Grasso: il sesto gusto

Dolce, salato, acido, amaro, umami.... e grasso: ecco l'ultima sensazione palatale che concorre a generare e descrivere un sapore

Grasso: il sesto gusto

In un'era in cui la cucina vive fra tradizioni gastronomiche, innovazioni e sperimentazioni a tavola, tutto riconduce sempre e comunque a due concetti: il gusto e il sapore. Il primo è un senso oggettivo, attivato e generato dall’interazione di sostanze chimiche con i nostri recettori gustativi (papille gustative e recettori neuronali); il secondo può essere invece definito come una esperienza sensoriale in cui si fondono tra loro tutti i sensi e le capacità percettive dell’individuo. Questo spiega peraltro perché a fronte di un numero ben definito di gusti esiste una infinità di sapori.

Ma quanti e quali sono i gusti che il nostro palato e dunque il nostro cervello sono in grado di percepire? Banale direte voi, i gusti sono quattro: dolce, salato, acido, amaro! Eppure non è proprio così: infatti esiste già da decenni un nuovo quinto gusto definito umami, e ci si appresta a definirne persino un sesto chiamato oleogusto, relativo alla percezione palatale del grasso.

Andiamo però con ordine. Grasso e sapido (cioè umami) sono due espressioni del gusto, sempre esistite nella nostra percezione ma ora identificate scientificamente e divenute chiave per lo sviluppo di sapori e sentori specifici di alimenti e piatti. Il grasso è un concetto antico, lo definì tra i primi addirittura Aristotele nel 330 a.C., ma solo recentemente la sua percezione è stata associata e messa in relazione ad elementi e fattori ben determinati come la texture, cioè la struttura più o meno oleosa di un alimento (quella che potremmo identificare con la cremosità e la vischiosità), le modalità di rilascio del sapore e le proprietà termiche dell’alimento stesso. 

Fino agli anni 2000 i gusti primari riconosciuti dalla fisiologia erano quattro, a questi si aggiunse poi l’umami (il sapore sapido del glutammato tipico dei cibi ricchi di proteine) ed ora il grasso che, come gli altri, avrebbe cellule gustative specializzate nella sua ricezione, afferenti a cellule nervose determinate e comunicanti con definite aree cerebrali. Di cosa sa il grasso? E’ difficile da spiegare in quanto gli acidi di cui sono composti in larga misura i grassi che ingeriamo possono da soli provocare sensazioni sgradevoli in bocca; tuttavia, se mantenuti e mescolati in certe quantità e proporzioni con gli altri componenti del gusto diventano in grado di catturare la nostra attenzione e provocare piacere al palato e soddisfazione neuronale.

Come ha spiegato il dott. Richard Mattes professore di scienza della nutrzione alla Purdue University (Indiana, USA) in assoluto il sapore del grasso è spiacevole e da solo provoca disgusto, ciò che invece attrae e soddisfa è la combinazione con altri gusti (come l’amaro nel caffè). Il gusto del grasso, così come individuato nello studio australiano della Deakin University di Melbourne e pubblicata sulla rivista scientifica Flavour Journal, potrebbe essere d’aiuto nel capire e approfondire gli aspetti fisiologici e neuronali legati allo sviluppo dell’obesità e della sindrome metabolica.

Dallo studio, infatti, emerge che coloro che sono più sensibili al gusto del grasso tendono a consumare cibi che ne contengono meno; di contro gli obesi hanno una soglia di sensibilità molto più bassa che li spinge a ricercare cibi che possiedono una elevata quantità di grasso, cosa che influirebbe considerevolmente sull’aumento ponderale. Da ciò deriva la necessità di mettere a punto alimenti (trasformati e preparati) che pur mantenendo la capacità di soddisfacimento del gusto (del grasso) a livello percettivo ne contengano in quantità accettabile e consentita per mantenere un adeguato apporto in termini di calorie e nutrienti. 

Capire il funzionamento complessivo del sistema sensoriale e della relativa attivazione di specifiche zone del cervello consentirebbe di agire con finalità qualitative sull’alimentazione e di conseguenza su vari aspetti della salute pubblica sia in termini strettamente medici (prevenzione e benessere) che economici (costi della sanità per patologie acute e croniche); senza dimenticare ovviamente tutte le implicazioni che interesserebbero l’industria alimentare.

La dipendenza dal gusto del cibo, ad alto contenuto di sale, grassi o zuccheri, è sicuramente un fattore che determina e influisce sulle nostre scelte a tavola, al supermercato, al ristorante. La preferenza di un alimento fresco o trasformato, di una tipologia di cottura piuttosto che di un’altra, influiscono sul complesso sistema dopaminergico e limbico determinando il nostro stato di benessere, il desiderio e il soddisfacimento dello stesso. La dipendenza dal gusto può avere un impatto importante su alcune patologie e sull’acquisizione di comportamenti alimentari scorretti e disfunzionali (es. disturbi del comportamento alimentare, obesità, sindrome metabolica, diabete, ecc.). Non è un caso se l’industria alimentare fa spesso leva su alimenti e prodotti in grado di generare una sorta di dipendenza in quanto inducono il consumatore a preferire elevati livelli di sale, grassi o zuccheri con quello che viene definito “bliss point”.

In conclusione, ciò che la scoperta del sesto gusto porta con sé è anche una maggiore consapevolezza di ciò che si introduce con l'alimentazione imparando a giudicarne la consistenza e il sapore (esaltato, appunto, da una componente grasssa). "Allenarsi" nella sua percezione non potrà che portare benefici sia per l'evoluzione della propria biblioteca dei sapori che per la coscienza nutrizionale. 

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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