Quel che non sai sul carciofo

E’ tanto il re dell’orto… quanto dell’arte! Il carciofo nasconde tanti segreti e curiosità: scopriamole insieme

Quel che non sai sul carciofo

Il re carciofo ci accompagna in rigogliosi e appetitosi pasti dal Natale fino alla Pasqua (e a volte anche un po' oltre). Degno di una vera toeletta principesca, per la sua preparazione si necessita di coltellini affilati, guanti per non pungersi e annerirsi le mani, e tanto amore verso questo ortaggio che è in realtà un fiore, che lasciato sbocciare diventa bellissimo con sfumature di colore diverse dal verde al violaceo. Provate a regalarne un mazzo al posto delle solite rose: lo stupore (e la felicità) saranno garantite!

Ma oggi siamo qui per parlarvi di alcune curiosità non troppo conosciute su questo ortaggio. Protagonista non solo in cucina, è celebrato magnificamente anche nell’arte: Firenze, Madrid e Napoli hanno dedicato ai carciofi addirittura delle fontane! A Napoli, negli anni ‘50 del secolo scorso, fu Achille Lauro (non l’attuale cantante, ma il noto armatore, politico, editore e dirigente sportivo italiano, ndr), a volere la costruzione della monumentale fontana del Carciofo al centro dell’odierna Piazza Trieste e Trento. A Firenze, la fontana del Carciofo si trova a Palazzo Pitti ed è opera di Francesco Susini e Francesco Tadda: fu qui collocata nel 1641, e si presenta come una grande vasca ottagonale decorata con numerose statue e coronata dal carciofo in bronzo. La fontana del Carciofo a Madrid è stata realizzata alla fine del 1700 e si trova nel Parco del Buon Retiro, in Piazza della Repubblica di Honduras, vicino al Grande Stagno, uno dei luoghi più belli e suggestivi del parco. 

Raffaello, Arcimboldo e De Chirico hanno rappresentato il carciofo nelle loro opere di indiscusso valore artistico. Importato dalla cultura araba, già celebrato dagli autori latini Varrone e Plinio il Vecchio (che lo elogia nel suo Naturalis Historia come alimento che depura, tonificante e afrodisiaco), anche Tolomeo Everegete, re dell’Egitto dal 246 al 221 a.C., lo forniva come pasto ai suoi soldati per renderli più forti e coraggiosi. Non meno onore al carciofo è stato conferito dalla letteratura rinascimentale, con Pietro Aretino (ne La Cortigiana del 1525), Giambattista Marino (in Galeria 1620) fino ad arrivare a Bembo, Belli, Pascoli, D’Annunzio, Matilde Serao e Grazia Deledda, che nella novella Il tesoro degli zingari così descrive il carciofo: “(...) vidi gli orti già tutti fioriti, le canne che rinascevano, carciofi che parevano, sugli alti gambi argentei, grandi boccioli di rose”.

Oltralpe, La Framboisière, il medico personale di Luigi XIII, scriveva: “I carciofi scaldano il sangue e spronano in modo naturale al gioco amoroso di Venere, sono buoni per lo stomaco e fanno venire appetito, sono tanto apprezzati per la loro bontà che non si combina un sontuoso banchetto senza carciofi”.

Non possiamo dimenticare neppure l’Ode al carciofo di Pablo Neruda (Oda a la alcachofa): “Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero, ispida edificò una piccola cupola, si mantenne all’asciutto sotto le sue squame… (…) Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo, poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta del suo cuore verde”. 

In senso metaforico, il carciofo è stato utilizzato addirittura da Carlo Emanuele III re di Savoia che nel 1730 coniò la locuzione “politica del carciofo”, per cui l’Italia era come un carciofo di cui bisognava mangiare una foglia alla volta. Non meno interesse ha suscitato in ambito militare con la “strategia del carciofo”, secondo la quale le iniziative belliche si mantengono sotto la soglia di attivazione di una reazione militare del nemico e si perseguono successivamente più obiettivi limitati.

Dall’orto alle stelle il passo è stato facile: il carciofo ha avuto infatti due ambasciatrici di grande fascino, ovvero Caterina de’ Medici (1519-1589, figlia di Lorenzo il Magnifico, che ghiottissima di carciofi ne diffuse l’utilizzo e la cucina in tutta la Francia) e la bionda Marilyn Monroe, che fu eletta, ancora sconosciuta al grande pubblico, “Regina del carciofo” nel 1947 a Castroville, località della California in cui si producono grandi quantità di carciofi e in cui si tenne, proprio quell’anno, la prima edizione del festival dedicato al re dell’orto. 

Anche la pubblicità ha fatto del carciofo un cult, come migliore antidoto allo stress e al logorio della vita moderna con un liquore. E persino sognare carciofi pare abbia un significato particolare, volendo presagire grandi fatiche per conquistare la persona amata: un pò come nel mito di Zeus che si innamorò della bella ninfa Cynara che però non volle mai cedere alle sue lusinghe inducendo così il Dio, offeso e adirato, a trasformarla in una pianta che le assomigliava (verde, spinosa e coriacea con un cuore viola proprio come gli occhi della ninfa). 

Certamente meno poetico e aulico ma indubbiamente noto in tutto il mondo è anche il cosiddetto “gesto del carciofo”, realizzato unendo le punta delle dita di una mano e rivolgendole verso l’alto (a carciofo appunto). Tipico degli italiani, popolo noto per la grande espressività gestuale, sta per entrare persino nel contemporaneo linguaggio delle emoji per indicare in modo inequivocabile “Cosa vuoi? Che cosa fai? Che cosa dici?”. Il Consorzio Unicode, l’ente che decide quali nuove emoji (o emoticon) introdurre, ha infatti accettato la proposta dello startupper campano Adriano Farano di inserire fra i nuovi simboli anche quello del gesto del carciofo.
 

Conosci altre curiosità sul carciofo? Raccontacele tra i commenti, ne faremo tesoro!

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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