La rubrica dei “buoni da leggere” continua con il saggio di un’esperta della civiltà francese
È quella che mangiamo inconsapevolmente in sempre più alte quantità: ecco come
Se ne mangia molta di più di quanto si possa pensare: non si trova elencata come ingrediente, ma una enorme quantità di soia finisce nei prodotti che sono nei nostri frigoriferi. Non è necessario essere vegani o vegetariani per essere dei buoni consumatori di soia: chi infatti mangia regolarmente carne, pesce, uova e formaggi in realtà assume e consuma abbondantemente, seppure in modo inconsapevole e indiretto, questo legume.
Secondo la recente ricerca Mapping the European Soy Supply Chain (Mappatura della catena di approvvigionamento della soia europea), commissionata dal WWF, ogni europeo consuma ogni anno 61 chilogrammi di soia, di questi il 93% (pari a circa 57 kg) proviene da fonte indiretta, cioè dai mangimi animali (necessari per ottenere carne, pece, uova, prodotti lattiero-caseari), i restanti 4 kg li introduciamo nella nostra dieta senza saperlo attraverso altri alimenti.
La ricerca evidenzia in modo chiaro che la soia consumata non rappresenta l’ingrediente di una ricetta o l’elemento base di un piatto ma è assunta indirettamente soprattutto in ragione della sua presenza nei mangimi degli animali da allevamento (la soia è infatti un legume ricco di proteine e per questo costituisce un ottimo mangime animale) o perché aggiunta a prodotti lavorati.
Ad un cospicuo consumo annuo pro-capite corrisponde una sempre più vasta superficie destinata alla coltivazione della soia ,che avviene generalmente in modo intensivo e in monoculture che richiedono, peraltro, un elevato utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici che inquinano il suolo e le falde acquifere (con effetti diretti e indiretti sulla salute dell’uomo e del Pianeta) e grandi quantitativi di acqua (per produrre 1kg di soia sono necessari 2000 litri di acqua).
La coltivazione della soia negli ultimi decenni è passata da 130 milioni di tonnellate (nel 1996) a 514 milioni di tonnellate (nel 2014); le terre adibite alla sua coltivazione hanno una superficie di circa 113 milioni di ettari (nel 2014) pari alla superficie di Regno Unito, Francia e Germania. Inoltre, è da evidenziare che le colture si localizzano soprattutto negli Stati Uniti, Brasile, Argentina e Cina che complessivamente producono l’85% del raccolto mondiale.
E’ ormai noto l’impatto che la coltivazione della soia ha sull’equilibrio del nostro pianeta, presentandosi ormai come un problema ambientale globale. L’equilibrio degli ecosistemi, la disponibilità di fonti di sostentamento per le popolazioni, la deforestazione e la “conquista continua di terreni” da convertire alle coltivazioni, l’uso di pesticidi, i cambiamenti climatici, la disponibilità di risorse idriche, le alterazioni della biodiversità vegetale ed animale, le emissioni inquinanti sono tutti fattori dei quali non si può non tenere conto anche a tavola. Scegliere cosa mangiare, come alimentarsi, quali ingredienti utilizzare in cucina sono tutti aspetti strettamente legati alla tematica della sostenibilità ambientale di cui ormai siamo tutti parte interessata.
Lo sguardo al futuro del nostro pianeta passa infatti anche attraverso le scelte che facciamo al supermercato e conseguentemente a ciò che mettiamo in tavola: aprite il vostro frigorifero e troverete sicuramente carne di maiale, uova, yogurt, petti di pollo, latte, formaggio... e tanta soia “sapientemente” nascosta. Ma ecco qualche esempio chiarificatore. Gli esperti evidenziano che un cittadino europeo consuma 25,4 kg di carne di maiale all’anno; considerando che per produrre 100 gr di quella carne sono necessari 51 gr di soia, per soddisfare l’intero fabbisogno pro-capite servono ben 12,9 kg di soia.
Ancora per 100 gr di petti di pollo occorrono 109 gr di soia, per un uovo di gallina 35 gr, per 100 gr di salmone 59 gr di soia, 25 sono i gr necessari per la produzione media di 100 gr di formaggio. Ecco che, stando a questi valori, si arriva facilmente al consumo medio annuo pro-capite di 57 kg di soia cui si diceva all’inizio. A questi dobbiamo ovviamente aggiungere la quantità di soia effettivamente consumata come ingrediente (si pensi, ad esempio, che l’olio di soia è secondo a livello globale, dopo quello di palma, per consumo complessivo).
Non è tutto: il consumo di soia passa anche attraverso l’aggiunta delle sue proteine in una ampia categoria di prodotti sempre più in voga (barrette e snack vari, yogurt e dessert al cucchiaio, preparati da bere ecc.), ma in questo caso possiamo quantomeno riscontrarne la presenza grazie alla norma che prevede l’indicazione obbligatoria in etichetta degli ingredienti, degli additivi e degli allergeni. La soia e i concentrati delle sue proteine sono inoltre utilizzati per migliorare la friabilità dei prodotti da forno, aggiunti ad hamburger e ai ripieni di tortellini e ravioli, addizionate nei prodotti vegani, nei gelati per renderli più soffici, nei prodotti specificamente per celiaci (in sostituzione delle proteine del grano, cioè del glutine).
Leggere quantomeno le etichette guiderà a nuove scelte d'acquisto più consapevole e renderà ciascuno protagonista attivo del futuro del nostro pianeta.
Photo made in AI
Fonte: WWF
Scritto da Viviana Di Salvo
Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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