L’anguria

Amica perfetta della piena estate, grazie al suo gusto dolce e fresco e alla sua versatilità anche in cucina: scopriamo di più sull'anguria

L’anguria

Il caldo è ormai al suo apice, e la voglia di fresco aumenta sempre di più: a Ferragosto niente di meglio che una bella fetta ghiacciata di anguria, regina dell’estate!

Botanicamente l’anguria prende il nome di Citrullus lanatus (secondo alcuni è Citrullus citrullus o Anguria citrullus; il termine lanatus deriva dalla presenza di parti lanose sulla pianta), appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee (come il vero e proprio melone) e la sua zona di origine sembra essere l’Africa, elemento rafforzato non solo dallo studio dei ricercatori ma anche dagli scritti del famoso esploratore inglese David Livingstone, il quale riportò che questa pianta era abbondante nel deserto del Kalahari (zona desertica dell’Africa meridionale, oggi Botswana, dove la pianta è chiamata lerotese, ed è considerata sacra e purificatrice dello spirito).

Molti studi di archeologia condotti in Egitto hanno dimostrato che quivi l’anguria era coltivata già 5000 anni fa, come emerge da tanti geroglifici, da tombe di faraoni aventi contenitori di semi di anguria, i quali erano mitologicamente ritenuti originati dal seme del dio Seth. Coltivata anche in Cina già nel X secolo d.C., l’anguria fu introdotta in Europa con le conquiste della Guerra Santa dell’Islam.

Il nome anguria (che deriva dal greco antico angourion cioè cetriolo selvatico) è usato particolarmente nell’Italia settentrionale e in Sardegna, mentre cambia spesso a seconda delle zone. In primo luogo è chiamata cocomero (dal latino cucumis cioè cetriolo) in particolare nell’Italia centrale; melone o mellone d’acqua in Italia meridionale, derivato certamente dalla dominazione francese di queste aree con il termine melon d’eau, per distinguerlo dal melone di pane cioè il melone vero e proprio; in Sardegna l’anguria è chiamata anche sindria o sandia di derivazione araba; in Liguria passiamo al nome pateca dal francese pasteque; in Abruzzo il nome frequente è cetrone dal latino citrium; nel Salento tutto cambia con il nome sciardiniscu, così come in Calbria con il nome zipangulu che sembra derivino entrambi dal termine sciardino o giardino; ultima curiosità calabrese è il nome zuparacu che sembra rifarsi alle ordinate file di bottoni neri delle tonache dei preti.

Per la biologia possiamo dire che l’anguria è una pianta annuale, erbacea, a fusto strisciante e costoluto, lievemente peloso, con foglie molto grandi trilobate.

I fiori sulla stessa pianta sono distinti per sesso (piante monoiche), ma non mancano i casi di fiori completi o solo maschili. I fiori compaiono in media dopo 6-8 settimane dalla formazione delle foglie cotiledonari durante la germinazione dei semi; compaiono prima i fiori maschili e dopo 1-2 settimane quelli femminili, in modo che alla schiusura di questi ultimi il polline è maturo per la fecondazione. In genere le piante si auto fecondano e il polline è trasportato dagli insetti, sia nell’ambito della medesima pianta che verso altre piante.

Il frutto, disponibile solo in estate da maggio a settembre, è botanicamente una falsa bacca chiamata peponide, si presenta voluminoso, rotondo oppure ovale, dal peso rilevante e variabile (da meno di 1 chilo fino a 20 kg. La buccia si presenta liscia, talvolta striata, spesso di un verde uniforme e intenso, all’interno è rosso (meno frequenti i colori giallo, arancio e bianco), polpa ricca di semi, anche se oggi molte sono le varietà apirene.

Anche la forma è variabile, tanto che sia in Italia che in Giappone vi sono angurie di forma cubicapiramidale o ancora a cuore, forme ottenute facendo crescere i frutti in contenitori particolari di vetro. Prima della raccolta i frutti vanno rigirati spesso sul terreno, per evitare la formazione di aree chiare che deprezzano il prodotto se eccessive. Le varietà sono tante (secondo alcuni fino a 1200), anche perché molti sono gli ibridi costituiti da ricercatori in tutto il mondo per soddisfare le richieste particolari delle varie zone di consumo del prodotto. In Italia le varietà più diffuse sono Sugar Baby, Crimson Sweet, Charleston Gray, Miyako, Klondike.

In linea generale, le varietà si distinguono in precocissime (ciclo 70 gg), precoci (ciclo fino a 75 gg), Medio precoci (fino a 85 gg), normali e tardive (fino a 90 gg), molto tardive (fino a 95 gg). Le varietà locali vengo distnte sostanzialmente in cinquantina e quarantina. Le angurie sono commercializzate per il 15% in giugno, 35% in luglio, 40% in agosto, 10% in settembre. Le regioni più interessate dalla coltivazione delle angurie sono Emilia Romagna, Lazio, Puglia, Calabria, Lombardia.

Per riconoscere una buona anguria osserviamo sempre lo stato del picciolo: non deve essere secco ma turgido e verde. Vediamo inoltre se esce del succo dall’attacco del picciolo, indice di maturazione; sentiamo anche il suono dell’anguria, che deve risultare come di vuoto. Anche la presenza di chiazze di colore giallino o di striature affossate è indice di maturazione ottimale.

Dal punto di vista nutrizionale per ogni 100 g di frutto pulito vi sono: 30 kcal, 90 g di acqua, 0,2 g di grassi, carboidrati 8 g di cui zuccheri 6 g e fibra 0,4, proteine 0,6 g, magnesio 10 mg, calcio7 mg, oltre a vitamine A, C, B6 (8,1 mg). E’ noto a tutti come il sapore del frutto sia delizioso e il profumo inconfondibile, ma l’anguria possiede anche proprietà che vanno oltre quella della freschezza gustativa.

Infatti è molto ricca di licopene, un antiossidante tipico del pomodoro che fa parte dei carotenoidi, prodotto solo dalle piante e non dagli animali, compreso nell’elenco degli additivi alimentari con la sigla E160d. Il licopene è una sostanza dagli effetti largamente positivi su fegato, colesterolo e glicemia, oltre che elemento che rallenta l’invecchiamento delle cellule. Il licopene è attivo anche nella prevenzione delle malattie cardiache e dell’ipertensione arteriosa, grazie all’azione congiunta della citrulina, un alfa amminoacido utile anche per ripristinare funzioni sessuali maschili, in quanto si trasforma in arginina, regina della vasodilatazione dei vasi sanguigni.

Data la ricchezza di acqua e le ridotte calorie apportate l’anguria è utilissima per il controllo del peso, oltre che per idratare i tessuti e dissetare l’organismo, mentre l’apporto di sali minerali riequilibra l’acidità e la basicità dei liquidi organici, sangue in primis. Consumare anguria è perciò utile nelle giornate più calde, oltre in spiaggia per proteggere la pelle dai raggi UV. Interessante è poi la capacità dell’anguria, se regolarmente consumata in estate, di migliorare la qualità del sonno, favorendo sonni tranquilli: basta mangiare un paio di fette di anguria dopo cena affinché l’organismo produca più serotonina e favorisca un buon sonno.

La conservazione dell’anguria è facile in frigorifero se non aperta. Se invece abbiamo cominciato a mangiarne, sarà bene non usare pellicola ma fare il frutto a cubetti da mettere in una ciotola, dalla quale elimineremo ogni tanto l’acqua che si deposita sul fondo. Meglio sarebbe usare uno scolapasta su ciotola, sempre ovviamente in frigorifero. Sarebbe bene comunque tagliare il frutto poco prima del consumo.

Il consumo di anguria normalmente è come frutta fresca, semplicemente tagliata a fette, ma può essere anche suddivisa in cubetti ed impiegata per la preparazione delle macedonie di frutta. Esiste uno strumento apposito che permette di ottenere delle palline dalla polpa dell'anguria, che risultano molto decorative per le coppe di frutta o per i gelati. Con l'anguria si possono inoltre preparare frullati, sorbetti ed una specialità siciliana: il gelo. Si tratta infatti di una specialità da frigo tipica della Sicilia, che si prepara davvero in pochissimo tempo. Sempre in Sicilia alcuni gourmet preparano una conserva a base di bucce di anguria. In Cina le bucce vengono saltate in padella e mangiate come snack. Anche nel nostro paese, soprattutto con l’avvento della cucina vegan e di quella anti-sprechi, si sono diffuse preparazioni casalinghe per recuperare le bucce in gustose confetture, mostarde o in versioni sott’aceto.

Concludendo diciamo due parole su vino e frutta estiva come il melone. Per molti esperti l’abbinamento è molto difficile e si dovrebbe bere solo acqua. Secondo altri invece bisogna scegliere un vino adatto che esalti la dolcezza e il profumo della frutta estiva. Si consigliano perciò vini dolci o quanto meno amabili e profumati, in modo da continuare nella bocca con la dolcezza della frutta e il suo profumo. Potranno essere bianchi, rosati e rossi, fermi o mossi e serviti a temperature basse (tra i 5 e i 10 gradi per quelli mossi, 8-12 per quelli fermi).

 

Note bibliografiche e sitografiche

Manuale dell’agronomo, Ed. REDA

L’anguria, Edagricole

Mensile Il Mio Vino 2003, Ed. Il Mio Castello

www.greenme.it

www.my-personaltrainer.it

Scritto da Luciano Albano

Laureato con lode in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Bari nel 1978, ha svolto servizio come dirigente del servizio miglioramenti fondiari della Regione Puglia presso l’Ispettorato Agrario della città di Taranto. Appassionato di oli e vini, ha conseguito il diploma di sommelier A.I.S. e quello di assaggiatore ufficiale di olio per la sua regione

Specializzato in Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli presso il C.I.H.E.A.M. di Bari (Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Mediterraneennes)" . Iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi della Provincia di Taranto. Iscritto nell'Albo dei C.T.U. del Tribunale Civile di Taranto

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