Il pane in India

La parola “pane” in India si declina al plurale, dando vita ad un’innumerevole varietà di tipologie da conoscere e provare

Il pane in India

L’India è un paese in cui coesistono ben 120 etnie differenti, 12 religioni e circa 250 dialetti diversi, ed è per questo che è difficile definire e riassumere in un numero esiguo di pietanze la “cucina indiana”. Esistono notevoli differenze fra le tradizioni gastronomiche del nord del Paese e quella del sud, e la diversità delle religioni ha una forte influenza sui vari tipi di cucina: la carne di maiale ad esempio non trova impiego nella cucina per i musulmani, quella di bovino è preclusa agli indù i quali, assieme ai buddisti e ai jainisti, sono vegetariani

Tante sono le usanze particolari: tra le bevande più comunemente sorseggiate c’è il tè; a conclusione dei pasti i commensali non di rado masticano semi di cumino e cardamomo che favoriscono la digestione e rinfrescano l’alito; nei ristoranti tipici il conto è portato al tavolo in un vassoio che contiene questi semi e dei piccoli confetti di zucchero colorati. Inoltre, quando si parla di cucina indiana il pensiero va subito ai curry e alle spezie che arricchiscono quasi tutti i piatti. Ma che dire del pane

Sono circa una trentina i diversi tipi di pane che si possono trovare in India, diversi per la composizione e il sapore ma anche per le modalità di cottura.  Per citarne solo alcuni, nel Nord del Paese i più popolari sono il Paratha, il Kulcha e il Poori, al Sud gli Idlis, ad Est i morbidi Pitcha e ad Ovest i Chelas e i Bhaji. Per molti di questi tipi di pane la base è la farina di grano duro integrale, chiamata atta o maida, mescolata in alcune preparazioni a farine di miglio, sorgo, riso, lenticchie o mais

La cottura spazia dall’avvenire su piastre di ghisa (tawa) fino ai forni di mattoni in argilla e al tajin, da quella al vapore alla frittura rapida. Solitamente il pane dell’India settentrionale è di tipo azzimo (ovvero preparato senza lievito, ma esistono anche versioni al lievito madre, o preparate con lievito chimico); il più tipico è il Naan, dalla forma rotonda e con l’originalità di essere adoperato come piatto di portata o come vera e propria “posata commestibile”, servito affiancato a zuppe, intingoli e assaggi di salse e preparazioni di verdure tipiche. Si pensa che il Naan sia originario dell’Asia Centrale: si ritrova la sua citazione in uno scritto del 1300 d.C. a firma del poeta indo-persiano Amir Khusrow, ma si crede possa appartenere ad epoca più remota. 

Cibo prelibato per i reali indiani, solo nel 1700 il Naan ha raggiunto le altre classi sociali. Il termine ”naan” in persiano significa pane, cibo, mentre in Turchia “nan” si traduce appunto in “pane azzimo. Ecco perché questa parola è stata adoperata inizialmente in altri Paesi dell’Asia Centrale e, dopo la conquista dei musulmani, in paesi dell’Asia Meridionale (Pakistan, Bangladesh Afghanistan e regioni vicine). La cottura del Naan avviene in particolari forni di argilla che hanno la forma di campana rovesciata: i tandoor. Le loro origini sembrano risalire alla civiltà egizia. 

La variante più diffusa del forno tandoor tradizionale indiano raggiunge temperature di 480 gradi centigradi: la campana riceve il calore da carbone o legna che bruciano alla sua base e la cottura è particolare specie se ci si trova in India perché i dischi di pasta per le focaccine vengono fatti aderire in verticale sulle pareti interne incandescenti del forno. Il pane caldo viene spesso servito unto di ghee, che è il burro chiarificato tanto utilizzato nella cucina indiana. 

Cibo di accompagnamento prediletto per tanti piatti tipici, il Naan diventa Keema Naan se contiene una miscela di carne macinata, Peshawari Naan se farcito con nocciole e uvetta, Kulcha Naan se riempito con patate schiacciate, cipolle e immancabili spezie, Paneer Naan se farcito con il paneer ovvero un formaggio locale, eventualmente arricchito dagli aromi del coriandolo e della paprika, per citarne solo alcuni. 

Il Naan è accompagnamento ideale per il pollo tandoori o le carni allo spiedo. Ma c’è poi anche il Chapati: a differenza del Naan è un pane che si presenta sempre non lievitato, dalla consistenza morbida perché nel suo impasto ci sono (come in alcune versioni di Naan) latte e yogurt assieme all’acqua, e poi esso viene steso molto sottile. Ha un gradevolissimo sapore leggero di nocciola se gustato caldo. Fin da bambine le donne indiane imparano a preparare le focaccine chapati tonde e sottili che vengono cotte sul tawa, una padella di ferro massiccio ma anche direttamente sulla fiamma ottenuta facendo bruciare dei rametti sul ciglio della strada. 

Le chapati del Punjab sono gialle poiché fatte con farina di mais, mentre nel Rajasthan sono di farina nera e si spalmano di ghee. Un pane semplice e non lievitato è anche il Roti, fatto di farina integrale di frumento e acqua e cotto su piastra bollente. Il pane indiano chiamato Paratha è invece simile alla nostra piadina: ha forma rotonda ma anche quadrata o triangolare. Le focaccine Poori o Puri si mangiano a colazione e sono rigorosamente fritte; il loro impasto è ottenuto con farina di grano integrale, acqua sale e olio e viene foggiato a forma di disco tondeggiante; nell’olio i dischetti si gonfiano diventando dorati e croccanti e accompagnano piatti di curry vegetariano. 

Si presenta fritto anche il pane indiano chiamato Bhatura che è di tipo lievitato e accompagna classicamente il curry di ceci; il suo impasto è simile a quello del Naan. Pani più elaborati nella preparazione sono il Parotta e il Baati. Per il Parotta alla farina, l’acqua e l’olio a volte si aggiungono le uova; l’impasto viene steso in strati sottili sfogliati con abbondante ghee, e con questi strati si forma un cerchio a spirale, si richiude a palla e si frigge. Questo pane ha un gusto di semolino e zucchero caramellato e si può apprezzare affiancato ad un dhal di lenticchie. 

Il Parotta è originario del Tamil Nadu dove i lavoratori del settore tessile (tamil) lo consumavano come cibo economico; ottimo se mangiato da solo, si può però trovare anche farcito con patate, cavolfiori o semplicemente aromatizzato con aglio, menta e coriandolo. È uno street food ma si trova anche sulla tavola delle occasioni speciali quali i matrimoni o le feste religiose. Ancora il Baati, tipico del Rajasthan, richiede una bollitura delle forme seguita dalla cottura in forno tadoor. Questo è un pane di lunga durata ad alto potere nutritivo, ottimo per i periodi di siccità nelle regioni desertiche. Il Kulcha infine è un pane di farina maida che annovera tra gli ingredienti le patate, le cipolle e varie spezie; la cottura avviene in forno e accompagna anche in questo caso i curry e masala locali. 

Scritto da Elena Stante

Laureata in Matematica nel 1981 presso l’Università degli Studi di Bari, dal 1987 al 2023 ha insegnato Matematica e Fisica presso il Liceo Ginnasio Aristosseno di Taranto .Ha partecipato ai progetti ESPB, LabTec, IMoFi con il CIRD di Udine e a vari concorsi nazionali ed ha collaborato con la nomina di Vice Direttore per la regione Puglia alla rivista online Euclide, giornale di matematica per i giovani. Le piace correlare la scienza al cibo, nonché indagare su storie e leggende, e con Prodigus inizia il suo percorso di redazione di contenuti golosi per gli utenti del web.

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