Le passioni di Eugenio Montale

Il poeta italiano tra i più noti nutriva una profonda passione per il canto lirico e per la buona tavola

Le passioni di Eugenio Montale

Eugenio Montale, poeta di fama mondiale tra i più importanti del ‘900, è stato anche saggista, critico musicale e letterario nonché traduttore di classici della letteratura inglese. Genovese all’anagrafe e nel cuore, aveva la passione per il bel canto e la buona tavola. Nel corso della sua esistenza ricevette numerosi riconoscimenti, tra cui tre lauree honoris causa (Università di Milano 1961, Università di Cambridge 1967, Università La Sapienza 1974), la nomina di senatore a vita nel 1967 e il premio Nobel per la Letteratura nel 1975.

La sua formazione da autodidatta lo avvicinò ai grandi classici italiani e stranieri e frequentò scrittori e artisti genovesi e liguri. La sua ispirazione ruotava attorno a tre poli: il rapporto con la natura, l’esperienza dell’amore e il miracolo, ovvero il desiderio di libertà.  Essa ha le sue radici nel territorio delle Cinque Terre, in particolare di Monterosso e Punta Mesco, dove il poeta trascorreva in gioventù le vacanze estive con la famiglia. 

In un’intervista del 1955 dichiarò che se non fosse diventato poeta gli sarebbe piaciuto essere un cantante lirico, e il suo interesse per l’opera lirica lo portò dunque non a caso a svolgere l’attività di critico musicale oltre che letterario. In effetti, da giovane Montale aveva studiato canto per tre anni a Genova;  la sua voce era duttile e poteva interpretare i ruoli di basso o baritono, ma alla morte del suo maestro Sivori aveva abbandonato ogni idea di fare carriera nel teatro dell’opera. Il suo amore per la musica si manifesta nella raccolta “Accordi” del 1916, composta da sette liriche dedicate ad altrettanti strumenti musicali in cui tentò arditamente di trasformare le parole in note sulla scia del Simbolismo francese.

Montale visse entrambe le due guerre mondiali e con i suoi scritti seppe interpretare la fragilità dell’uomo contemporaneo e il suo “male di vivere”, la solitudine e la mancanza di certezze. Viene erroneamente definito da alcuni un poeta ermetico, ma lui stesso non si riconosceva come tale; piuttosto il suo stile si avvicina a quello dello stimato amico Giacomo Leopardi, col quale condivise il pessimismo del disagio esistenziale.

Il pessimismo montaliano è però un pessimismo attivo, che cerca di dare una risposta di viva speranza alla nostalgica disillusione del suo tempo attraverso un qualcosa che è la via di fuga, il miracolo che sembra irraggiungibile, ma le cui tracce si possono trovare soprattutto nei versi che descrivono i paesaggi e i sapori della sua amata terra ligure, aspra e scoscesa ma allo stesso tempo baciata dal sole e verdeggiante.

Montale amava molto la cucina: fu lui stesso a dichiarare di essere nato goloso attraverso le righe scritte mentre aspettava al tavolo del cenone di una notte di San Silvestro: “Nacqui lurco, mi adusai alla voragine del gargarozzo (mi giustifico sempre coi gelati di Giacomino); numerosi Sapienti mi predissero il Terzo Cerchio. Candida Gina, la Musa al liminare mi salverà per il rotto della cuffia. Eugenio Montale goloso come Leopardi”. In questa sorta di confessione il poeta pronosticava di finire nel Cerchio dei Golosi dell’Inferno dantesco e si associava a Giacomo Leopardi nella ghiottoneria. 

Orgoglioso della sua terra, dove la pesca e le coltivazioni dei terrazzamenti offrono prodotti come le acciughe, (meglio, diceva, quelle pescate a Monterosso con la lampara, che si mettono a marinare o sottosale nelle arbarelle) e i limoni profumati da cui si ottiene una squisita marmellata a cui ha dedicato la poesia “I limoni“.
Sulla cucina ligure Montale pubblicò nel 1970 “Paesaggi della Riviera di Levante in cui sono citate ricette quali la torta pasqualina e i suoi vari ripieni, il pesto fatto col basilico coltivato nei barattoli di latta sui tetti di ardesia, la cima genovese. E aggiunse che per alcuni aspetti quella ligure è una "cucina per gli assenti": i piatti freddi hanno infatti il pregio di poter essere consumati anche giorni dopo la preparazione. Ama poi la squisita panissa, quei deliziosi bocconcini fritti di farina di ceci, mangiata calda ,appena sfornata. 

Il poeta  apprezzava anche il buon vino, specie quello prodotto dalle uve bianche della Riviera Ligure; a proposito del vino passito Sciacchetrà, in “Prose e Racconti“ scrisse : ” …bevuto sul posto, cioè autentico al cento per cento, superava nettamente quel farmaceutico vino di Porto che ebbe larga fortuna in Inghilterra dopo la grandezza e la decadenza del Marsala”.

Secondo quanto testimoniato da chi lo ha conosciuto e frequentato quando abitava a Milano, il poeta ogni giorno alle diciotto si recava puntualmente presso il caffè Alemagna in via Manzoni per gustare i suoi amati marron glacé in compagnia della sua fedele governante Gina Tiossi. Gli piaceva frequentare i ristoranti e le trattorie ed osservare gli altri avventori nel rito del mangiare e bere; raccoglieva i menù dei locali facendo attenzione agli ingredienti dei piatti e al loro prezzo. 

Non stupisce perciò il suo intervento nel novembre del 1964 all’interno della libreria Einaudi in corso Manzoni a Milano, dove si espresse a favore del lancio del ricettario intitolato “La cucina di Falstaff, pubblicato dal suo amico giornalista, critico televisivo e gastronomo Vincenzo Buonassisi. Nel 1975 Montale era nella casa di via Bigli a Milano quando ricevette la telefonata dall’ambasciatore di Svezia a Roma che lo informava di aver vinto il premio Nobel; secondo quanto è stato riferito lui ringraziò più volte, ma non si scompose, si appoggiò alla maniglia di una porta e quindi invitò a pranzo l’amico che si trovava da lui per una visita. 

Solo durante il pranzo, mangiando riso all’olio e due polpette con insalata, fece cenno della notizia e festeggiò in seguito la sua vittoria con i confetti alla liquirizia e pochi amici, tra cui la governante Gina che provvedeva a tenere lontani i giornalisti. Era talmente umile da stupirsi del premio Nobel conferitogli per la raccolta “Ossi di seppia", tanto più che, come da lui dichiarato, aveva dovuto convincere i parenti e gli amici ad acquistarne una copia, e suo padre non lo aveva comprato dopo aver saputo il suo costo . 

A due giorni dalla sua morte, il 14 settembre del 1981, nel Duomo di Milano si svolsero i funerali di Stato alla presenza del presidente della Repubblica Sandro Pertini a confermare la sua capacità di comprendere le profondità dell’animo umano, e il suo ruolo sociale e istituzionale che lo rendono immortale come icona della poesia moderna. 

Note bibliografiche 
Pierpaolo Pracca, Dove la terra finisce - Il viaggio gastrosofico di Eugenio Montale in Normandia e Bretagna, Il leone verde Edizioni 2020

Photo via Canva

Scritto da Elena Stante

Laureata in Matematica nel 1981 presso l’Università degli Studi di Bari, dal 1987 al 2023 ha insegnato Matematica e Fisica presso il Liceo Ginnasio Aristosseno di Taranto .Ha partecipato ai progetti ESPB, LabTec, IMoFi con il CIRD di Udine e a vari concorsi nazionali ed ha collaborato con la nomina di Vice Direttore per la regione Puglia alla rivista online Euclide, giornale di matematica per i giovani. Le piace correlare la scienza al cibo, nonché indagare su storie e leggende, e con Prodigus inizia il suo percorso di redazione di contenuti golosi per gli utenti del web.

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