Martedì 19 marzo Fabio Campoli presenterà a "La Prova del Cuoco" uno specialissimo sformato dai gusti italo-britannici
I prodotti cosiddetti "green" contribuiscono davvero a salvare il pianeta? Qualcuno ritiene che favoriscano un nuovo consumismo
L’esigenza ambientalista è sentita da un numero sempre maggiore di persone, fortunatamente. Ma la strada da percorrere è ancora lunga. E bisogna fare in fretta, perché le risorse del pianeta non sono infinite. Una realtà con la quale molti, troppi, anche a livello istituzionale, fanno fatica a confrontarsi.
Per contro, ci sono persone che hanno portato la propria coscienza ambientalista in territori estremi e poco frequentati. Singoli individui, associazioni o reti di associazioni che tentano di sensibilizzare gli altri sul tema, non soltanto con le parole, ma dando il cosiddetto buon esempio. Il nome più noto alle cronache è quello di Greta Thunberg, vero simbolo di un movimento trasversale, che riguarda soprattutto le giovani generazioni. Un’azione, la loro, che non conosce latitudine né ostacoli economici, sociali o di altro genere. Un atteggiamento che merita apprezzamento e sostegno.
Nel mondo ci sono infinite Greta, per fortuna del pianeta. Abbey Dufoe è una giovane donna americana, molto impegnata nella lotta all’inquinamento e al riscaldamento globale. Nel weekend, con il suo compagno, raggiunge la spiaggia e insieme cominciano a pulirla, raccogliendo la spazzatura lasciata da altri. Acquista all’ingrosso per ridurre lo spreco relativo agli imballaggi e si cimenta nel riciclo di tutto quel che riesce a riciclare. Abbey è anche una fan dei prodotti green, come le cannucce di metallo, le borse shopping, le bottiglie d’acqua riutilizzabili e acquista scarpe e vestiti presso un’azienda che produce in maniera socialmente consapevole. Inoltre, la web producer (questa la sua professione), non compra oggetti monouso.
Un comportamento, il suo, che sembra meritarsi l’aggettivo “modello”. Esistono però delle teorie secondo le quali Abbey e le persone come lei sarebbero vittime inconsapevoli di un equivoco.
Chi critica il loro tipo di approccio alla vita, sostiene che in realtà gli acquisti fatti in nome dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori non farebbero altro che far crescere il numero degli oggetti che mettiamo nel carrello della spesa. In altre parole, i consumi responsabili rappresenterebbero un’altra declinazione del consumismo. Prendiamo, per esempio, le cannucce in metallo: la stessa Abbey sostiene di portarle sempre con sé, quando esce per andare a prendere un drink con gli amici, o in altre occasioni. Ammette però anche di avere in casa un altro paio di cannucce, un oggetto che sarebbe quindi superfluo. Il direttore del Climate Accountability Institute, Richard Heede ha scritto in un’email: “Non possiamo esorcizzare la paura del cambiamento climatico comprando più roba”.
La verità è che il consumatore ha più potere di quel che normalmente immagina; con le sue scelte influenza le politiche delle multinazionali. Se acquisisse una maggiore consapevolezza circa la propria capacità di orientare i produttori nella direzione migliore per tutti, ambiente e cittadini, forse le cronache comincerebbero a registrare meno disastri, ambientali e sociali. I prodotti green sono un punto di partenza, un trampolino di lancio psicologico, se vogliamo.
Bisogna convincere le persone che cambiando, poco alla volta, le abitudini si possono vincere facilmente anche le sfide più grandi.
Fonte: Ensia
Scritto da Redazione ProDiGus
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