Uno studio britannico svela un contenuto di zuccheri pari alle bevande gassate per alcune tipologie sul mercato
È il momento dell’anno giusto per gustare i suoi frutti: scopriamo origini, caratteristiche, storia e usi del corbezzolo
Botanicamente individuato con la specie Arbutus unedo, della famiglia Ericacee, questo arbusto (pianta di modeste dimensioni, legnosa, ramificata sin dalla base, spesso cespugliosa) sempreverde (che conserva le foglie tutto l’anno), detto anche arbuto, albatro, albastro, ciliegia marina, lallarone, è una pianta tipica della macchia mediterranea, ma lo si trova anche in luoghi aridi e nei boschi nel bacino del Mediterraneo (Nord Africa compresa), oltre che in Francia, Irlanda, Spagna, Portogallo e Paesi della ex Jugoslavia, oggi maggiori produttori mondiali di corbezzole.
La pianta del corbezzolo ha un bell’aspetto decorativo, elegante, con altezza che può arrivare anche a 6 – 7 metri ed è molto longeva (alcuni esemplari sono centenari). In genere con il corbezzolo si realizzano siepi e frangiventi a protezione di altre piante più sensibili all’azione del vento. Il corbezzolo è pianta coltivabile nei giardini, specialmente nelle zone costiere e sino ai 500 m di altitudine, perché esteticamente pianta molto bella, maestosa e scenografica sia per il fogliame, che per i fiori (bianchi, spesso presenti contemporaneamente a frutti rossi, verdi o aranciati) che per i frutti; piuttosto lenta nel fruttificare, produce i primi frutti al 6° - 7° anno dall’impianto, producendo in autunno frutti, chiamati corbezzole o albatre o sorbe pelose, simili a fragole rotonde, con diametro di 1,5 – 3 cm (in molte aree del Sud venivano chiamate “fragoloni”, vendute nei mercati rionali in piccoli coni di carta, da coloro che si recavano a raccoglierli nelle macchie circostanti le aree cittadine).
Si tratta di bacche (frutto carnoso indeiscente) verrucose, grosse quanto una ciliegia o poco più, rosse, con polpa molle, gialla, dal sapore dolce – acidulo, granulose; sono frutti noti sin dall’antichità, citati dai maggiori scrittori georgici (che scrivevano di argomenti attinenti alla vita dei campi o alla coltivazione della terra), da Teofrasto (filosofo e botanico dell’antica Grecia) a Plinio il Vecchio (scrittore, naturalista, filosofo naturalista, comandante militare e governatore provinciale romano), il quale attribuì il nome a questi frutti in quanto sosteneva che per assaporare appieno il loro sapore molto tenue e delicato, fosse necessario gustarne uno per volta (letteralmente “unum”, cioè uno ed “edo”, cioè mangio). Secondo altri perché essendo per lui un frutto insipido, dopo averne mangiato uno solo non se ne desiderava più.
I frutti cambiano colore durante la maturazione, passando dal verde all’aranciato chiaro e infine al rosso acceso, in un modo così particolare da far definire (durante il Risorgimento) il corbezzolo “l’albero d’Italia” (per il richiamo dei colori della nostra bandiera, quindi “pianta nazionale”), perché sia nel singolo soggetto che nelle macchie di corbezzolo sono contemporaneamente presenti piante con frutti rossi (maturi) e verdi (acerbi), insieme a fiori bianchi.
Volendo coltivarlo partendo dal seme, questo deve essere preventivamente spappolato in acqua, ma molti preferiscono ricorrere alla talea (pezzetto di ramo, foglia, radice che in condizioni favorevoli produce germogli e radici) o al pollone radicato (ramo emesso dalle radici o dalla base della pianta, il quale è già fornito di radici). Come per tanti altri frutti del sottobosco, le corbezzole sono ricche di vitamina C, ma contengono anche per ogni 100 g circa 20% di zuccheri, 0,8% di proteine, molta fibra, con un apporto di circa 76 kcal; tutte le parti della pianta sono ricche di tannini (sostanza naturale presente in tutto il mondo vegetale, facenti parte di polifenoli), tanto che nel passato il decotto di foglie secche e radici si usava per la cura di disturbi intestinali, del fegato, delle vie urinarie e dei reni.
Le corbezzole erano un tempo molto apprezzate, specialmente dai bambini, mentre oggi sono spesso completamente sconosciute ai più, anche perché le piante sono ormai rare e di conseguenza anche i frutti. In cucina le corbezzole devono essere usate quando ben mature, altrimenti il sapore è decisamente amaro; non bisogna però eccedere nel consumo tal quale dei frutti, perché la conseguenza sarebbe un intenso bruciore di stomaco, diarrea, senso di ebbrezza per la presenza di arbutoside o arbutina, un glucoside.
Con le corbezzole si preparano confetture (da lavorare in breve tempo perché questi frutti si deteriorano velocemente e sono molto delicati), per le quali risulta necessario aggiungere una mela per sfruttare la capacità addensante di questa (contiene pectina). Le corbezzole possono anche essere caramellate con lo zucchero, conservate sotto spirito, usate per mostarde. Non va dimenticato che con frutti e foglie di corbezzolo si può aromatizzare l’aceto (pronto dopo un mese di macerazione e alla fine un po’ più dolce), con i soli frutti preparare crostate e torte.
Con i frutti del corbezzolo si prepara sia uno squisito liquore (nelle Marche e in Corsica, con macerazione per 10 – 30 giorni in alcol) che un’acquavite speciale e profumata (in Portogallo chiamata Aguardente de Medronho, presente sotto altri nomi anche in Sardegna). Il corbezzolo figura inoltre tra le piante mellifere, caratteristica che consente di ottenere un miele eccezionale e costoso, dal retrogusto amarognolo, raro da trovare. Con la fermentazione dei frutti si ottiene il "vino di corbezzolo", a bassa gradazione alcolica e leggermente frizzante in uso in Corsica, Algeria e nella zona del promontorio del Cònero, dove è detto vinetto.
La pianta di corbezzolo fornisce un tipo di legno duro e pesante, molto apprezzato sia per il camino che per produrre carbone vegetale. Della pianta vengo sfruttati anche i polloni, con i quali si producono pali di sostegno per le vigne e per altre piante. Infine, con le foglie si conciavano le pelli proprio per la ricchezza di tannini, con le loro proprietà astringenti e antisettiche. Praticamente del corbezzolo si usa tutta la pianta!
Altre curiosità? il corbezzolo nelle Marche dona il suo nome al Cònero (promontorio sulle cui pendici sorge Ancona, e la cui vegetazione è appunto ricca di arbusti di corbezzolo.): infatti questa parola deriverebbe dal greco komaros, nome del corbezzolo in greco (quindi Cònero come monte dei corbezzoli); in Spagna il simbolo di Madrid (e della squadra di calcio Atletico di Madrid) è un orso coronato che si arrampica su un corbezzolo per mangiarne i frutti (lo si trova in tante piazze, tra cui la famosa Puerta del Sol, e nello stemma cittadino): l’albero di corbezzolo (madroño in spagnolo) indica la fertilità mentre l’orso rappresenta l'aristocrazia cittadina.
In realtà l’insieme orso - corbezzolo storicamente si collega al fatto che nel ‘500 gli spagnoli curarono le febbri malariche con le bacche di corbezzolo (lo stesso imperatore Carlo V fu guarito e volle perpetuare il suo grazie alla pianta ponendo una corona a 5 punte sul capo dell’orso). Prima il simbolo era soltanto l’orso non solo perché molto diffuso nei boschi (anticamente Madrid si chiamava Ursaria), ma anche perché con la sua forza simboleggiava l’aristocrazia cittadina. In definitiva la città di Madrid attraverso la statua simbolo, ringraziava sia il corbezzolo che la sua nobiltà, forte come un orso e lungimirante nel suo modo di governare. Anche la città di Ancona vede nel proprio stemma rappresentato un ramo di corbezzolo, a dimostrazione di quanto visto per il Cònero.
Note bibliografiche
- V. Forte, Frutti rari e curiosi d’Italia, Edagricole
- AA.VV., Dizionario di Agricoltura, Ed. REDA
- C. Cervelli, Le piante mediterranee autoctone nel settore ornamentale e paesaggistico, Ed. ACE2
- I.Schönfelder – P.Schönfelder - M. Traini, Flora del Mediterraneo, Ed. RICCA
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Scritto da Luciano Albano
Laureato con lode in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Bari nel 1978, ha svolto servizio come dirigente del servizio miglioramenti fondiari della Regione Puglia presso l’Ispettorato Agrario della città di Taranto. Appassionato di oli e vini, ha conseguito il diploma di sommelier A.I.S. e quello di assaggiatore ufficiale di olio per la sua regione.
Specializzato in Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli presso il C.I.H.E.A.M. di Bari (Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Mediterraneennes)" . Iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi della Provincia di Taranto. Iscritto nell'Albo dei C.T.U. del Tribunale Civile di Taranto

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