Tiny food

Negli ultimi anni si è diffusa la moda di realizzare mini-cibi: un’attitudine tutta orientale che ha contagiato il mondo intero

Tiny food

Parola d’ordine: kawaii ovvero mini, carino. La tendenza a prediligere il cibo in formato miniaturizzato arriva direttamente dal paese del Sol Levante ed è qualcosa che, nel corso dei secoli, ha riguardato anche ambiti differenti da quello alimentare.

La quanto meno discutibile pratica del Loto d’Oro, che imponeva alle donne la rottura del metatarso e speciali fasciature per avere piedi lunghi tra i sette e i dodici centimetri, ne è un esempio.

Oggi la miniaturizzazione riguarda per lo più il mondo del food, fortunatamente, e quello dei giocattoli. In Occidente le case di bambole continuano ad essere una passione, non solo dei bambini, ma anche dei collezionisti. Ma questa è un’altra storia, con origini che affondano nell’antico Egitto.

Anche l’Italia, come altri Paesi europei e come l’America, si è lasciata contagiare dalla mini-food mania. Primi, secondi, dolci, qualunque piatto può essere realizzato in formato ridotto, ma estremamente comodo, per chi assaggia, e delizioso alla vista. Non sono soltanto i piatti ad essere piccoli, ma anche gli strumenti utilizzati per prepararli. È il web il luogo in cui la moda del Mini o del Tiny Food è prosperata, raggiungendo luoghi anche molto distanti dalle terre dove la cucina in miniatura è nata. Su YouTube si moltiplicano i tutorial che insegnano ad usare le abilità da cuoco, applicandole a preparazioni in scala ridotta. Esistono appositi canali sui quali è possibile reperire video di ogni genere sulla pratica orientale.

L’espressione “fare le cose in grande” ha lasciato posto all’affermazione opposta e così fare le cose “in piccolo” è divenuta una tentazione alla quale nemmeno gli occidentali riescono a resistere. Anche i social sono invasi da mini-pentole, mini-tartine, mini-panini, mini-pizze, mini-dolci. E persino il cinema, che riserva sempre grande attenzione al cibo, come veicolo di comunicazione e di condivisione, come espressione di stati d’animo e situazioni, non è rimasto immune al fascino del Tiny Food. Si pensi a titoli come Nervous Translation.

Sfogliando riviste specializzate, seguendo i cooking show o guardando il materiale che galleggia nel web è facile imbattersi in piatti mini di carbonara, preparata in Giappone, con le uova di quaglia o in mini-secondi a base di hamburger e pollo fritto. L’artista nipponico Tomo Tanaka è capace di realizzare un intero vassoio di macarons in versione decisamente “concentrata”: un piatto di portata praticamente grande, anzi piccolo quanto il suo polpastrello.

Una precisione quasi sovrumana caratterizza tutte le sue opere, che però non sono commestibili. Ora, immaginiamo il tacchino del Thanksgiving Day in versione riveduta e corretta, alla maniera orientale. Cosa accadrebbe nelle case degli americani, se le tavole fossero imbandite con mini-tacchini? La bellezza di queste creazioni, in alcuni casi, è indiscutibile e volendo, si potrebbe interpretare l’arte del Tiny Food, in senso simbolico, cioè come un invito a non sprecare il cibo.

Nei giorni di festa, la tendenza allo spreco purtroppo cresce.


Fonte: Cinematographe

Scritto da Redazione ProDiGus

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