Lavaggi… agli ultrasuoni

Rappresentano un metodo all’avanguardia per il trattamento degli ortaggi, al fine di assicurare una migliore eliminazione dei batteri

Lavaggi… agli ultrasuoni

Fino ad oggi siamo stati abituati ad utilizzare la semplice acqua per lavare le verdure prima del consumo domestico. Le realtà industriali, invece, per fornirci questi prodotti già pronti da consumare in buste (soprattutto le verdure a foglia verde, dalle insalate agli spinaci), impiegano soluzioni d’acqua “chimicamente calibrate” (sempre in quantità limitate e sicure per la nostra salute) per garantire l’assenza di microrganismi patogeni. Ma dalla Gran Bretagna arriva una nuova interessante proposta, ovvero quella di sottoporre gli ortaggi ad una sonicazione (ovvero un passaggio in un campo ad ultrasuoni) in acqua, per assicurarne non solo la perfetta sterilizzazione, ma allungarne persino le vita commerciale.

Questa nuova tecnica di sterilizzazione è stata messa a punto dai ricercatori dell’Università di Southampton, nel Regno Unito, e pochi mesi fa è stata spiegata e descritta in dettaglio all’interno del loro studio pubblicato su Ultrasound in Medicine & Biology. Il trattamento ad ultrasuoni si propone come alternativa valida a sostituire le metodologie industriali già sopra citate per il lavaggio degli ortaggi, che generano inoltre, come naturale conseguenza, una selezione dei ceppi microbiologici più resistenti.

La nuova idea consiste invece nel far passare delle correnti d’acqua percorse da ultrasuoni (che formano minuscole bollicine) direttamente sulle foglie commestibili. Il campo di ultrasuoni crea infatti dei veri e propri “eco” sulla superficie delle verdure, e ciò consente alle bollicine e alle onde sonore stesse di arrivare fino nelle più piccole nervature delle verdure a foglia, di solito difficilmente raggiunte dai metodi tradizionali di lavaggio. Il campo sonoro ha inoltre la proprietà di “increspare” rapidamente le pareti delle bollicine, trasformando ognuna di esse in una microscopica “spazzola” per il lavaggio dalla superficie più rugosa. Il tutto si rende idealmente perfetto per spazzare via non solo i contaminanti fisici (come i più piccoli residui di terriccio) ma anche e soprattutto i microorganismi e i possibili biofilm da essi prodotti.

I primi esperimenti del team di ricerca sono stati effettuati su foglie di spinaci: a distanza di 6 giorni dal trattamento di lavaggio ad ultrasuoni, hanno constatato che la carica batterica presente sul prodotto era ancora bassissima, e di molto inferiore rispetto al confronto con le medesime foglie lavate sotto acqua corrente. Inoltre, gli spinaci trattati ad ultrasuoni avevano un aspetto decisamente migliore rispetto a quelli “di controllo”, evidenza che ha portato ad approfondire anche il fattore “tempo” di esposizione agli ultrasuoni: i ricercatori sono riusciti ad evidenziare che servono almeno 2 minuti di lavaggio ad ultrasuoni per ottenere questo effetto e migliorare significativamente anche la shelf-life del prodotto.

Gli ultrasuoni permettono inoltre di non ricorrere all’impiego di sostanze chimiche, inquinanti o comunque potenzialmente pericolose per l’uomo e l’ambiente. Agli autori della sperimentazione non resta naturalmente che augurarsi che questa tecnologia possa diventare presto una realtà adottata dai produttori/trasformatori industriali di verdure a foglia; tuttavia, è nel nostro stile e nell’approccio più consapevole verso l’informazione dei nostri lettori affermare che l’entusiasmo in merito all’impiego degli ultrasuoni in campo alimentare va sicuramente “controllato”.

L’uomo è da sempre soggetto a radiazioni, siano esse naturali o artificiali: le radiazioni, infatti, non sono altro che oscillazioni che si propagano nello spazio trasportando energia. Gli ultrasuoni sono radiazioni meccaniche non ionizzanti, e vengono per lo più generate grazie alle proprietà piezoelettriche di alcune ceramiche (es. quarzo), le quali trasformato una tensione alternata posta ai capi dei cristalli del materiale in onde acustiche di pressione. Gli ultrasuoni, dunque, si mostrano apparentemente innocui: ma occorre sempre ricordare che, come ogni novità, ne andranno studiati gli effetti veri e propri (sia sui cibi che sulla nostra salute) e ne andranno stabilite le migliori condizioni di impiego. A tutt’oggi, infatti, sugli ultrasuoni non si conosce abbastanza, dunque al momento sarebbe errata sia una accettazione incondizionata del loro uso, sia al contempo il rifiuto categorico di un possibile e utile impiego. Speriamo che la scienza possa fornire presto risposte in merito.


Fonte: Il fatto alimentare

Scritto da Redazione ProDiGus

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