. Come quando arriva a Roma, dopo un intoppo a Sutri, dove restano bloccati da un gregge di pecore fulve e fanno appena in tempo a mangiare un piatto di spaghetti alle alici. Oppure come quando in Sicilia, battono alla grata di un convento e, alla suorina che li interroga su cosa vogliono, rispondono, facendola arrossire, "minne de virgini sorella". "non si chiamano così. Dite quelle cose di vergine" risponde la suora.

E' un libro piacevolissimo da leggere ancora oggi. Ci descrive il paese di ieri in cui ancora possiamo specchiarci senza retorica nostalgia. Monelli inventa anche il ruolo di critico gastronomico contemporaneo, facendo da battistrada a scrittori e giornalisti come Mario Soldati, Luigi Veronelli, Gianni Brera e Gianni Mura. Insomma, le Guide, certamente le migliori, che conosciamo oggi, hanno in lui il fondatore. Le opinioni e i gusti di Paolo Monelli non sempre sono condivisibili e spesso risultano datati, ma sempre è di straordinario interesse e di vero valore letterario.   

Carlo Petrini scrive una prefazione a questa edizione, riprodotta nella edizione postbellica del 1947 e non in quella originaria del 1935, in cui descrive il percorso professionale e culturale dell'autore. Confessa che, leggendo la riedizione del Touring del 2005, lo trovò inutilmente prolisso, preferendogli la prosa di Mario Soldati, anche se, andando avanti, lo capì e lo apprezzò sempre più. Questa annotazione sulla prolissità, mi conferma nell'intuizione che, prima ancora che una guida, il lavoro di Monelli sia piuttosto un romanzo, che trova il suo motore narrativo nel cibo e che si ispira alle avventure della letteratura picaresca della Spagna del sedicesimo secolo.

Il capitolo tredicesimo In carrozza con la mozzarella ne è un divertente esempio. "Giunti davanti a Capri, fummo lì lì per ricusarci allo sbarco, chiedendoci l'un l'altro dove eravamo mai capitati". Poiché non vedevano altre scritte se non in inglese o in francese. "Ci siamo sbagliati. Siamo capitati su qualche spiaggia forestiera". Ma si ravvedono subito di fronte alla bellezza del paesaggio. E poi segue un tripudio di pietanze, descritte con grande realismo, di cui fanno una "strippata" nella trattoria di zi' Teresa al porto.

Il vino, con le bevute fatte con la passione di decenni prima dell'edonismo enogastronomico, non è mai assente, ma anzi spesso è il filo conduttore della narrazione e ci fa rivivere vitigni e vini che ancor oggi sono il vanto della nostra enologia.  Questo colto e raffinato intellettuale, mostrava interesse e competenza per quello che lo porterà a scrivere, parecchi anni dopo nel 1963, “OP” ossia il vero bevitore. Un libro che nel titolo ricorre all'acronimo che sta per Optimus Potor che in latino identifica appunto chi beve bene, oppure Oino-Pòtes, termine greco con cui Anacreonte identifica il savio cultore del vino. OP non avrà lo stesso successo e, poiché oggi è quasi introvabile, sarebbe bello che si pensasse ad una sua ristampa. L'estate è ancora fra noi, e anche in tutte le altre stagioni, se pur con prudenza, torniamo a viaggiare facendoci accompagnare dal Ghiottone!

 

Scritto da Sergio Bonetti

Ha insegnato all'Università, si è occupato di piccole imprese e, negli ultimi anni, soprattutto di quelle del  settore enogastronomico, per le quali ha promosso eventi legati alla cultura del territorio. Le sue grandi passioni sono i libri, il cibo, il vino…e le serie tv.  

Ama viaggiare e per lui ogni tappa diventa occasione per visitare i mercati alimentari e scoprire nuovi prodotti, tecniche e tradizioni.

E’ inoltre appassionato di ricerca e dello studio di testi in ambito culinario, per contrastarne la spettacolarizzazione e i luoghi comuni.

0 Commenti

Lasciaci un Commento

Per scrivere un commento è necessario autenticarsi.

 Accedi

Altri articoli